‘Punita’ 8 anni dopo per un’aggressione al maresciallo

di Roberto Salotti
E’ stata colpita appena un mese fa da un provvedimento disciplinare, per un procedimento penale che l’ha vista coinvolta e poi condannata per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, per aver aggredito, stando all’accusa, un ex maresciallo dei carabinieri che incolpava lei e la madre del furto di fiori e legna da un cimitero della Valle del Serchio. La vigilessa, in servizio al comando della polizia municipale di Lucca, però, è riuscita ad ottenere l’archiviazione del procedimento, arrivato a distanza di 8 anni da quando la procura, su richiesta dell’ex comandante Antonella Manzione, trasmise agli uffici comunali gli atti dell’indagine che riguardavano l’agente.

Un provvedimento ‘tardivo’. Soltanto il 18 maggio scorso, tuttavia, con una certa sorpresa sua e del suo avvocato Cinzia Barbetti, il Comune di Lucca, con un atto a firma del dirigente Lino Paoli, ha notificato alla vigilessa quel provvedimento: il 23 del mese, quindi, l’agente ha dovuto riconsegnare la pistola ed è stata ‘ricollocata’ all’ufficio Suap, perché il Comune aveva inizialmente ravvisato motivi di “opportunità” in questo trasferimento, ritenendo gravi e incompatibili con il ruolo di vigile urbano – nel suo costante impegno nel controllo e rispetto della legge – le accuse per le quali la dipendente è stata condannata in primo grado nel febbraio scorso. Dieci mesi e una multa di 600 euro, a cui va aggiunto un risarcimento di 5mila euro per la parte lesa.
Dopo un mese di ‘battaglia’ oggi quel provvedimento è stato cancellato sempre dal dirigente Lino Paoli, che ha accolto tra tutte le eccezioni sollevate dal legale della vigilessa quella di “tardività dell’azione disciplinare”. Un ritardo, come si diceva, di ben otto anni.
“Una misura disciplinare irrituale”, l’ha definita l’avvocato Barbetti che annuncia probabili azioni contro il Comune: “Chiediamo anzitutto – spiega – che sia dato immediatamente seguito all’archiviazione con la riconsegna della pistola e il ricollocamento nel suo ruolo dell’agente. Per il resto faremo tutte le valutazioni sulle via da intraprendere contro un provvedimento che oltre che tardivo riteniamo ingiusto e inappropriato”. Tra le strade, non è esclusa quella di una richiesta di risarcimento danni all’amministrazione comunale.
L’antefatto. La vicenda che ha portato al determinarsi di una situazione ritenuta dalla vigilessa e dal suo legale ‘paradossale’ affonda le radici in un episodio che risale all’inizio del 2009. La vigilessa si trovava con la madre, secondo quanto fu ricostruito, all’interno di un cimitero della Valle del Serchio, dove l’agente risiede. Le due donne si erano recate alla tomba di alcuni familiari, quando ci fu un parapiglia con l’allora maresciallo dei carabinieri. Il militare, che era in abiti civili ma in servizio contro alcuni raid che in quei tempi si erano registrati in zona, ritenne di essere stato aggredito dalla donna e dalla madre, che accusò di aver rubato fiori e legname dal camposanto.
Accuse che provocarono la reazione vibrante delle due, di fronte ad altri testimoni ascoltati poi nelle aule del tribunale. La vigilessa e la madre si difesero, sostenendo di non aver sottratto nemmeno un petalo. Ma gli animi si scaldarono e ne nacque un trambusto da scattò la denuncia e da cui in seguito scaturì il processo. Il maresciallo, infatti, denunciò le due per resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, danneggiamento e furto aggravato. La vigilessa e la madre, però, non stettero a guardare, e anche loro querelarono il militare ma il magistrato, quando il procedimento giunse alla fase dibattimentale, ritenne le accuse mosse al maresciallo di competenza del giudice di pace, dove si aprì un secondo filone prima che i reati andassero prescritti. Il procedimento penale per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, invece, andò avanti e si è concluso nel febbraio scorso davanti al giudice monocratico del tribunale di Lucca, che ha emesso la sentenza di condanna di primo grado, quindi non definitiva. Le motivazioni sono state depositate attorno alla metà di maggio ed è stato a quel punto che il Comune si è mosso.
Verso la richiesta danni. Troppo tardi, secondo la difesa della vigilessa. Ma anche secondo il dirigente Paoli che ha firmato l’archiviazione, accogliendo quell’unica eccezione tra le tante proposte dall’avvocato dell’agente.
“Abbiamo fin da subito sostenuto – spiega l’avvocato Barbetti – anzitutto che non si trattava di una sentenza definitiva. Poi è stato anche osservato che i capi d’accusa non avevano nulla a che vedere con il ruolo di vigile urbano, né in alcun modo avrebbero inficiato il servizio della mia assistita, come invece ha sostenuto il Comune nell’azione disciplinare”. Perplessa la vigilessa, che ritiene che nei suoi confronti sia stato tenuto un atteggiamento diverso rispetto ad altri colleghi che pure nel passato hanno avuto procedimenti penali anche legati alla loro professione: “Non ho mai avuto una macchia sul lavoro per il mio operato in 20 anni di servizio”, afferma con forza. “Sono tuttavia felice – aggiunge – che alla fine abbia avuto ragione”.

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