Né buona né cattiva: la Befana e i suoi tanti nomi

La Befana “vien di notte” e “con le scarpe tutte rotte” perché giunge da lontano: da tempi remoti e arriva tra noi, appena un po’ appannata nella sua originaria forza eversiva, da quel sostrato di miti e leggende che precedono l’era cristiana. Una figura di chiara derivazione pagana, quella della Befana, un’immagine femminile legata ad antichi rituali di fertilità, procreazione, abbondanza. Un esempio? La Befana per dispensare i premi e le punizioni, i doni e il carbone, utilizza una vecchia calza che nella sua stessa forma rievoca la cornucopia di tanta iconografia classica.

Un altro esempio? La scopa con cui la Befana vola: un attrezzo prodigioso che ricorda la bacchetta magica, che nasce da un albero e quindi legata ad antichi culti naturalistici, simbolo fallico e priapico. Uno strumento stregonesco con cui la Befana vince la maledizione della legge di gravità e vola, riaffermando così anche simbolicamente la sua assoluta libertà: non mi soffermo sul significato che tanta psicoanalisi assegna al volo, al sogno di volare, alla paura di volare. Quale oggetto, poi, è più domestico, casalingo, femminile della scopa? Simbolo priapico e guarda un po’ dov’è collocato: appunto tra le gambe della Befana, una posizione che la ricollega alla garanzia della fertilità, alla generazione, al dono della vita, alla continuità della specie.

Befana dai tanti nomi
La Befana, dunque, come lontana, nascosta sacerdotessa di culti naturalistici e pagani connessi alla Grande Madre, figura dai tanti nomi: Ardoia, Berta, Donazza, Gianepa, Maratenga. Leggende, fiabe, miti, che ci arrivano dalla notte dei tempi: il cristianesimo li ha assorbiti per dirottarli verso omologhi rituali e liturgie e riproporre le ancestrali manifestazioni del fantastico e del mostruoso che popolavano nei culti precristiani i luoghi e i momenti del vago, del mistero, della paura. Oggi la Befana rappresenta la spia significativa di una resistenza culturale in atto nel nostro paese, ma non solo. Quella che si oppone alla americanizzazione dei costumi e delle abitudini. Un processo in pieno svolgimento almeno dalla fine del secondo conflitto mondiale e riassumibile nell’atteggiamento generalizzato per cui tutto quello che arriva da oltreoceano è sentito come buono e bello purché attivi un cospicuo indotto economico e favorisca buoni affari. È quello che sta accadendo anche con la Befana, figura che abbiamo visto di antichissima tradizione, ma negli ultimi anni pericolosamente insidiata da altre figure, altri miti estranei alla nostra storia e cultura. Pensate a quanto è scialbo e buonista Babbo Natale, così mediocre e zuccheroso: vuoi mettere con la vegliarda delle nostre tradizioni, per niente accattivante e anzi capace con la cenere e il carbone anche di una sua ruvida severità contadina?
L’invadenza di Babbo Natale, invece, esaltato dai media e da troppi film hollywoodiani, potenziata e resa apparentemente invincibile dalla perversa alleanza con la Coca Cola, ripropone, come anche la festa di Halloween, una forzatura culturale, figlia della globalizzazione e dell’omologazione planetaria e destinata a vivere la stagione effimera di tutte le mode importate da fuori. Eppure è convinzione dei demologi più accreditati e degli studiosi più seri del folklore e delle tradizioni popolari, che l’omologazione planetaria non si sia realizzata. Le agenzie internazionali della globalizzazione non sarebbero riuscite a superare la soglia della superficialità nell’influenzare i comportamenti e “anziché creare omologati avrebbero realizzato frammentari caleidoscopi in cui ancora si riconoscono le diversità. Gli uomini e le donne che all’apparenza sembrano cedere ai messaggi planetari distruttori di civiltà in realtà li acquisiscono e ad essi resistono […] finendo per costruire un grande bricolage che è quello che ritroviamo nelle nostre periferie dove convivono bisogni di identità e mode generalizzate” (Clemente). E, all’interno di questa ricchezza di fenomeni di resistenza e opposizione alla massificazione, la Befana fa la sua brava parte: sono, infatti, migliaia in tutta Italia le manifestazioni che continuano a contrassegnare la giornata del 6 gennaio e quelle immediatamente precedenti e successive. Bambini (tanti!), giovani, adulti, anziani continuano a rendere omaggio a questa vecchia signora millenaria, né buona, né cattiva, ma metamorfica e capace di modulare e riesprimere l’intera gamma dei sentimenti umani: e perciò assai simile agli uomini e alla loro vita, piena di bene e di male, di luci e di ombre strettamente intrecciati tra loro.

Alcuni appuntamenti befaneschi
Fino al 6 gennaio si svolgerà la 16esima edizione della Festa della Befana a Guamo, organizzata dal gruppo culturale e ricreativo La Sorgente e dall’Istituto comprensivo Don Aldo Mei di San Leonardo in Treponzio; a Bagni di Lucca, venerdì (5 gennaio) dalle 17, in piazza Tolomei, si canta la Befana e si gusta la polenta; nello stesso giorno, vigilia della festa della longeva vecchiarda, si befaneggia a Maggiano dalle 18 alle 22; identico giorno e stesso orario per i festeggiamenti a Mastiano e Aquilea. Sabato (6 gennaio) dalle 9 alle 13, nel Comune capoluogo, in piazza del Giglio, nona edizione della MotoBefana benefica Città di Lucca; e così via, un po’ dappertutto, variamente festeggiando la Vecchia dei doni.

Luciano Luciani

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