Fondazione Bml: “Banca presto tornerà all’utile” foto

“Presto la Banca del Monte di Lucca tornerà a dare utili alla Fondazione. E questo è il motivo principale per cui siamo contrari all’incorporazione da parte di Carige e alla vendita delle nostre quote”. Parola del presidente della Fondazione Bml, Oriano Landucci, che festeggia così i primi 25 anni della fondazione di origine bancaria lucchese che praticamente coincide con i 503 anni di vita della banca.

Lo fa a suon di numeri, affiancato dai componenti del consiglio di amministrazione Umberto Chiesa e Silvia Del Carlo e dal vicepresidente dell’organo di indirizzo Fosco Bertoli.
Il tema principale, il più caldo, è inevitabilmente quello della banca: “Per la Fondazione – spiega Landucci – la partecipazione alla proprietà della banca, in questo caso la conferitaria, è lo strumento migliore per fare al meglio la propria missione. Così si sotegnono al meglio le attività del territorio di riferimento e i progetti. Il problema è che negli ultimi anni le banche hanno auto solo perdite e di conseguenza non hanno distribuito dividenti. Ma le perdite, se leggiamo i bilanci, non sono legate all’attività caratteristiche della banca, che chiudono in pareggio o piccolo utile, ma dagli accantonamenti per coprire le sofferenze, le cosiddette Npl. Grazie all’opera di accantonamento la banca, comunque, è riuscita a coprire oltre il 63 per cento delle sofferenze e se queste, come ci chiede l’Europa, dovessero essere vendite dovremmo finire di coprire solo il 7 per cento. Poniamo che a fine del 2017 si troverà il sistema di coprire questo sette per cento sono convinto che dal 2018 la banca possa tornare all’utile. Il 2018, insomma, sarà l’anno in cui tornerà il segno più sia per la banca sia per la Fondazione. E questo significa lavoro per i lucchesi. Ovviamente per ottenere questo obiettivo auspico che ci possa essere unità di intenti con l’altra fondazione bancaria cittadina, la Fondazione Crl. Se siamo uniti, infatti, l’obiettivo si ottiene”.
L’appuntamento nella stanza del presidente Landucci è anche l’occasione di ripercorre, almeno in parte, gli ultimi 25 anni dell’ente di piazza San Martino: “Una storia che viene da lontano – spiega Landucci – e per questo abbiamo voluto indicare anche il 528esimo compleanno della banca, nata come monte di pietà del 1489 con l’intento di combattere l’usura. Dal 1992, poi, per gemmazione è nata la Fondazione Bml spa che da un patrimonio iniziale, proveniente interamente dalla conferitaria, di 18,7 miilioni di euro, si attesta ora intorno ai 64-65 miioni di euro. Rientriamo nelle cosiddette fondazioni medio-piccole e fin dalla nascita ci siamo caratterizzati per il sostegno al volontariato non solo come beneficenza ma per lo sviluppo di cultura, musica e letteratura. Il patrimonio è cresciuto anno dopo anno e la fondazione ha quasi sempre concluso con importanti avanzi, ovvero il rapporto in positivo della redditività rispetto ai costi interni. La nostra performance, misurata rispetto al patrimonio, è di 3,334, cosa che ci ponte fra le prime dieci fondazioni fra le 88 italiane dal punto di vista di redditività ed erogazioni. Abbiamo impegnato sul territorio, infatti, 26 milioni di euro negli ultimi 15 anni”.
Ma Landucci non nasconde le difficoltà: “Negli ultimi due-tre anni è andata meno bene. La crisi si è acutizzata ed è stato difficile investire in un momento di deflazione. Prima si puntava su Btp, Bot e pronti contro temine. Ma ora quel mondo è sparito e si punta ai fondi comuni di investimento e alle gestiamo patrimoniali. Il nostro compito è quello di diversificare e non solo lo facciamo ma monitoriamo costantemente gli investimenti. I risultati negativi degli ultimi anni, insomma, derivano da fattori esterni, ma anche da fattori interni come i mancati dividendi da parte di Bml e Carige dopo che fino al 2013 le due banche avevano distribuito dividenti eccezionali. Dal 2013 non si riscuote nulla e quindi il resto delle nostre operazioni, per mantenere il livello di redditività, deve rendere di più”.
Questione Carige che riporta proprio al tema di fondo, quello del futuro della Banca del Monte di Lucca: “Negli ultimi anni la governance dell’istituto genovese – dice Landucci – ha detto in maniera chiara che l’intenzione era quella dell’incorporazione. Da parte nostra c’è sempre stato un no secco ma i vertici di Carige hanno anche sempre affermato che anche in presenza della contrarietà di uno solo dei soci di minoranza non ci sarebbe stata intenzione di andare avanti”. La questione è (anche) la volontà della Fondazione Crl: “Ho avuto sempre ottimi rapporti – dice Landucci – sia con Lattanzi sia con Bertocchini. All’inizio notavo una certa disponibilità a disfarsi della partecipazione nella Banca del Monte di Lucca, ma l’importante è cercare di andare nello stesso solco. In questo senso ho parlato con Bertocchini, anche se non in maniera ufficiale, ed è stato un incontro molto positivo dal quale ho avuto l’impressione che siamo nello stesso solco in via naturale”.
A rischio, però, non ci sono solo le banche, nel panorama italiano, ma le stesse fondazioni, che vedono sempre gli occhi addosso dei diversi governi, visti gli importanti patrimoni che sono in ballo: “Negli ultimi anni – dice Landucci – sono quadriplicate le tasse. E questo significa che al posto di fare progetti per il territorio si dà un sostegno ai progetti del governo centrale. Bisogna tenere presente che negli ultimi dieci anni il capitale delle fondazioni bancarie è calato del 20 per cento, perché le stesse hanno contribuito in maniera sensibile alla tenuta del sistema bancario, di fatto sopperendo a quello che doveva fare il sistema centrale, laddove per salvare le banche ci sono stati interventi statali in Francia, in Inghilterra, in Germania e in Irlanda. In realtà in Italia, a differenza di quello che si pensa, il sistema bancario non ha mai goduto dell’appoggio statale, nemmeno nel caso di Mps, che ha goduto di un prestito, restituito, al tasso dell’8 per cento”. “Ora occorrerebbe stringere il rubinetto – chiude Landucci – su un’ulteriore perdita delle fondazioni. In questo senso l’ultimo accordo siglato fra Acri e Mef prevede un invito a ridurre al massimo l’apporto alle banche conferitarie ma i dubbi sulle prospettive di continuità delle fondazioni bancarie un po’ rimangono”. “Detto questo – conclude – una cosa sia chiara. I nostri 70 milioni di patrimonio, qualora dovessero fondersi con il patrimonio di altre fondazioni bancarie, magari di un’unica fondazione toscana, non avrebbero la stessa performance e lo stesso ritorno per il territorio. Per noi vale la filosofia del “piccolo è bello”, che risponde poi all’impostazione e al tessuto economico italiano fatto da piccole e piccolissime aziende”.

Enrico Pace

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