Immagini simboliche per raccontare i disastri della guerra: alla Fondazione Ragghianti la mostra ‘Burma’

Il nonno di Sawang fu il primo presidente dopo la fine del colonialismo inglese, ucciso in un colpo di stato militare. Il padre e la nonna fondarono un movimento di resistenza

È in esilio politico da tutta la vita. Ma l’artista birmano Sawangwongse Yawnghwe (Sawang) ha il suo Paese sempre negli occhi e nel cuore. Il dolore, la desolazione e la solitudine soprattutto, quelle di un Paese in lotta da sempre, li mette anche nei suoi quadri, che raccontano la Birmania ma potrebbero raccontare tante altre guerre in Europa e nel mondo.

Burma. L’arte di Sawangwongse Yawnghwe fra Birmania ed Europa

La Fondazione Ragghianti, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e la partnership del Kunsthistorisches Institut di Firenze, presenta Burma. L’arte di Sawangwongse Yawnghwe fra Birmania ed Europa, aperta al pubblico dal 21 settembre al 3 novembre.

La mostra, curata da Max Seidel e Serena Calamai, consiste in una selezione di oltre sessanta opere dell’artista, alcune di grandi dimensioni, molte delle quali incentrate sull’aspro e interminabile conflitto fra tirannide e democrazia che interessa la Birmania da oltre mezzo secolo. Anziché limitarsi al semplice resoconto delle tragedie che caratterizzano la storia recente del Paese, Sawang rappresenta i disastri della guerra attraverso immagini simboliche, spesso ispirandosi a Francisco Goya.

La stessa biografia dell’artista, nato nell’area controllata dai ribelli nello Stato birmano di Shan, si intreccia con i drammi racchiusi nelle sue opere: suo nonno fu il primo presidente della Birmania dopo la fine del colonialismo inglese, e fu ucciso in un colpo di stato militare. In seguito all’attentato, suo padre e sua nonna fondarono un movimento di resistenza. Sawang ha trascorso tutta la sua vita in esilio politico, dalla Thailandia, al Canada, ai Paesi Bassi, dove attualmente risiede.

L’arte di Sawang, attivo sulla scena internazionale con esposizioni a Taiwan, in Germania, negli Stati Uniti, in Israele e in Olanda, diventa pertanto testimone delle sofferenze dei popoli oppressi, e questa mostra ne raccoglie alcuni esempi di straordinaria potenza, in cui l’autore riesce a plasmare in linguaggio figurativo la profonda essenza storica del dramma birmano: da una parte la battaglia pacifica dei monaci buddhisti, che protestano contro la dittatura solamente levando le mani in preghiera, e dall’altra la violenza della giunta militare.

Oltre ai lavori dell’artista ispirati dalla storia politica del suo Paese di origine, l’esposizione dedica spazio a un ciclo di opere in cui Sawang riflette su importanti temi della pittura europea moderna, confrontandosi con la tradizione culturale del nostro continente da una prospettiva distante dal punto di vista spaziale ma intensamente sentita, che aggiunge profondità alla sua opera. Una parte della mostra ospita infatti una selezione di lavori che traggono ispirazione da “Le Chef-d’œuvre inconnu” di Honoré de Balzac, che, raccontando l’impossibile ricerca del capolavoro assoluto, analizza il rapporto tra rappresentazione e realtà. Infine, l’esposizione accoglie alcune opere che riflettono il grande conflitto tra arte e vita, che fu descritto da Émile Zola ne “L’Œuvre” nel 1886.

Come dichiara Max Seidel, co curatore della mostra insieme con Serena Calamai, il suo incontro con Sawang “ebbe luogo in Toscana poco dopo la Saffron Revolution del 2007, e a seguito di quei colloqui l’artista creò una serie di disegni riferiti alla repressione dei monaci buddhisti da parte della brutale forza armata dei soldati della giunta militare. Già nelle prime opere grafiche Sawang scelse di rappresentare la guerra in Birmania attraverso immagini simboliche, sottraendosi a una mera raffigurazione cronachistica degli eventi”.

“Siamo lieti di annunciare l’apertura di una nuova mostra a settembre – dichiara Paolo Bolpagni, direttore della Fondazione Ragghianti -, la terza di quest’anno intenso alla Fondazione Ragghianti, dedicata a un artista la cui produzione assume contorni universali alla luce dell’attuale contesto storico. Lucca, città simbolo di una secolare lotta per la propria libertà, appare un luogo ideale per accogliere questa mostra, che conferma un impegno continuo nel promuovere artisti e temi meritevoli di approfondimento, offrendo al pubblico un’esperienza culturale stimolante e significativa”.

La mostra si può visitare alla Fondazione Ragghianti in via San Micheletto 3 a Lucca dal martedì alla domenica, dalle 10 alle 18. Biglietto d’ingresso 5 euro, ridotto 3. Previste categorie a ingresso gratuito. Info: www.fondazioneragghianti.it – info@fondazioneragghianti.it – tel. 0583 467205.

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