Pd verso le elezioni di maggio attrae gli orfani del centrodestra

C’era una volta la Balena Bianca. Senza scomodare Melville e Moby Dick, ma di sicuro la nostra storia politica nazionale. Un partito, la Dc, largamente maggioritario nel paese e che ha governato per anni anche la città di Lucca, prima che il bipartitismo degli anni Novanta (con la spinta di Tangentopoli) rimescolasse le carte e portasse alle prime esperienze di centrosinistra alla guida di Palazzo Orsetti. Una storia che, sicuramente su diverse basi culturali, pare stia ripercorrendo, a livello nazionale e locale, anche il Partito Democratico del segretario-premier Matteo Renzi. E’ notizia di questi giorni, fra l’altro, che abbia preso la tessera del Partito Democratico un ex consigliere comunale dell’Udc: Roberto Baldocchi, già componente delle maggioranze che sostennero Pietro Fazzi e poi Mauro Favilla nell’assise di Palazzo Santini. Un segnale, evidentemente, che la svolta moderata e liberale di Renzi sta facendo proseliti e convincendo una parte dell’elettorato di centro a partecipare direttamente a questa fase politica. Non senza qualche malumore da parte della famigerata “base” e di qualche esponente di spicco del partito. “E’ la nuova Dc”: è questa la frase ricorrente che si sente affermare da alcuni esponenti democratici più vicini alla tradizione di sinistra del partito. E c’è anche che evoca, non solo i civatiani, una scissione a sinistra, sottolineando come un vulnus importante l’approvazione in parlamento, con il voto anche di larghe componenti del centrodestra, del Jobs Act.

In questo orizzonte arrivano le prossime elezioni regionali e amministrative. Si vota per il nuovo consiglio regionale, appunto, dove il candidato governatore Enrico Rossi sta cercando di tenere in equilibrio le diverse parti del Pd, sacrificando sull’altare dell’accordo con il premier Renzi la cosiddetta sinistra radicale (riunificatasi nel nuovo soggetto dal nome discutibile: Buongiorno Toscana). Si vota a Viareggio, dove l’ex sindaco di Capannori Giorgio Del Ghingaro, di certo non definibile come renziano, cerca di sparigliare le carte in un panorama, anche dentro al Pd, devastato dal commissariamento dell’amministrazione Betti e dello stesso partito: “Sicuri, si cambia – è infatti lo slogan del neocandidato – Noto parecchia agitazione – afferma – e latente nervosismo da parte di alcuni esponenti politici viareggini, in seguito alla mia candidatura a sindaco. Non mi sono permesso di dire una parola su di loro e non ho intenzione di spenderne in futuro, non credo serva alla cittá alimentare polemiche e polveroni. Se però la mia disponibilità crea tanto sconquasso nello status quo di Viareggio, non può farmi che piacere, perchè finalmente si cambia, si spalancano porte e finestre, si riossigena una situazione stagnante, si variano un po’ di visi e un po’ di voci, dopo anni non proprio edificanti per la politica viareggina, che brilla anche per non aver fatto un gesto di autocritica. Il cambiamento vero non può che far bene alla cittá e con me state sicuri, si cambia”. E intanto il “Pd ufficiale” punta sul presidente di Cna, Luca Poletti, che per ora ha sciolto le riserve a metà, in atteso di un pronunciamento ufficiale dei democratici.
Appuntamento amministrativo anche a Pietrasanta, che ha scelto il candidato sindaco con primarie aperte in Rossano Forassiepi, assessore uscente della giunta Lombardi. Si vota anche a Coreglia dove, ormai sembra certo, non ci sarà lo scontro interno al centrosinistra fra il consigliere regionale uscente Marco Remaschi e l’attuale sindaco Valerio Amadei, che dovrebbe correre per il secondo mandato.
Sul fronte opposto, invece, quello del centrodestra, sembra lontana, almeno in Toscana, l’ipotesi dell’alternativa. E allora spazio alla diaspora e ai distinguo. Almeno tre i candidati di espressione del centrodestra in Regione, due a Pietrasanta (l’ex sindaco Mallegni e l’ex presidente della Versiliana Simoni), sicuramente più di uno a Viareggio (dove per ora è “sceso in campo” il solo avvocato Massimiliano Baldini). Una divisione, fra derive lepeniste e voglia di ritornare all’unità vincente berlusconiana (ma con quale leader?), che da una parte garantisce la sconfitta sicura, dall’altra favorisce anche a fuoriuscita di alcuni esponenti verso un Pd sempre più lib-dem.
In tutto questo mentre fatica a farsi sentire il dissenso a cinque stelle, che pure c’è e prenderà voti, il rischio è il disorientamento dell’elettorato. Che, non riconoscendosi più o non riconoscendosi del tutto nei nuovi equilibri politici, potrebbe disertare in massa l’appuntamento elettorale, come già hanno insegnato le elezioni in Emilia Romagna. E questo, comunque la si pensi, sarebbe un dato negativo per tutti gli schieramenti.

 

Enrico Pace

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