Le violenze sui figli possono costituire addebito nelle cause di separazione

Come purtroppo dimostrano le cronache quotidiane, la crisi familiare fa spesso da sfondo a episodi di violenza perpetrati ai danni di uno dei coniugi, ma spesso e con conseguenze a volte più gravi, anche dei figli. Questi ultimi non partecipano direttamente al procedimento per separazione, che ha come attori soltanto i genitori e ci si chiede quindi quali conseguenze possano avere tali episodi in questo contesto e, più in particolare, se possano essere causa dell’addebito. Com’è noto infatti il giudice che pronuncia la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia fatta richiesta, a quale dei coniugi sia da addebitabile la crisi familiare, in considerazione del suo comportamento non conforme ai doveri derivanti dal matrimonio.

La questione è stata recentemente affrontata dal tribunale di Torino, con la sentenza 4272 del 2016. La vicenda: nel 2014 una signora aveva fatto ricorso al tribunale chiedendo, tra le altre cose, che la separazione venisse addebitata al marito e precisava che la crisi coniugale era scaturita dai comportamenti aggressivi e da atteggiamenti violenti tenuti dal padre in particolare nei confronti del figlio maggiore. Il marito sosteneva invece che la crisi familiare era risalente più indietro nel tempo ed era derivata principalmente alla malattia che lo aveva colpito. Dall’istruttoria emergeva che tra i coniugi vi era molta conflittualità, dato che molti testi ammettevano di aver sentito urla provenire dall’abitazione coniugale e precisavano che la ricorrente aveva loro riferito che di numerose liti con il marito. In particolare veniva accertato un episodio, avvenuto pochi mesi prima dell’inizio del procedimento di separazione, in cui il padre aveva picchiato il figlio, rompendogli una bottiglia sulla testa. Tale episodio era ammesso dallo stesso convenuto che si era dichiarato molto dispiaciuto. Veniva altresì accertato che la ricorrente, in esito a tale condotta del marito, aveva riferito ad un testimone che questi avrebbe dovuto “trovarsi un avvocato” a causa di quanto era successo. Sulla scorta di ciò il tribunale richiamava l’orientamento della Corte di Cassazione secondo cui le violenze perpetrate da uno dei coniugi durante il matrimonio, anche nel caso in cui si tratti di un singolo episodio, costituiscono un fatto grave e tale da giustificare l’addebito della separazione, se non trovano corrispondenza in comportamenti analoghi tenuti dall’altra parte. Tale principio, secondo il tribunale, deve trovare applicazione non solo in ipotesi di condotte violente tenute da un coniuge nei confronti dell’altro, ma anche verso i figli, in forza del “dovere di cura della prole derivante dal matrimonio ai sensi dell’articolo 147 del codice civile”. Pertanto il tribunale, vista la gravità della condotta tenuta dal padre nei confronti del figlio e considerato il fatto che che durante l’istruttoria non era stato accertato che la malattia del genitore avesse inciso sulla coscienza e volontà del comportamento tenuto, addebitava la separazione a quest’ultimo.

A cura dell’avvocato Elisa Salvoni
(www.studiolegalesalvoni.it)

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