





La rabbia è una delle emozioni che più ci spaventano a causa della sua potenzialità distruttiva: non a caso Omero inizia uno dei suoi poemi, l’Iliade, parlando di un’ira funesta che generò una serie infinita di lutti e Dante nell’Inferno condanna gli iracondi, immersi nel pantano, a mordersi ferocemente gli uni con gli altri.
Possiamo dire che siamo in molti a temere di essere ‘accecati dalla rabbia’ o di diventare ‘verdi di rabbia’, di vivere un’emozione che ci invade e che non si sa come gestire, di perdere l’autocontrollo, di trovarsi in una situazione in cui non si è in pace con se stessi e si è invasi dalle tossine della collera. Per questo quando avvertiamo i primi sentori di un impulso bellicoso, cosa facciamo? Li reprimiamo, così la direzione del movimento cambia: prima poteva rivolgersi verso l’esterno e, se repressa, inizia ad andare all’interno. Si continua a rimuginare, ad interpretare e motivare ogni cosa che è accaduta ed il risultato è che la rabbia viene sostituita dal rancore che, prolungandosi nel tempo, si radica ancora più pesantemente in noi e ci fa incamerare malessere. Cosa fare? In che modo lo yoga può aiutarci? Lo yoga ci invita a portare l’attenzione al nostro interno, ad ascoltare i messaggi che il corpo ci comunica e, concentrandoci sul respiro e sul corpo, possiamo imparare a divenire consapevoli di ciò che accade al nostro interno. La vera guida è l’attenzione, la consapevolezza. Poco per volta restando all’ascolto e dedicando tempo e concentrazione al sentire, impariamo a osservare le emozioni al loro sorgere ed impariamo a non reprimerle e a non identificarci con esse. La rabbia, ad esempio, possiamo guardarla emergere, cominciare a prendere consistenza, ma senza lasciarci sopraffare da essa possiamo accompagnarla a dissolversi, come un’onda che ci attraversa e se ne va. Siamo colui o colei che osserva l’emozione, non siamo quell’emozione. La rabbia non ha inevitabilmente una forza distruttiva, non coincide necessariamente con l’aggressività e, se impariamo ad accettarla, possiamo riuscire a farla fluire e a far sì che l’energia che la caratterizza si scarichi di scorie dannose. Così invece di sfogarsi riversandosi su qualcuno o essere trattenuta bloccandosi in qualche parte del corpo e facendoci ammalare, questa emozione potrà essere trasformata in modo che diventi “sprone e fuoco interiore per perseguire un obiettivo” (Marilia Albanese). Disponiamoci adesso a lasciarci guidare dallo yoga ratna attraverso una sequenza in cui prenderà vita la potenza e la forza empatica del simbolo presenti in ogni asana (per specificare le caratteristiche di yoga ratna, asana e simboli si rimanda all’articolo sulla paura pubblicato sempre su questa rubrica). Seduti in una posizione comoda, lasciate che la base si stabilizzi a terra e permettete al busto di dirigersi verso il cielo, raddrizzando la colonna. Cercate il vostro respiro spontaneo e guardatevi respirare: a poco a poco il respiro diverrà calmo e regolare. Lasciatevi attirare all’interno di voi stessi abbandonando ogni legame con il mondo esterno. Poi lentamente vi alzate in piedi.
Rudra asana (Rudra è Shiva urlante, il distruttore che richiama fulmini e saette). I piedi sono vicini, o per lo meno gli alluci, ed il peso del corpo è ben distribuito sulle dita e sui talloni. Inspirando tendete vigorosamente le braccia verso l’alto ed unite i palmi delle mani intrecciando i pollici; espirando flettete le ginocchia e lasciate che il busto si inclini un poco in avanti, tenendo il mento leggermente rientrato. Mantenete l’asana con respiri calmi e regolari mentre i piedi premono a terra e le mani spingono al cielo e quando volete lasciarla sarà un’inspirazione più lenta a raddrizzare le vostre gambe ed espirando lascerete scendere giù le braccia. Restate all’ascolto: sentite l’eco della forma in voi e l’impronta energetica che ha lasciato nell’aria.
Virabhadra asana (È il potente eroe simbolo della forza virile e dell’ira). Divaricate bene le gambe e percepite la stabilità della vostra base, quindi sollevate le braccia lateralmente sulla linea delle spalle con un’intensa inspirazione. Ruotate il piede sinistro sul tallone, portando il busto di profilo e flettete il ginocchio sinistro mentre espirate; anche il volto si porta di lato. Mantenete la forma con respiri calmi e regolari avvertendo l’espandersi del calore e della forza nel corpo intero e quando decidete di ritornate datevi il tempo di ascoltare, poi ripetete con gli stessi tempi sull’altro lato. Anche quando l’avete lasciata conservatela ancora al vostro interno.
Dakini asana (È una manifestazione terrifica di un femminile viscerale e selvaggio). Riducete un poco la distanza tra i piedi in modo che resti un’apertura appena maggiore della misura delle spalle e ruotate il piede sinistro per portarlo di profilo. Chiudete con forza il pugno sinistro ed inspirando sollevate il braccio sulla linea della spalla ed espirando flettete il ginocchio sinistro e lasciate che la testa si abbandoni lateralmente verso sinistra. La mano chiusa a pugno si apre ed il palmo è rivolto verso terra. L’altro braccio rimane ben disteso lungo il fianco. Ripetete l’asana con gli stessi tempi sull’altro lato e prestate ascolto a ciò che il corpo vi comunica. Visualizzate l’impronta energetica rimasta nell’aria.
Jalela asana (Dea dell’acqua, che fa scorrere le acque scure e pesanti nella terra). Diminuite ancora un poco lo spazio tra i piedi che restano distanti come la misura del bacino. Portate le braccia conserte dietro la schiena, con le mani che accolgono i gomiti (se non fosse possibile tengono gli avambracci oppure i polsi) ed inspirando vi allungate verso il cielo ed espirando flettete le ginocchia che diventano pesanti. Ad ogni espirazione spingete l’osso sacro verso il basso e fate sì che vada un poco in avanti in modo da allungare tutto il tratto sacro-lombare. Mentre mantenete la forma lasciate scendere nella terra tutto ciò che vi pesa, sentite le acque scure trascinare con sé ciò di cui volete liberarvi (la terra sa riciclare i nostri rifiuti, non preoccupatevi). Una volta lasciata l’asana, percepite l’eco che ha lasciato in voi e visualizzate il filo di energia che è rimasto ancora nell’aria. Fate ora che le ginocchia si flettano, si avvicinino alla terra dove si appoggiano e vi sedete.
Shima kriya (È il gesto del leone. Aiuta ad espellere sostanze tossiche dal fegato e a scaricare la rabbia). Seduti sui talloni, i polpastrelli delle dita dei piedi a terra, divaricate le ginocchia. Il busto è ben diritto, le spalle aperte e le braccia rilassate, le mani poggiano leggere sulle ginocchia. Espirando vigorosamente dalla bocca aperta, spingete fuori la lingua con la punta verso il basso, spalancate gli occhi che guardano verso l’alto, tendete le braccia e divaricate con forza le dita delle mani. Eseguite questo gesto per una decina di volte e poi non dimenticate di dedicarvi all’ascolto (se percepite una sensazione di amaro in bocca, sappiate che il vostro fegato vi sta chiedendo aiuto).
Lakini asana (Lakini è la dea delle virtù, la benefattrice gentile). In ginocchio con il dorso dei piedi a terra, portate le mani ai lati delle ginocchia ed inspirando sollevate un poco il bacino per distendere indietro la gamba sinistra durante l’espirazione. L’inspirazione allunga il busto verso l’alto ed espirando il bacino ruota verso sinistra ed il busto lo accompagna. La mano destra si appoggia sul ginocchio o sulla coscia e la sinistra pone il dorso sulla piega interna del ginocchio ed il palmo guarda il cielo. Lo sguardo si posa nel palmo di questa mano. Mantenete la forma respirando in modo calmo e regolare. Quando decidete di tornare, inspirando volgetevi in avanti. Ripetete l’asana sull’altro lato mantenendo gli stessi tempi. Quindi dedicativi all’osservazione silenziosa di voi stessi.
Sarpasana (il serpente, grande simbolo di trasformazione, capace di sperimentare diversi elementi: la terra, l’acqua ed il fuoco interno che gli consente di mutare la pelle). In posizione supina lasciate che il braccio sinistro si apra leggermente a terra; inspirando il piede sinistro si appoggia sul ginocchio destro e la mano destra si pone sopra al ginocchio sollevato ed espirando lo aiuta a scendere verso il basso. Le spalle rimangono ben ancorate a terra e la testa poggia sul centro della nuca. Mantenete la forma con respiri lenti e regolari e poi ripetetela con gli stessi tempi sull’altro lato.
Rilassamento. Supini, con le gambe leggermente divaricate e le punte dei piedi verso l’esterno, abbandonate le braccia lungo il corpo e volgete i palmi delle mani verso l’alto in modo che le scapole si adagino bene a terra e tutta la schiena si possa abbandonare meglio. Chiudete gli occhi e lasciatevi andare alla sensazione di pesantezza del vostro corpo. Osservate tutta la parte del corpo che è in contatto con la terra: sentite l’appoggio dei talloni, dei polpacci, del retro delle cosce e dei glutei, sentite la parte della schiena che tocca terra, la parte delle mani e delle braccia, l’appoggio della testa. Lasciate che la forza di gravità vi attiri a sé e percepite l’abbandono totale di questa parte in ombra che diventerà pesante. Poi osservate la parte del corpo rivolta verso l’alto e sentitela alleggerirsi: le mani e le braccia, i piedi e le gambe, la parte del bacino e del busto rivolte verso l’alto si fanno leggere, i lineamenti del viso si distendono ed il collo diventa morbido. Concentratevi sulla gola e ponete un bel colore turchese al centro della vostra gola. Ogni volta che inspirate il colore diventa più brillante ed ogni volta che espirate comincia a diffondersi nel corpo intero; si espande sulle spalle e porta via ogni peso che esse hanno sostenuto nella giornata, scorre nelle braccia, nelle mani e nel petto portando via ogni tensione, ogni chiusura. Sentite questa corrente turchese liberare la vostra schiena ed il bacino: sentitela scorrere nei fianchi, nell’addome, nella base ed osservate come ogni contrazione, ogni irrigidimento si dissolva, ogni infiammazione svanisca. Lasciate fare, lasciate andare: non è più il tempo di agire. Restate ad ascoltare questa sensazione di alleggerimento, di liberazione che si propaga al corpo intero. Prendetevi il tempo necessario per restare in questo ascolto e fate vostre le parole di un saggio che dice: “Il corpo è l’arpa della vostra anima; sta solo a voi trarne meravigliose armonie o suoni confusi” (Gibran). Poi pian piano cominciate a muovervi iniziando dalle parti più esterne per arrivare al centro sul quale vi chiudete abbracciando le ginocchia e poi, passando da un lato, tornate a sedervi.
Patrizia Martinelli
insegnante yoga ratna