Doping nel ciclismo, sei arresti – Video e audio

di Roberto Salotti
Al telefono parlavano di pizze, meloni gialli o verdi e di jolly, ma per l’accusa si riferivano a sostanze dopanti, pericolosissime per la salute degli atleti, alcuni anche giovanissimi. A “bimbetti”, come si ascolta nelle intercettazioni: “bimbetti che fanno il giro del mondo”. E a cui vengono propinati farmaci senza la prescrizione medica e, per gli inquirenti, con un solo obiettivo: vincere e alimentare l’ambizione e le speranze di giovani, alcuni di appena 19 anni. Forse le stesse speranze di Linas Rumsas, il talento della due ruote, morto a 21 anni in circostanze ancora da chiarire il 2 maggio scorso (Leggi). E’ dalla scomparsa del ciclista del Velo Club Coppi Lunata, associato al ben più noto team Gran fondo del diavolo Altopack (quest’ultima, nota azienda del territorio e sponsor del club, risulta assolutamente estranea ai fatti), che l’inchiesta della procura ha preso le mosse. L’indagine, curata dalla squadra mobile del commissario Silvia Cascino, in collaborazione con lo Sco della polizia, hanno scoperchiato “un mondo inimmaginabile”, per usare le parole del procuratore capo Pietro Suchan, e portato all’alba di oggi (8 febbraio) all’esecuzione di sei ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari, ipotizzando per cinque degli indagati l’associazione a delinquere per commettere reati in materia di doping.

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Gli arresti. L’inchiesta, in cui sono state decisive le intercettazioni telefoniche e i pedinamenti della polizia, ha portato agli arresti Luca Franceschi, patron del club dilettantistico lucchese, tra i primi 10 in Italia. Il presidente, la cui abitazione era già stata perquisita nei mesi scorsi dalla polizia, è accusato di aver spinto giovani atleti del team ad assumere sostanze dopanti, subito dopo le gare. Per gli inquirenti, venivano ricevuti in una sorta di clinica abusiva allestita in un immobile di proprietà dei genitori del presidente, anche loro agli arresti domiciliari. Si tratta di Narciso Franceschi e Maria Luisa Luciani. Nei guai è finito anche Elso Frediani, ex ds del team, che per l’accusa si preoccupava, dopo il doping, di assicurare agli atleti le necessarie consulenze, anche mediche, per una corretta somministrazione delle sostanze proibite, in modo da eludere i controlli in gara. Un meccanismo, secondo gli inquirenti, dove ciascuno aveva un preciso ruolo.
Per la polizia sarebbe implicato anche un ex corridore e preparatore atletico del Velo Club Coppi Lucca: si tratta di Michele Viola che secondo gli inquirenti dopo l’allontanamento di Frediani dal team avrebbe venduto a Franceschi l’epo – sostanza dopante destinata ai ciclisti -, fornendo anche consigli su come assumere la sostanza per nascondere la positività ai controlli antidoping. Nel frigo di Viola, originario di Potenza ma domiciliato a Porcari, gli inquirenti hanno trovato 25 fiale di Epo: per questo per lui l’ipotesi di reato è quella di commercializzazione di farmaci dopanti, ma a lui gli inquirenti non contestano il reato associativo.
Diversamente da Andrea Bianchi, farmacista di Marlia e ciclista amatoriale, che stando all’inchiesta avrebbe rifornito gli atleti di ormoni e altri farmaci, anche di natura oppiacea, coadiuvanti dell’Epo, da somministrare in vena, senza la prescrizione medica. Per Luca Franceschi, Frediani e Viola, la procura ipotizza anche la commercializzazione di farmaci dopanti attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico, con l’aggravante, per Frediani, di aver commesso i fatti da iscritto alla Federazione ciclistica italiana.

Gli indagati. Oltre ad essi, ci sono anche altri 17 indagati. Tra questi, un noto medico sportivo, a cui Frediani, per l’accusa, si sarebbe rivolto, in più occasioni, per delle consulenze sull’utilizzo di farmaci dopanti, anche al fine di eludere il controllo antidoping in occasione del campionato italiano dilettanti del 25 giugno scorso. 
Mentre dovrà rispondere di favoreggiamento e patrocinio infedele un avvocato del foro di Lucca che, pur senza mandato difensivo, essendo a conoscenza del giro di doping, avrebbe fornito a Franceschi e Frediani indicazioni su come eludere le indagini. In una delle intercettazioni fra il legale e il direttore sportivo, l’avvocato si indigna per l’età degli atleti dopati: “Bimbetti – dice – questi sono bimbetti. Un conto è se lo fa un vecchio marcio di 25 anni…”. 
È indagato anche il secondo direttore sportivo del team: secondo l’accusa avrebbe anche lui somministrato e favorito l’utilizzo dei farmaci agli atleti. Per lo stesso reato è iscritta nel registro degli indagati anche la compagna del proprietario del club: alla donna, ritenuta insospettabile, era affidato, per l’accusa, il compito di portare i farmaci in gara, per assicurarne la pronta somministrazione agli atleti.
Dovrànno rispondere, invece, di frode sportiva la maggior parte dei ciclisti che hanno gareggiato per il team nella stagione ciclistica 2016/2017. 
Tra gli indagati figurano infatti anche due ciclisti amatoriali: il primo, titolare, nella provincia lucchese, di un noto ristorante sponsor del club ciclistico, è accusato di aver rifornito di sostanze dopanti alcuni corridori della squadra attraverso l’ex direttore sportivo Frediani, mentre il secondo, della Garfagnana, avrebbe assicurato al farmacista un canale “alternativo” per l’approvvigionamento di sostanze vietate le volte in cui il farmacista non era in grado di reperirli. In occasione di un controllo casuale, simulato su strada, gli investigatori hanno registrato, tra il farmacista ed il ciclista amatoriale, un passaggio di diverse confezioni di testosterone, per l’accusa certamente destinato ad altri amatori.
“Portami due pizze”: le intercettazioni decisive. In altre intercettazioni, gli indagati parlavano di “meloni gialli o verdi”, riferendosi, per l’accusa alle dosi di epo che a seconda della quantità assumono il caratteristico colore giallo o verde. Oppure c’era chi, come il ristoratore indagato chiedeva “due pizze”, con l’intenzione di farsi portare i farmaci dopanti. Un quadro allarmante di cui, in diversi casi, non erano all’oscuro nemmeno le famiglie che anzi, secondo la polizia, in qualche circostanza, avrebbero preso in consegna le fiale da destinare ai figli.


L’articolo – Le intercettazioni: “Te la devi fare in vena, in pancia ti resta traccia”

Nel corso dell’indagine ne sono state sequestrate 25: la sostanza è Epo ‘Retacrit Epoetina’, trovata nel frigo di casa di Michele Viola. 
Sono state inoltre eseguite diverse perquisizioni nelle province di Pistoia, Livorno e Bergamo, alle cui procure quella di Lucca invierà i relativi atti, così come alla procura nazionale anti doping che è già stata coinvolta nelle indagini coordinate dal procuratore capo Pietro Suchan e dal suo sostituto Salvatore Giannino.
AUDIO – Le intercettazioni
Sequestri e perquisizioni. L’indagine, tuttavia, è tutt’altro che conclusa. Nell’abitazione di Luca Franceschi e in quella dei suoi genitori, infatti,sono state sequestrate siringhe, aghi butterfly, cateteri endovenosi e diversi flaconi di ringer lattato e glucosio, coadiuvanti dell’Epo. Nel ritiro della squadra, poi, erano presenti e sono stati sequestrati potenti antidolorifici, indicati nella tabella delle sostanze stupefacenti e psicotrope, in assenza di prescrizione medica, e un numero consistente di siringhe e aghi. A casa di alcuni ciclisti sono state sequestrate, inoltre, confezioni di testosterone e ormoni per la crescita, detenuti in assenza di prescrizione medica. Materiale di cui si cercherà di stabilire la provenienza e la presenza di altri eventuali fornitori implicati nel giro.
E’ stata perquisita anche l’abitazione del padre del giovane ciclista morto il 2 maggio scorso e del  fratello maggiore, anche lui promessa del ciclismo. Il ragazzo, di ritorno a Lucca da un’importante competizione sportiva, è stato sottoposto dai medici della Federazione Nazionale di ciclismo a prelievo di sangue e urine. Positivo ad un potente ormone per la crescita, è stato denunciato per frode sportiva e sospeso dalle competizioni agonistiche per quattro anni.

La morte di Rumsas. I guai di Raimondas e della moglie Edita erano iniziati al Tour de France 2002, dove l’ex ciclista arrivò terzo. La compagna però venne fermata in auto a Chamonix e fu trovata in possesso di sostanze dopanti, che le costarono il carcere. Nel 2003, invece, Rumsas fu squalificato per un anno dopo essere risultato positivo all’epo al giro d’Italia. Sulla morte del figlio Linas, invece, le indagini non sono ancora concluse. Su quest’inchiesta c’è ancora il massimo riserbo, ma il terribile sospetto degli inquirenti è che il filone sul doping possa essere collegato al decesso del ragazzo. Il procuratore capo, al riguardo, non ha nascosto la preoccupazione degli inquirenti: “Non c’è stata alcuna collaborazione da parte degli indagati – spiega – ma oggi c’è da voltare pagina perché queste sostanze sono molto pericolose. Faccio appello a chi sa qualcosa di questa vicenda a farsi avanti subito”.
L’obiettivo è infatti quello di stroncare, per intero, il giro in Lucchesia. E non è escluso che dopo le perquisizioni degli ultimi giorni si possano aggiungere ulteriori elementi all’inchiesta.

 

L’appello del procuratore

Le altre intercettazioni: Audio 2, Audio 3, Audio 4, Audio 5

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