Attentato, il racconto di due lucchesi a New York

La Dodicesima Strada non è altro che una superstrada che costeggia tutto il lato ovest di Manhattan lungo il fiume Hudson, quello che si affaccia sul New Jersey. Nella sua parte finale, quella più a sud, entra in Tribeca e diventa West Street; rimane l’assetto da strada ad alta velocità con due carreggiate ma c’è un po’ di verde tra le due carreggiate e tanti palazzi in più. È qui, all’incrocio con Chambers Street, che Sayfullo Saipov ha lanciato il suo pick up sulla pista ciclabile provocando un incidente, per poi uscire di macchina sparando. Un attacco che ha fatto almeno 8 vittime e 11 feriti, secondo i dati delle autorità. Un gesto vile nel primo pomeriggio del giorno di Halloween. Un momento quasi sacro per la tradizione americana, quello in cui i bambini iniziano a prepararsi per il giro dell’isolato insieme ai genitori suonando ai campanelli pronunciando la frase “trick or treat”, una processione laica che è soprattutto un rito familiare molto particolare che le mamme e i papà vivono con i loro figli.

Quanto a me, al momento dell’attacco ero in casa. Da qualche giorno ho scelto per lavorare un coworking proprio a Tribeca, a 500 metri dal luogo dell’attacco. Superstrada a parte, la zona è bellissima, con locali alla moda, bei negozi e loft trasformati in abitazioni con prezzi al metro quadro da capogiro. Oggi però avevo già deciso di non andare fin là perché volevo provare anche un altro coworking. Poi sono stato condizionato dall’evolversi degli eventi: mia moglie che è uscita più tardi del solito per andare al lavoro e la partita di Champions League della mia Roma che proprio non volevo perdere. Così mi sono messo a lavorare da casa aspettando il calcio d’inizio. È proprio in quel momento che sono iniziati ad arrivare i messaggi sul telefono che mi chiedevano se stavo bene. Dall’Italia evidentemente avevano saputo la notizia prima di me. Così, ho rinunciato alla partita, ho tranquillizzato i miei genitori a Lucca e mi sono spostato sui canali all-news americani seguendo l’evolversi della vicenda e la conferenza stampa delle autorità cittadine.
Poi sono uscito di casa per un appuntamento che avevo alle 19 con Federico Favali, altro lucchese a New York che studia e insegna composizione alla New York University, nel cuore del Village. Sono uscito verso le 18, tre ore scarse dopo l’attacco, e al culmine della passeggiata dei bambini. Ne trovo una cinquantina, a due isolati da casa che stanno facendo il giro in gruppo insieme con i genitori. Tutti travestiti e muniti di cestino per i dolcetti. E poi ancora tanti e tanti altri. Scendo nella stazione della metropolitana e trovo una marea di persone, molte più del solito, e lo stesso accade lungo tutto il tragitto verso il Village. C’è aria di festa, ci sono migliaia di maschere che salgono e scendono a ogni fermata, alcune pure fuori luogo, se si pensa all’attacco di poco prima. Eppure la città non è rimasta minimamente scalfita e prosegue la propria vita fatta di tante piccole quotidianità. Gli unici momenti di ritorno alla realtà sono gli annunci frequenti della polizia che dagli altoparlanti della metropolitana invita a stare vigili e a segnalare borse e pacchi sospetti al personale della compagnia di trasporti.
Scendo nel Village e le strade sono tutte transennate con poliziotti dispiegati ovunque. Una misura straordinaria che però era già stata ampiamente prevista per permettere lo svolgimento della Halloween Parade lungo la Sesta Strada. I marciapiedi sono pieni di persone assiepate e tutto si svolge in un clima di festa, come se niente fosse accaduto, con la certezza che tanti nemmeno sono al corrente dell’attacco.
“Stavo scrivendo musica all’università e a un certo punto ho cominciato a ricevere messaggi di amici che mi chiedevano come stavo”, mi dice Federico poco dopo davanti a una birra. E la sua storia è molto simile alla mia. “All’inizio pareva si trattasse solo di un incidente, poi con il passare delle ore tutto si è delineato. Io però non mi sono accorto di niente e la città ha i soliti ritmi di sempre. Solo la zona di Tribeca è stata colpita e nel resto di Manhattan e di New York tutto prosegue come sempre. Ricordo che la stessa cosa era successa l’anno scorso durante la campagna elettorale per le presidenziali. Ci fu un’esplosione sulla 23esima mentre sia Trump sia Hillary Clinton stavano tenendo comizi. Io ero a casa e non mi accorsi di niente. La città è talmente grande e cinica che, a meno di grandi tragedie come l’11 settembre, non si lascia influenzare da quello che succede”.

Alessandro Petrini

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