





Le situazioni che viviamo, nei diversi ambiti in cui ci muoviamo, ci portano spesso a metterci sulla difensiva sia perché temiamo di essere aggrediti dagli altri, sia perché non siamo disposti a mettere in discussione le nostre idee. L’atteggiamento conseguente è facilmente un irrigidimento che dal piano mentale passa a quello fisico e si rivela attraverso la mandibola serrata, i lineamenti del viso contratti, oppure nelle posture del nostro corpo. Ci sono gesti, infatti, che ripetuti abitualmente diventano schemi corporei che corrispondono alla rigidità e all’atteggiamento severo e rigoroso che abbiamo adottato verso altri e che si adatta a noi, tante volte impedendoci pure di respirare in modo ampio e soddisfacente. Riuscire a diventare flessibili ci aiuterebbe ad alleggerire la nostra vita e ci darebbe un input verso la tolleranza e l’adattabilità ai cambiamenti.
La fluidità è una caratteristica dell’acqua e al nostro interno la zona delle acque corrisponde all’apparato uro-genitale che è energia vitale in movimento, luogo di incontro della polarità maschile e femminile che genera la vita; e corrisponde all’energia del rene, organo che mostra la capacità di resistenza dell’organismo separando le acque pesanti e sporche da quelle leggere e pulite, e del surrene che può agire come barriera contro lo stress. Quindi partiamo da quel meraviglioso strumento che è il nostro corpo per praticare una sequenza che aiuti lo scorrimento dei fluidi corporei, che provochi allungamenti e decontrazioni in modo da realizzare una mobilità articolare, un’apertura di spazi in cui possa passare il respiro portatore di prana (energia vitale), in cui le diverse asana, a seconda del simbolo che rappresentano, vadano a risvegliare quella particolare energia per portarla in superficie e generare un mutamento. La sequenza si compone di queste forme: Makara, che è una sorta di anfibio somigliante al coccodrillo con le zampe del leone che rappresenta l’inconscio e la fertilità; Jalakanta che è colei che è nata dalle acque mosse dal vento; varuna, il dio dell’oceano, il signore delle acque; Jalela la dea che fa scorrere via le acque pesanti; Devabhuti, colei che sgorga dal cielo; Ardha Chandra, la mezza luna; Addho Mukha Jatara, la dea con il viso a terra e il fianco aperto al cielo. Mantieni ogni forma il tempo necessario ad effettuare una decina di respiri e se la ripeti ogni giorno per un mese (così potrai vedere quali cambiamenti accadono), aumenta gradualmente i tempi. I saggi dicono che “la via giusta è simile all’acqua che, adattandosi a tutto, a tutto è adatta”.
Siediti in una posizione stabile e comoda in cui la colonna vertebrale sia ben diritta. La base è pesante e abbandonata alla terra, il busto si raddrizza e le spalle si aprono mentre le braccia e le mani si rilassano. Ascolta il tuo respiro involontario senza modificarlo e quando ti accorgerai che il suo ritmo è divenuto calmo e regolare, inizia a renderlo più lento e fallo scendere nel bacino. Sei il tuo respiro, un soffio che si apre spazio verso i fianchi e verso il pube e, se ti concentri sul coccige, può muoversi anche nella zona sacrale. Resta in questa attenzione profonda a te stesso/a, lasciando che il resto del mondo scompaia.
Senza perdere questa concentrazione sdraiati con la parte anteriore del corpo a terra in Supta Makara asana: sovrapponi le mani e poni gli avambracci sulla stessa linea; distanzia i piedi e porta le punte verso l’esterno. Porta il mento sulle mani ed apri l’arco del collo, poi ascolta il respiro che crea una spinta dell’addome a terra. Concentrati sul coccige e sentirai che il respiro andrà a muoversi nella zona sacrale; mantieni lì la tua concentrazione e sentirai il respiro farsi spazio in questa parte del corpo massaggiando delicatamente le surrenali. Mantieni la forma con respiri calmi e regolari e per lasciarla le mani andranno sotto le spalle, raddrizzerai le braccia,facendo scorrere indietro il bacino fino a ritrovarti seduta/o sui talloni.
Jalakanta asana: incrocia le caviglie adagiando a terra la parte esterna dei piedi; le ginocchia sono sollevate ed i palmi delle mani premono sulla loro parte esterna, mentre i gomiti sono aperti lateralmente. Il respiro si apre spontaneamente dentro al torace. Dopo alcuni respiri, fai scendere i gomiti al lato delle gambe e senti la pressione che le ginocchia esercitano sulle mani ed il respiro si sposta nel bacino. Il vento è andato a fertilizzare le acque. Quando vuoi lasciare l’asana,fai scendere le ginocchia verso terra e poni le mani leggere sopra di loro.
Varuna asana: forma con la mano destra una piccola conca e portala sull’orecchio come se fosse una conchiglia (è possibile che tu senta l’eco del mare). Dopo un’inspirazione intensa in cui allunghi tutto il lato sinistro del corpo, scendi verso destra fino a portare il gomito a terra e mantieni la forma ascoltando il respiro che si espande nel lato sinistro dal bacino e in tutta la fascia laterale del busto rafforzando la capacità polmonare. Ripeti poi la forma sull’altro lato con le stesse modalità e gli stessi tempi.
Jalela asana: Lentamente ti sollevi in piedi e lasci un poco di spazio tra i due piedi pari alla misura del bacino; le braccia si spostano indietro ed i gomiti si flettono e vengono accolti dai palmi delle mani, gli avambracci si posano sull’arco delle lombari. Espirando fletti le ginocchia e fai scendere il coccige verso il basso e in avanti distendendo tutta la parte lombare. Senti l’inspirazione espandersi nel bacino ed espirando lascia che le acque pesanti scendano giù verso terra e si disperdano nella terra. Quando vorrai tornare, un’inspirazione profonda ti farà raddrizzare le gambe ed allungarti verso il cielo, ed espirando lascerai scendere le braccia e ti fermerai ad ascoltare e ad osservare l’impronta energetica rimasta nell’aria.
Devabhuti asana: con un’ampia inspirazione apri le braccia e portale verso l’alto con i palmi delle mani che guardano il cielo mentre le dita formano un cerchio; volgi il volto in alto e guarda al centro del cerchio; espirando fletti un poco le ginocchia e compatta i glutei così da proteggere la schiena mentre si inarca leggermente all’indietro, favorendo l’azione energetica di reni e capsule surrenali. Avverti l’energia che scende dai palmi delle mani nei polsi e da lì nelle braccia nelle fasce laterali del busto fin dentro al bacino. Mantieni l’asana con respiri calmi e regolari e, quando vuoi lasciarla, i gesti che l’hanno costruita ti aiuteranno a scioglierla, mentre tu rimani ad osservare la sua immagine che resta ancora per un poco disegnata nell’aria.
Ardha Chandra asana: scendi verso terra e rimani in appoggio sulle ginocchia; apri lateralmente la gamba sinistra ponendo il piede di profilo ed abbandonando la mano su questa gamba, e diventa consapevole di questo triangolo che ti sostiene. Inspirando solleva il braccio destro e spingilo verso l’alto allungando tutto il lato dal ginocchio alla mano; espirando fletti il busto verso sinistra. Fai in modo che il braccio che è in alto faccia da corona alla testa e lascia che quest’ultima si abbandoni lateralmente. Quando vuoi tornare ti spingerai verso l’alto con il busto ed il braccio inspirando ed espirando porrai il ginocchio accanto all’altro e farai scendere il braccio. Ripeti poi l’asana sull’altro lato con gli stessi tempi.
Addho Mukha Jatara asana: sdràiati a terra con la parte anteriore del corpo ed apri le braccia lateralmente sulla linea delle spalle tenendo i palmi delle mani giù. Porta a terra la guancia destra ed poni l’attenzione alla gamba destra: solleva appena un poco questa gamba, lasciando giù la cresta iliaca, mentre inspiri, ed espirando sposta la gamba verso sinistra ed in alto, lasciandola appoggiata sull’aria. Senti le diverse parti del corpo in equilibrio e prova a compattare il gluteo destro per sentire se c’è più stabilità. Rimani ad osservare il respiro che si apre spazio in tutto questo lato del corpo, dal viso al piede, e quando vorrai tornare inspirando porterai a terra il bacino ed espirando la gamba; poggia il mento a terra prima di ruotare la testa dall’altra parte perché tutto si ripeta sull’altro lato. In posizione supina fai un breve rilassamento scegliendo tra quelli proposti in articoli precedenti e poi, tenendo le braccia rilassate ed un poco distanti dai fianchi, fletti le ginocchia e porta i piedi verso il bacino e ti prepari ad una pratica sottile. Asvini(in ambito femminile) o Vajroli (in ambito maschile) mudra sono molto utili per controllare e fortificare il pavimento pelvico e mantenere tonici ed in buona salute prostata, utero, vagina e vescica: porta l’attenzione alla parte anteriore del perineo (verificando che rimanga passiva la muscolatura dell’ano) e concentrati sui muscoli genitali contraendoli e rilassandoli seguendo il ritmo del respiro. Inspirando vai verso la radice dei genitali e senti questa parte che si apre e si dilata come ad assorbire più energia possibile ed espirando risucchiala verso l’interno e verso l’alto come se fosse una ventosa; trattieni qualche istante e poi con un’altra inspirazione inizia di nuovo e così via. Ricorda di non usare mai troppo vigore, ma sii paziente e usa la delicatezza insieme alla concentrazione. Gli effetti si faranno sentire sul piano fisico ed anche su quello sottile data la stimolazione del secondo chakra: svadhisthana (leggi qui).
Patrizia Martinelli
insegnante yoga ratna