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Rapporto Irpet, meno figli in Toscana. Barni: “Quadro complesso”

“Un quadro complesso, dove non mancano dati incoraggianti, con le donne che studiano di più e con un più alto tasso di occupazione, ma che ci raccontano anche criticità: la più preoccupante riguarda la natalità in calo e la maternità vissuta come un ostacolo al lavoro. Una situazione che per essere contrastata ha bisogno di una politica sistemica”. Così la vice presidente ed assessore alle pari opportunità della Toscana, Monica Barni, commenta l’anteprima sul rapporto di genere che uscirà tra un paio di mesi, realizzato dall’Irpet. “Vorremmo poter leggere che il tasso di occupazione delle donne non è più inferiore a quello degli uomini – avevano sottolineato stamani aprendo l’iniziativa – vorremmo poter leggere che il gap retributivo tra i due sessi si è azzerato e che le donne non sono più sottorappresentate nelle posizioni che comportano responsabilità politiche ed economiche. Vorremmo che le donne non siano più sole a sostenere il peso delle attività di cura della casa , dei figli e degli anziani autosufficienti. Purtroppo non è così, complice la crisi economica certo ma anche il riemergere di un certo tipo di cultura sessista e stereotipata che pensavamo fosse morta. Su questo abbiamo fatto purtroppo qualche passo indietro”.

“Questa cultura –aveva proseguito – si sta riappropriando della nostra società nella totale indifferenza e non ci sono solo le dichiarazioni e gli atteggiamenti del presidente americano Trump. Prendiamo il caso sollevato nei giorni scorsi dalla trasmissione Rai sul fascino delle donne dell’est e i sei migliori motivi per preferirle alle italiane. Sono andata a rivedermi la registrazione e la cosa che più mi ha colpito è che a tutti, donne presenti comprese, sembra la discussione più normale di questo mondo. Una cosa è certo – conclude Barni – quale che siano i dati resta importante monitorare il divario di genere, per affrontare più in profondità i nodi ne definiscono gli svantaggi e fornire una solida base alle politiche e azioni che mettiamo in atto: anche quelle sull’occupazione, che la Toscana sta portando avanti e che già per molti aspetti sono all’avanguardia in Italia”. Le donne toscane sono oggi più istruite che ieri, partecipano maggiormente al mercato del lavoro, si laureano di più che in passato – anche nelle discipline scientifiche e tecniche, in ingegneria e in matematica e con numeri, in questo caso, più alti perfino di Germania e Francia, anche se come lauree complessive rimaniamo fanalino di coda della Ue – ma al contrario di molti altri paesi europei le donne toscane fanno pochi figli o non diventano mai madri. Un calo della fertilità che si è aggravato ulteriormente con la crisi economica, quando, tra il 2015 e il 2008, i nati in Toscana sono diminuiti del 18,2 per cento: più che in Italia (-15,8%) o in Francia (-4,5%).

Un altro aspetto è quello che concerne la difficoltà di conciliare maternità e lavoro: raccontano i ricercatori dell’Irpet che stamani hanno presentato a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze, nella sede della presidenza della Regione, un’anteprima sul prossimo rapporto di genere che uscirà a maggio. “La maternità rimane uno dei periodi cruciali, per cui la donna rischia di uscire definitivamente dal mercato del lavoro, o di starci dentro con contratti peggiori o salari più bassi di prima che avesse figli” sottolinea la ricercatrice dell’istituto per la programmazione economica della Toscana, Natalia Faraoni. E unito al basso tasso di fertilità questo rischia di essere davvero allarmante. “Passa il concetto che fare figli sia un ostacolo al lavoro delle donne e questo è preoccupante – commenta la vice presidente ed assessore alle pari opportunità della Toscana, Monica Barni – . I numeri, che pure sottolineano un netto miglioramento della donna sul mercato del lavoro, ci dicono infatti che le donne che scelgono di fare figli hanno dopo un reddito più basso di prima e più basso anche delle donne che hanno scelto di non fare figli. E questo è un problema, che ha a che fare con tempi di conciliazione e l’organizzazione del welfare, forse anche con valori culturali, la cui soluzione non può essere solo regionale ma nazionale”. Numeri e statistiche dello studio raccontano che in questi anni sono cambiate aspettative e stili di comportamento delle donne toscane: una rivoluzione silenziosa, in particolare per chi ha tra venticinque e quarantanove anni. E’ cambiata anche la società, con passi in avanti ma anche l’aggravarsi di alcuni problemi.

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