A Seravezza le ‘Rivelazioni’ di Rapetti Mogol e Parra

Si apre sabato (24 giugno) alle 18 a Seravezza la mostra Rivelazioni degli artisti Alfredo Rapetti Mogol e Gioni David Parra, promossa dal Comune di Seravezza e dalla Fondazione Terre Medicee in collaborazione con ArteA Gallery Milano nell’ambito della rassegna Arte contemporanea negli oratori. In esposizione le installazioni materiche e marmoree di due degli artisti italiani più promettenti e profondi del panorama contemporaneo a confronto con l’architettura e la storia di alcuni edifici religiosi del centro storico di Seravezza. Un percorso in tre tappe, a cura di Gianluca Ranzi, che stimola la riflessione sulla bellezza del territorio e sul senso del sacro che ancora abita i luoghi e, allo stesso tempo, contraddistingue opere e installazioni lì presentate. La mostra si potrà visitare fino all’8 ottobre.

Rivelazioni è la storia di un dialogo ininterrotto tra l’arte, il territorio, la bellezza e il senso del sacro. Tre chiese che fanno parte del patrimonio della città (la chiesa di Sant’Antonio del XVII secolo, la chiesa della Santissima Annunziata del XIV secolo e la chiesa della Madonna del Carmine di epoca barocca) diventano così il luogo d’elezione per ospitare le opere di Alfredo Rapetti Mogol e di Gioni David Parra. Le loro opere non solo trovano nel patrimonio architettonico e artistico di Seravezza uno sfondo ideale, ma vi si inseriscono dialogando e trovando il modo di far rivivere la bellezza antica a contatto coi linguaggi dell’arte contemporanea.
Alfredo Rapetti Mogol (nato a Milano nel 1961) presenta opere su tela dalla sua nota serie dei Cieli e alcuni marmi istoriati con brevi epigrammi il cui significato di primo acchito misterioso può essere decifrato come un rebus che richiede concentrazione e meditazione. Da sempre l’artista lavora con la parola e con la sua immagine, mostrandone i corti circuiti e le idiosincrasie, i tranelli e le profondità, per arrivare al senso profondo del mistero che ancora circonda l’uomo e il suo agire nel mondo. La serie pittorica dei Cieli impasta gamme terrose a lucenti cromie celesti, a mostrare la dualità di terra e di cielo, i due punti di riferimento dell’avventura umana: la vita attiva e la vita contemplativa. Le sue caratteristiche grafie si estendono a macchia d’olio su queste tele, parole dall’aspetto arcano e seducente che riportano l’attenzione dello spettatore a un passato remoto che è però in grado di illuminare il presente per rendere pensabile il futuro che ci aspetta.
Gioni David Parra (nato in provincia di Pisa nel 1962) presenta opere recentissime come le Bladelight (Lame di luce) in cui la scultura da solida si fa luce e rivela la tensione tra materiale e incorporeo o i Nocube, blocchi di marmo, come il bianco statuario o l’arabescato, le cui facce sono trattate diversamente, anche con interventi di colore. Le sculture in questo modo sembrano voler annullare l’ingombro volumetrico per tradursi in valori di luce, di cromia (come avviene nei City Colors) e di vibrazione atmosferica, mostrando il dialogo tra l’uomo e la materia, oltre le apparenze. Lavorare sul volume in modo sia plastico che pittorico significa anche per l’artista trovare una relazione vitale che unisce le opere all’ambiente, attraverso gli incontri dei diversi materiali e dei trattamenti delle superfici. Così avviene ad esempio in Matterspirit, opera monumentale a pavimento, in cui l’uso dell’oro mentre evidenzia la qualità stessa del marmo bianco, contemporaneamente lo rende etereo e spirituale.
“Per la prima volta accogliamo l’arte contemporanea negli antichi oratori del nostro capoluogo – dice Riccardo Tarabella nella doppia veste di sindaco di Seravezza e di presidente della Fondazione Terre Medicee – Lo facciamo non con il semplice intento di offrire un magnifico sfondo alle opere di due giovani e sensibili artisti italiani, ma per stabilire un contatto, favorire un dialogo: tra passato e presente, tra architettura e arte, tra sacro e profano, tra bellezza e territorio. Una sfida suggestiva, che forse farà discutere, ma anche un passaggio necessario, una scossa salutare verso una nuova consapevolezza del nostro patrimonio storico, urbano, architettonico, che da domani non ci apparirà più nella stessa luce, avendo acquisito funzionalità ed estetica diverse”.

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