Meredith, Raffaele Sollecito si sfoga alla Versiliana

Il dramma del delitto di Meredith, la studentessa uccisa a Perugia, è stato rivissuto oggi (16 agosto) in prima persona da Raffaele Sollecito, intervistato al Caffè della Versiliana. Un uomo provato dalla vicenda processuale seguita all’omicidio, ma sicuro di sé. Così è apparso Sollecito: “Non credo la richiesta di revisione del processo sarà mai accolta. Ma se lo fosse non sono affatto preoccupato: mi darebbe modo di chiarire tante cose che sono state dette su me e sul processo”. Lo ha detto commentando la richiesta di nuovo processo avanzata da Rudy Guede.

E nel lungo colloquio Raffaele non ha mancato di ricordare la sua “battaglia infinita”, e un pensiero è andato anche ad Amanda. “Le spese legali sostenute da me negli otto anni di processo ammontano a circa un milione e trecentomila euro: la mia famiglia è ancora indebitata per oltre 400 mila euro. Mio padre è un chirurgo, un professionista – ha racccontato -: durante questi otto anni di processi abbiamo dovuto vendere proprietà di famiglia, e metterci in condizioni poco agevoli”.
“Ho vissuto più di 200 udienze, una infinita battaglia a livello giuridico e a livello di vita personale. Ho passato sei mesi in isolamento, tre anni e mezzo in un carcere di massima sicurezza. In carcere ho avuto problemi di panico, problemi cognitivi. Così dopo l’isolamento chiesi il trasferimento e mi mandarono in un carcere di massima sicurezza con gente condannata per omicidio, pedofilia, violenze efferate”.
“Il bacio dato ad Amanda? Non c’era nessuna passione, era un bacio di conforto”. Così Raffaele Sollecito ha poi spiegato il bacio dato a pochi giorni dall’omicidio Kercher ad Amanda Knox fuori dalla villetta dello stesso Sollecito.
“Nessuno mi ha mai chiesto perché ci baciammo, io e Amanda, quel giorno davanti la villetta. In realtà Amanda era di Seattle, dall’altra parte del mondo. Non aveva nessuno, a parte me. La conoscevo solo da cinque giorni. Quel mio bacio era semplicemente un bacio di conforto, non c’era alcuna passionalità. In quei momenti le dicevo ‘stai tranquilla, fino a che non tornano i tuoi cercherò di aiutarti io’. Cercavo di tranquillizzarla e darle conforto”.
“Pochi sanno che io e Amanda non abbiamo neanche visto la scena del delitto. Quando hanno sfondato la porta noi eravamo le ultime persone in fondo al corridoio. Quello che ricordo sono le facce sconvolte dei ragazzi che avevano sfondato porta. Ma i giornali e i social queste cose non le hanno raccontate. E nessuno sa che io e Amanda ci eravamo conosciuti solo cinque giorni prima”.

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