Spari nell’oliveto, il cacciatore è pentito

di Roberto Salotti
Marco Zappelli è un uomo sopraffatto dal rimorso. “Non volevo fare quello che ho fatto, non so che cosa mi è preso”, si è giustificato con i carabinieri, ammettendo le sue responsabilità. Raccontando anche le ore di angoscia passate subito dopo aver sparato quei tre colpi con il fucile in quel maledetto oliveto, da cui si era allontanato di corsa dopo aver fatto fuoco contro Gianfranco Barsi, l’operaio di Vitiana ridotto in fin di vita dai pallini di piombo sparati dal suo fucile da caccia calibro 12. L’ex agente immobiliare di 58 anni di Ghivizzano è pentito: “Sono stato io a premere il grilletto”, ha detto ieri pomeriggio presentandosi spontaneamente alla caserma dei carabinieri di Coreglia, proprio negli stessi minuti in cui c’era anche Riccardo, il figlio di Gianfranco, riuscito a scampare agli spari fuggendo tra gli olivi e ieri ascoltato di nuovo dagli inquirenti che erano ormai sulle tracce di Zappelli.

I due si sono guardati per un istante negli occhi. Uno sguardo che Riccardo forse non dimenticherà mai: “E’ lui l’uomo che ha sparato a mio padre, è lui”, ha detto al carabiniere che lo accompagnava verso l’uscita della caserma.
Per lo studente di 19 anni un dramma rivissuto due volte, lo stesso terrore di quando ha visto quello sguardo puntare il fucile anche contro di lui. Uscito dalla caserma ha chiamato la mamma Nadia, che era all’ospedale di Cisanello per stare vicina al marito. “Ho visto quell’uomo, è arrivato nella caserma dei carabinieri”.
Dopo la fuga crolla con la famiglia. Per quell’uomo – Marco Zappelli -, ieri sera si sono aperte le porte del carcere di Lucca: dopo aver fatto scena muta all’interrogatorio del sostituto procuratore Antonio Mariotti, è stato fermato con l’accusa di tentato omicidio. Stamani ha raccontato cosa lo ha spinto a costituirsi agli avvocati difensori Maurizio Campo e Sara Romani, con i quali ha avuto un lungo colloquio. Ai carabinieri, nelle sue dichiarazioni spontanee, ha raccontato di essersi allontanato velocemente da Vitiana e di essere tornata a Ghivizzano, nella casa dove vive con la compagna e con il figlio. Senza dire nulla di quello che era accaduto. Ma dentro di lui il rimorso ha iniziato a mordere, sempre più ferocemente. I familiari sono stati i primi a rendersi conto che c’era qualcosa che non andava. Fino a quando l’ex agente immobiliare, disoccupato da circa due anni, non è crollato e si è confidato. “Ho fatto un gran casino”, avrebbe detto loro, prima di essere convinto ad andare subito ai carabinieri a raccontare tutto.
La confessione. Così, a circa 24 ore dagli spari nell’oliveto di Vitiana, Zappelli ha varcato la soglia della caserma: “Sono io quello che cercate”, ha detto ai militari, iniziando a raccontare la sua versione dei fatti. Avrebbe raccontato di non sapere cosa gli abbia provocato quella reazione violenta, ma di non aver voluto agire per uccidere e di essere pentito del suo gesto.
Secondo gli inquirenti, l’ex agente immobiliare avrebbe agito colto da un raptus, forse anche indotto dalla rabbia e dalle preoccupazioni dovute alla perdita del lavoro e ad alcune conseguenti difficoltà finanziarie. Ma sono soltanto ipotesi che da sole non giustificano il gesto di cui Zappelli stesso si è accusato. Quel gesto che ha terrorizzato un giovane di appena 19 anni e ridotto in fin di vita il padre di 49 anni.
Per Gianfranco decisivi i prossimi due giorni. Le condizioni di Gianfranco Barsi sono ancora molto gravi. Stabili, ma critiche. Non ci sono stati peggioramenti, dopo l’intervento a cui è stato sottoposto a qualche ora dagli spari nell’oliveto, ma saranno i prossimi due giorni quelli decisivi. I medici continuano a riservarsi la prognosi e Barsi resta ricoverato nel reparto di rianimazione di Cisanello in coma farmacologico.
Qui i familiari, in particolare la moglie Nadia, hanno appreso del fermo del cacciatore. E qui oggi si è recato a fare visita il sindaco di Coreglia Antelminelli, Valerio Amadei. “La notizia del fermo ha fatto tirare a tutti un sospiro di sollievo. Per loro è finito un incubo. Soprattutto per Nadia e per Riccardo, che continuava a temere per la propria incolumità – racconta Amadei -: ho voluto con la mia presenza testimoniare la vicinanza di tutta la comunità di Coreglia Antelminelli alla famiglia Barsi. Questi sono piccoli paesi dove ci si conosce tutti per nome – spiega il sindaco – e un fatto del genere finisce inevitabilmente per colpire tutti. Credo che fosse importante far sentire anche così a questa famiglia che non sono soli e che non li lasceremo soli in questo momento così difficile”. E a Vitiana e in tutta Coreglia si fa il tifo per Gianfranco. “Ce la deve fare, per tornare a riabbracciare tutti coloro che gli vogliono bene”.
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