Astaldi, ricavi in crescita del 7%

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I ricavi totali del gruppo Astaldi crescono di oltre il 7% a 1,5 miliardi di euro (1,4 miliardi a giugno 2016), di cui 35 milioni da ricondurre ai primi esiti della diversificazione nel comparto Operation & Maintenance (O&M). Il dato di periodo è alimentato in larga parte dal rilascio di nuove tratte autostradali in Turchia (Northern Marmara Highway e Autostrada Gebze-Orhangazi-Izmir), nonché dalla spinta registrata in Italia (Stazione Av/Ac Napoli-Afragola) e in Cile (contratti per la miniera Chuquicamata). Per le attività O&M, ricordiamo che questa è un’area di operatività di interesse strategico per il Gruppo, in grado di generare un flusso di ricavi stabile nel tempo con basso impiego di capitale circolante, che si prevede produrrà a regime il 10% dei ricavi.
Sono i dati principali di Astaldi che ha approvato la semestrale. L’utile netto si è attestato a 55,7 milioni, +76,7% rispetto al 30 giugno 2016, accoglie gli effetti positivi dell’asset disposal. Ebitda a 214,4 milioni (+7,4% rispetto al 30 giugno 2016) ed ebit a 184,7 milioni (+15,6% rispetto al 30 giugno 2016).

“L’Italia – spiega una nota – genera il 24% dei ricavi operativi, grazie al buon avanzamento del comparto infrastrutture di trasporto (Metropolitana di Milano Linea 4, Stazione AV/AC Napoli-Afragola, Galleria di Base del Brennero, Quadrilatero Marche-Umbria), agli apporti della controllata Nbi (Impiantistica) e alle attività O&M nel comparto ospedaliero (Ospedali di Prato, Pistoia, Lucca e Massa Carrara e Ospedale dell’Angelo di Venezia-Mestre)”.
Nei prossimi mesi – spiega una nota – “il Gruppo continuerà con le azioni previste dal piano strategico 2017-2021. Sul fronte commerciale, si punterà a garantire la diversificazione geografica e settoriale pianificata, privilegiando l’acquisizione di contratti valutati secondo una logica di pluralità di elementi tecnico-qualitativi, nell’ottica di proiettare il Gruppo in maniera più coerente verso il percorso di crescita programmato. Si guarderà con interesse al rafforzamento delle aree di tradizionale presidio (Cile, Usa) e a consolidare nuove aree di intervento ad elevato potenziale di sviluppo e a rischio più contenuto (Nord America, Centro Europa)”.

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