Il vescovo: aiutiamo i migranti, sono nostri fratelli

Ritrovarsi per parlare insieme delle questioni più pressanti ed alzare il volume, per segnalare quello che di più e di meglio potrebbe essere fatto. E’ il senso della serata di ieri ( 25 gennaio), che ha visto il vescovo di Lucca, monsignor Italo Castellani, incontrare i giornalisti locali nel giorno di San Francesco di Sales, uno dei primi grandi comunicatori della storia. Lo spunto di riflessione lo fornisce proprio il monsignore, mediante il libro Buone notizie (edito dalla casa editrice San Paolo): una raccolta dei suoi interventi più rilevanti per la trasmissione di NoiTv Parla il vescovo. Sono storie di vita quotidiana, di anziani e di nipoti, di genitori e di migranti. Storie attraversate da un unico fil rouge che consente di distribuire speranza.

“In tanti – osserva il vescovo – mi dicono che in quei due minuti di intervento settimanale riesco ad offrire serenità: questo, per me, è il modo migliore per esercitare il mio magistero”. Il volume – alcuni dei passi sono stati recitati dall’attore Nicola Fanucchi – è il frutto di una sapiente rielaborazione degli appunti presi da Castellani, operata da Don Franco Cerri.
“Si parla molto di anziani – prosegue il vescovo – è vero. Forse perché rappresentano le nostre radici, il punto di riferimento che ci aiuta fin da subito a distinguere il bene dal male. Ecco, c’è grande bisogno di figure che aiutino a credere nell’amore e anche i giornalisti, in questo senso, possono fare molto grazie alla loro professione”.
Poi il vescovo si sofferma anche su temi di stretta attualità e l’accento cade, inevitabilmente, sul capitolo dell’accoglienza migranti: “Quando prima di Natale mi sono recato al campo di via delle Tagliate – ricorda – stava nascendo un bambino. Mi sono detto che non era giusto che una vita venisse al mondo lì, in una struttura che la prefettura e la Croce Rossa hanno predisposto e curano egregiamente, ma che resta pur sempre una tendopoli sovraffollata. Per fortuna poi, ho saputo, c’è stata una famiglia che ha accolto quelle persone, aprendo le sue porte. Questa deve essere la nostra stella polare: ero forestiero e mi avete accolto. Ecco, a chi parla male dei rifugiati, a chi se la prende con persone che scappano da oppressione e morte, dico chiaramente che è meglio non presentarsi a fare la comunione la domenica. Io paragono questi flussi alle doglie del parto: per certi versi sono dolorosi, ma creano nuova vita. Quello che più mi preoccupa, oggi, è l’aspetto dell’inclusione sociale: aiutiamoli ad imparare la nostra lingua ed impieghiamoli in lavori socialmente utili, perché sono nostri fratelli”.

Paolo Lazzari

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