Essere uno con l’universo attraverso i simboli dello Yoga Ratna






Mi sono trovata a camminare su un’immensa spiaggia deserta a pochi chilometri da casa. Le mie impronte sulla sabbia duravano poco ma in quel breve tratto di tempo mantenevano il sapore del peso del mio corpo che veniva accolto dalla terra, poi erano cancellate da un vento forte che, però, si rendeva piacevole sulla pelle. Il rumore del mare prevaleva su tutto: continuo e maestoso segnava il ritmo di una musica sacra. Il calore del sole bruciava sulla testa e riscaldava il corpo così come asciugava la sabbia ed i tronchi sparsi su di essa. Lo sguardo raggiungeva la linea dell’orizzonte da un lato ed il profilo delle montagne dall’altro. Era uno spazio grande, immenso, infinito quello che mi circondava. Cosa rappresentavo io in quel contesto? Mi sentii quello che ero: un piccolo punto nell’Universo. Eppure è bastato portare l’attenzione verso di me per entrare dentro e sentire che c’era spazio in me, un bello spazio. Ho desiderato approfondire questo ascolto e mi sono seduta facendo in modo che il mio corpo si sentisse comodo e stabile ed accettasse l’immobilità. Ciò che ho verificato è stata un’esperienza yogica che non richiede abilità pregresse ma soltanto la curiosità di esplorarsi e la volontà di dedicare del tempo alla crescita personale. Per questo voglio condividerla, facendola precedere da alcune informazioni che possono aiutare a gustarla maggiormente.
Il nostro corpo è composto dai cinque elementi, terra, acqua, fuoco, aria, etere, che, aggregandosi, si presentano sia in modo più grossolano che più sottile. Nel corpo sottile (il corpo pranico o energetico) ogni elemento è correlato ad un Raja Chakra e così possiamo raffigurarci la natura che, come coscienza cosmica, attraverso la sua vibrazione dà origine ad un suono e ad un’energia sottile che viene giù dall’alto, come se entrasse dalla fontanella, ancora aperta nella testa dei neonati, ed è impalpabile come l’etere che è l’elemento di Vishuddha.
Poi man mano che scende da un chakra all’altro acquista maggiore consistenza divenendo aria (Anahata) e poi fuoco (Manipura), quindi acqua (Svadhisthana) e poi terra (Muladhara). Quando capiamo che i cinque elementi includono tutto vediamo che niente è completamente separato da tutto il resto, che tutto si ripercuote su tutto. E così un eccesso o una carenza di uno dei cinque elementi avrà ripercussioni su tutto il resto del sistema, sia nella natura che in ogni essere umano. Ad esempio se nella singola persona la terra è in eccesso noteremo pesantezza, ottusità, confusione, depressione, rassegnazione. Se la terra è in difetto ci sarà incostanza, poca concretezza, agitazione, mancanza di fondamenta e insoddisfazione. Invece se la terra è in equilibrio vedremo stabilità, fiducia, sicurezza, responsabilità, indipendenza. E cosa potremo dire dell’acqua? Quando è in equilibrio porta gioia, serenità, capacità di accettazione, contentezza (“La via giusta è simile all’acqua che, adeguandosi a tutto, a tutto è adatta” dicono i saggi). Se è in eccesso genera un’esuberanza di emozioni, di sentimenti, e la tendenza a scrollarsi di dosso le responsabilità, ad auto commiserarsi. Se è in difetto la persona mostra mancanza di gioia, esprime disagio nei confronti degli altri ed agitazione in genere. Un Fuoco in equilibrio porta ad esprimere creatività, entusiasmo, progettazione, intuizione; la sua più alta espressione è la saggezza della discriminazione. Un Fuoco in eccesso determina irritabilità, impulsività, instabilità, mancanza di solidità. Con il fuoco in difetto manca la creatività, la vitalità, l’entusiasmo, l’energia e l’ispirazione; prevale l’azione abitudinaria. L’aria, come il prana, pervade tutto e penetra ovunque: è l’energia fondamentale dell’esistenza. Se genera un movimento che tende all’equilibrio, porta curiosità, facilità di apprendimento, flessibilità, capacità di mutare il punto di vista e di andare verso nuove direzioni e, nel suo aspetto più elevato, saggezza. Quando l’aria è in eccesso di solito scarseggiano terra ed acqua e dunque la serenità e la stabilità vengono meno; c’è difficoltà di accettazione e prevale il nervosismo, la preoccupazione e l’incertezza e, dato che manca un centro di gravità interno, si diventa assai influenzabili. Nel caso che l’Aria sia in difetto è difficile effettuare qualsiasi cambiamento: prevale l’immobilismo a tutti i livelli e le preoccupazioni si trasformano in ansietà e timori. L’elemento Etere è il più sottile ed anima lo spazio cui dà vita all’interno, quando è in equilibrio, creando un ampliamento verso tutto e favorendo il nascere della tolleranza e del giusto distacco; fa sì che accettiamo maggiormente noi stessi e ciò che ci capita. Ci porta in contatto con l’essenza. Se è in eccesso impedisce il collegamento con gli altri elementi e “fa perdere il contatto”, determina una mancanza di presenza e di consapevolezza. Se è in difetto lascia la persona in balia degli eventi che possono opprimerla o schiacciarla del tutto (lo spazio è troppo ridotto! Il corpo ha bisogno di tutti gli elementi nella giusta proporzione e se uno di essi non è presente nella misura adeguata può finire per ammalarsi.
Lo Yoga Ratna ci offre la possibilità di entrare in contatto con la nostra dimensione psicologica e fisica, e, lavorando sul simbolo, crea l’occasione di un’interazione tra l’energia ancestrale e quella presente in chi pratica, svelando l’arcano gioco delle forze che operano in noi e nell’universo. Cerchiamo dunque una presa di coscienza attraverso una sequenza che, partendo dalla nostra presenza qui ed ora, dia spazio ad un ascolto nuovo.
Siedi in modo che il tuo corpo sia comodo e stabile; senti la porzione di terra che stai occupando e lascia che ogni parte di questa tua base si abbandoni alla forza di gravità, si lasci andare. Senti ora la porzione di cielo che occupi e fai sì che il tuo busto si raddrizzi , che le spalle si aprano un poco, il volto retroceda ed il vertice del capo sia attirato su dall’alto; le braccia sono abbandonate, le palpebre abbassate e pesanti e dietro di loro lo sguardo riesce ad andare verso l’alto e poi all’interno del corpo: è lì che incontra il respiro. Osservalo senza modificarlo, guardati respirare e, mano a mano che il soffio diverrà calmo e regolare, inizia a nutrirlo facendolo scendere in basso, dentro al bacino e nell’addome, poi nella fascia mediana lasciando che si espanda nella gabbia toracica ed infine nella fascia più alta, nella zona clavicolare. È diventato un respiro yogico completo che dà energia all’intero sistema. Rimani in questo ascolto finché non lo sentirai diventare suono: Om Shri Om è il mantra d’inizio (Aramba mantra) che ripeterai per tre volte e poi sentirai vibrare ancora nel silenzio.
Sarduli Mudra (il gesto della tigre): a quattro zampe, fai sì che le braccia e le cosce siano perpendicolari a terra, lascia andar giù la schiena e la testa e cerca il respiro nell’addome. Espirando incurva la schiena partendo dal bacino ed arrivando alla testa; inspirando inarca la schiena iniziando il movimento sempre dal bacino per arrivare alla testa. Continua così a lungo permettendo alla colonna di sciogliere ogni rigidità e rendersi elastica. Forza ed agilità emergeranno in te: sono le qualità della tigre.
Parvati Asana (la dea della montagna): torna a sederti con le caviglie incrociate ed inspirando solleva le braccia lateralmente e portale in alto sovrapponendo le mani in modo che il palmo di una mano si appoggi sul dorso dell’altra ed il pollice della mano che sta dietro afferri la mano davanti. Tutto il busto si allunga e si tende verso l’alto e così rimane senza sforzo nella percezione di questa spinta dalla terra al cielo. Se mantieni l’asana per cinque minuti almeno attiverai il primo Chakra, Muladhara.
Varuna Asana (il dio dell’oceano primordiale): rimani a gambe incrociate e porta la mano destra a coppa sopra l’orecchio, come se fosse una conchiglia che ti fa sentire il rumore del mare; un’inspirazione allunga tutto il tuo lato sinistro ed espirando scendi verso destra flettendo armonicamente il busto finché il gomito non toccherà terra. Rimani nell’immobilità dell’asana mentre il respiro si espanderà nel bacino. Quando tornerai, il movimento partirà dal basso. Poi ripeterai la forma sull’altro lato mantenendola per alcuni minuti (lo stesso tempo sui due lati); si attiverà così il secondo Chakra: Svadhistana.
Svastika Asana (Il sole che diffonde, con i suoi quattro raggi, luce, gioia, piacere ed amore): in ginocchio, porta avanti il piede sinistro in modo che la coscia risulti parallela a terra. Inspirando ruota il busto verso destra ed apri bene le spalle; con l’inspirazione successiva solleva le braccia lateralmente ed espirando piega i gomiti in modo che l’avambraccio sinistro scenda verso il basso (la mano in direzione del ginocchio) ed il destro verso l’alto. Ripeti poi con gli stessi tempi sull’altro lato, considerando che mantenendo la forma per alcuni minuti si attiva il Chakra Manipura.
Pavana Asana (le tre forma di Vayu, il dio del vento): in piedi, lascia un piccolo spazio tra un piede e l’altro e senti le piante dei piedi adagiarsi a terra mentre il resto del corpo è immerso nell’aria. Volgi i palmi delle mani in avanti e, raccogliendo l’aria, mentre inspiri, falli salire su, ai lati del torace. Sposta il peso del corpo sul piede destro e, facendoti guidare dal respiro, solleva il ginocchio sinistro, poi aprilo verso l’esterno ed infine fai fare al piede un bel passo indietro mentre la gamba destra si flette; su quel ginocchio va ad appoggiarsi il gomito e sulla mano, chiusa leggermente a pugno, poggerai il mento; intanto l’inspirazione guida, in un gesto ampio ed elegante, il braccio sinistro ad avvolgersi attorno al busto. Nei minuti in cui mantieni la forma senti il respiro muoversi liberamente dentro di te. Ritornando sposta il peso sul piede destro e gli avvicini l’altro mentre le mani tornano ai lati del torace ed espirando lasciale venire in avanti per restituire l’aria all’Universo che te l’ha data in prestito. Ripeti sull’altro lato e, se i tempi di mantenimento sono adeguati, si attiverà il Chakra Anahata.
Kakini Asana (il corvo femmina che si muove nel vento): porta le ginocchia giù al suolo e poggia ai loro lati le mani; poni il vertice del capo a terra tra le mani (osservando bene che sia il vertice del capo ad appoggiarsi e non la fronte o l’attaccatura dei capelli); inspirando solleva il bacino ed i piedi di cui sovrapponi le punte; espirando afferra con le mani le caviglie ed avvicina i talloni ai glutei. Mantieni la forma lasciando che il respiro, sottile e silenzioso, si muova tra le scapole, nelle ali ripiegate fin dentro alla nuca, continuando ad attivare Anahata Chakra, ma stimolando già Vishuddha, il Chakra della gola.
Sada Shiva Asana (dedicata a Shiva Nilkanta, Shiva dal collo blu): allunga tutta la parte anteriore del corpo a terra, le braccia distese in avanti e le dita delle mani intrecciate ad eccezione dei mignoli che distendi al suolo. Inspirando solleva la testa e spingi il mento verso l’alto facendo in modo che la gola si apra. Tutta la parte anteriore del corpo si allunga e si stira mentre la tua concentrazione è nella gola e con il mantenimento della forma nell’immobilità si attiva Vishuddha, il Chakra della gola.
Rilassamento: scegli un rilassamento tra quelli pubblicati negli articoli precedenti. Quando tutto il corpo è nell’abbandono più totale rivedi le diverse forme che hanno composto la sequenza e nota se alcune, o una in particolare, hanno lasciato un’eco maggiore dentro di te. Osserva senza far intervenire i pensieri, poi fai risuonare dentro di te le parole di un saggio che dice: “L’armonia nascosta è più potente di quella manifesta”.