Franchi: “Nuovo soggetto a sinistra deve partire dal basso”

Verso un nuovo soggetto a sinistra ma la strada per una Podemos italiana è ancora lontana. Anche il sindacalista Umberto Franchi interviene nel dibattito in corso: “L’operaio sociale – scrive Franchi – che abbiamo conosciuto soprattutto negli anni che vanno dal 1968 al 1985, era forte all’interno delle aziende, e, tramite i consigli di fabbrica e di zona, era in grado di conttrattare il come e per cosa lavorare : la qualità degli investimenti industriali, quelli del lavoro, l’organizzazione del lavoro e le sue ricadute nel territorio. L’italia di quegli anni, fu percorsa da un moto profondo di rinnovamento e di protagonismo a tutti i livelli ed a tutte le direzioni … un moto, che a partire dalle lotte di fabbrica, richiedeva politiche di governo più avanzate rispetto a quelle scelte dall’allora Pci (di unità nazionale). Ma quando Berlinguer chiese equilibri politici più avanzati, esse si scontrarono duramente con le forze reazionarie interne ed estere (Usa) e non si realizzarono. Ma a ciò contribuì anche l’azione perdente del sindacato post consigli di fabbrica, e per l’azione terroristica che portò al rapimento ed all’uccisione di Moro. Gli operai di allora e quelli di oggi, hanno dovuto e devono fare i conti con una radicale trasformazione del mondo capitalistico, non solo in termini tecnologici che con la computerizzazione che ha reso sempre più immateriali e terziarizzate molte attività produttive, penetrando e modificando anche i rapporti sociali dalla comunicazione pubblica alle relazioni private al tempo libero e perfino alle attività riproduttive. Ma anche con i grandi processi di ristrutturazione che a partire dalla sconfitta alla Fiat nell’ottobre del 1980, sono andati avanti per molti anni”.

“Ma che rapporto c’è tra la classe operaia che allora era egemone, e la situazione del lavoro di oggi? – si chiede Franchi – Non possiamo fare altro che rilevare come la questione della caduta dei rapporti di forza del lavoro a favore del capitale, stia soprattutto nel fatto che le confederazione sindacali, compresa la Cgil, ad un certo punto della storia di quel periodo ebbe “paura di vincere” e finì per scegliere un modello sindacale non più fondato sulla democrazia diretta ed i consigli di fabbrica, ma quello di dare più potere decisionale ai vertici sindacali, adottando le politiche di compatibilità con il sistema capitalistico e quelle dello scambio tra le richieste dei lavoratori e le richieste effettuate dalle imprese.
Negli anni successivi, questa realtà, ha modificato notevolmente la situazione del mondo del lavoro. Si è rimescolata molto l’identità che facevano capo “all’egemonia” della classe operaia. I lavoratori, hanno dovuto e devono fare i conti con diverse culture e con l’emergere dell’individualismo, del corporativismo, dell’egoismo dell’avere (a cui ha dato un grosso contributo 20 anni di berlusconismo). Ma quando esaminiamo i cambiamenti avvenuti e la sconfitta della classe operaia, dobbiamo soffermarci su quattro aspetti: negli ultimi 30 anni, si è sviluppato un sistema economico distorto senza contrattazione in merito alla qualità dello sviluppo e senza controlli da parte di sioggetti portatori di esigenze alternative. Ciò ha causato gravi squilibri per l’ambiente e la natura, che ad ogni “scroscio” d’acqua, mettono in ginocchio il nostro territorio; negli ultimi 30 anni, la politica dello scambio, a portato ad una situazione sociale, che vede la presenza un “crogiolo” di lavoratori precari senza diritti, di povertà e disoccupazione di massa (circa il 40 per cento della popolazione) con un corpo sociale che esplode spesso in un arcipelago di schegge individuali che non credono più alle politiche dei partiti, che non vanno a votare, nemmeno quelli di sinistra, come è avvenuto a Bologna, e che ad oggi, non sono in grado di ricostruire affinità ed identità collettive; oggi siamo in presenza di un numero (sempre meno consistente) di lavoratori che comunque resiste ed è in grado anche di effettuare contrattazione collettiva per migliorare la propria situazione, a livello generale ed articolata; siamo in presenza di una miriade di movimenti e comitati finalizzati alla difesa del territorio, stato sociale, ambiente, eccetera; oggi siamo in presenza di una grande redistribuzione della ricchezza un 10 per cento della popolazione che si è arricchita e continua ad arricchirsi sulla pelle dei più deboli ed oggi detiene il 50% di tutta la ricchezza esistente nel Paese”.
“E’ in questa situazione –  che in Italia cresce negli anni, un’economia sempre più finanziarizzata e globalizzata con un grande aumento della mobilità delle merci e dei capitali con una accumulazione capitalista sempre più legata alla speculazione oltre che alle produzioni delle merci. E’ in questa situazione che la sinistra storica è declinata ed è in questa realtà che occorre capire cosa sia necessario fare. Credo che chi pensa che l’alternativa a tutto ciò, si possa costruire anche in Italia, facendo la nostra Syriza o Podemos, pecca di superficialità e semplificazione. Non possiamo rimuovere le abissali differenze esistenti tra le realtà che hanno prodotto queste esperienze e la nostra. In particolare, quando si dice facciamo come Syriza e Podemos, si paragona la nostra realtà con quella della Grecia e della Spagna, senza considerare che la nostra situazione è profondamente diversa, sia perchè la devastazione che la crisi economica ha prodotto in Grecia, ed anche in Spagna, non è paragonabile a quanto ha prodotto in Italia, sia perchè a differenza del crollo dei partiti esistenti in Grecia e Spagna, in Italia il Pd continua ad avere un alto consenso (38 per cento) ed il M5S è intorno al 20 per cento. Per cui se la realtà è questa, per modificarla profondamente , non credo che sia sufficiente, fare un’aggregazione dei partiti e dei movimenti sociali esistenti per definire “un nuovo contenitore” una coalizione sociale nuova. Dicendo abbiamo un progetto alternativo, “siamo diversi” e proponiamo le cose di sinistra che conosciamo in termini di programma, di democrazia, di sociale, ambientale, culturale. Ma non credo nemmeno che sia sufficiente sostenere (anche se è necessario) la nascita della nuova “casa” a partire dalle persone e movimenti esistenti, sciogliendo tutto quello che c’è a sinistra del Pd”.
“L’alternativa non può essere un fatto burocratico/organizzativo – dice – Ma nascere come esigenza che scaturisce dalle lotte e dalle persone che continuano a combattere nelle fabbriche e nei territori, nelle scuole. Perché continuano a credere nella possibilità di cambiamento. Penso che la possibilità di un’alternativa che può fare crescere una Nuova Casa dei movimenti e della sinistra, si potrà costruire solo se c’è il ripristino dei diritti e di adeguati rapporti di forza nelle fabbriche e una forte battaglia sulle le cose da fare, nei luoghi di lavoro e nei territori. Quindi l’alternativa non dipende dal contenitore della sinistra. Ma solo dalla nuova domanda di trasformazione sociale, economica, ambientale, che cresce dal basso. Per questo credo che sia un errore pensare che la nostra attività prioritaria, debba essere quella di andare a costruire il nuovo contenitore della sinistra. Le nostre massime energie dovremmo invece spenderle per fare ridivenire il lavoro egemone, nel promuovere lotte ad ogni livello (fabbrica, territorio, generale). Ma quale dovrebbe essere la questione più capace di aggregare e coinvolgere i lavoratiori e la popolazione? Oggi le questioni centrali da socializzare sono quelle ambientali, dei diritti e del lavoro. La questione della catastrofe ambientale, le malattie, i diritti, la prospettiva di tracollo del paese. Debbono essere i cardini rivendicativi e quindi fare emergere la necessità della conversione ecologica che è strettamente legata ai danni acusati all’ambiente ed alle persone da una sviluppo profondamente distorto. La modifica della realtà del lavoro, che non è quella che vorremmo che fosse, ma è stata scientificamente indebolita attraverso l’annullamento dei diritti, il precariato e la frantumazione del mondo del lavoro . Convertire in termini ecologici, significa modificare profondamente i processi produttivi, quelli dell’organizzazione del lavoro, quelli dei consumi, dei modi di vivere, culture, mettendo in discussione interessi, profitti e poteri consolidati nel tempo. Per cui non basta, non sono sufficienti i comportamenti e le buone pratiche anche là dove ciò hanno dato frutti positivi, restano solo una parzialità che non cambia certamente la prospettiva ecologica del paese”.
“Oggi . dice Franchi – sono necessarie scelte di politiche economiche agricole/industriali alternative a quelle fondate sulla centralità del profitto ponendo al centro gli interessi collettivi delle persone. Ma non basta rivendicare il governo centrale del paese, per ottenere ciò. E’ invece necessario tornare a mettere in discussione gli attuali rapporti di forza in ogni luogo di lavoro per tornare a contrattare le scelte sul come si lavora, per cosa si lavora, per quale prospettiva, cercando di cambiare il modello di sviluppo. Quindi non basta pensare a fare nascere, fondare la nostra Podemos Italiana per andare al governo del Paese vincendo le elezioni, Ma è necessario riguardare la nostra storia del Novecento, ripartire dalle aziende, per poter contrattare e stabilire cosa si produce con quali investimenti, per cosa, con quali finalità si produce, con quali condizioni di lavoro, con quale occupazione e professionalità”.
“Per questo – chiude Franchi – credo che oggi, l”attività prioritaria, della sinistra politica e sociale di chi vuole cambiare la realtà del paese, dovrebbe essere quella di lavorare nel promuovere rivendicazioni sociali, economiche, di diritti, ambientali, e altro e lotte ad ogni livello (fabbrica, territori, generale). Ed allora anche la questione di quale nuovo soggetto della sinistra costruire, non dipenderà più dai partiti o dalle persone ma dal movimento di lotta in atto e quindi da noi tutti coinvolti in esso”.

 

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