Consiglieri regionali in visita ai profughi a Colognora

Questa mattina (26 settembre) i consiglieri regionali del Pd eletti in provincia di Lucca Stefano Baccelli e Ilaria Giovannetti accompagnati dall’assessore alle politiche sociali del comune di Capannori Ilaria Carmassi hanno fatto visita ai sette giovani afghani richiedenti asilo che sono ospitati nella canonica della chiesa di Colognora di Compito. La visita alla struttura ha avuto come obiettivo quello di conoscere da vicino come funziona il modello regionale di accoglienza diffusa e le storie di coloro che sono fuggiti da fame e guerre , nonché le forme di integrazione e di lavoro volontario messe in atto sul territorio. I giovani tra i 20 ed i 30 anni provenienti dall’Afghanistan che sono a Colognora dallo scorso luglio e sono seguiti dalla Cooperativa Odissea hanno raccontato ai rappresentanti istituzionali di aver sistemato il giardino della canonica dove progettano di fare un orto e che sono disponibili a rendersi utili per la comunità che li ospita. Hanno inoltre partecipato alla sistemazione del campo di calcio presente alla Casa della Salute di Marlia e in questi giorni stanno prendendo parte all’iniziativa Puliamo il mondo promossa da Legambiente Capannori e Piana di Lucca e Comune.
L’incontro era inserito nel progetto #lacosagiusta promossa dal gruppo consiliare Pd in Regione Toscana. Ogni consigliere si è recato sul proprio territorio a visitare una delle tante strutture deputate all’accoglienza profughi e rifugiati e si è fatto portavoce di una delle storie di alcune di queste persone. La giornata è stata raccontata con una diretta web, a partire dalle prime ore della mattina, attraverso uno speciale del sito internet del gruppo consiliare e condivisa attraverso i suoi social network.
Queste le storie raccontate da Baccelli e Giovannetti
L’orto della rinascita di Stefano Baccelli
Sadjo è nato nel 1988 a Korampo, un villaggio nel sud ovest del Mali, al confine con il Senegal. Prima di arrivare in Italia ha attraversato il Burkina Faso, il Niger, la Libia. A Tripoli faceva il facchino e il manovale. Ci ha raccontato che il suo capo gli dava da mangiare una volta al giorno, pagandolo quando voleva e quanto voleva e la città era in preda alla guerra. Un giorno un gruppo di libici armati è entrato nella casa in cui dormiva, hanno iniziato a sparare e due dei suoi sei compagni di stanza sono stati uccisi. Sadjo ha temuto per la sua vita. Dopo questi fatti il proprietario della casa li ha portati da chi organizza i viaggi con i barconi, ha subito pestaggi e vessazioni, sia prima dell’imbarco che durante il tragitto. Era il maggio 2014 ed è rimasto talmente turbato da questi episodi che accusa tuttora disturbi del sonno ad una parziale perdita della memoria. Oggi Sadjo vive in Italia e ha un permesso umanitario. È inserito nel progetto Sprar (sistema di protezione per richiedenti asilo) di cui la Provincia di Lucca è il capofila dal 2008 insieme ad Arci Toscana che è il soggetto gestore. Insieme a Sadjo oggi sono inserite nel programma altre 36 persone.
Sadjo abita a Viareggio e attraverso l’aiuto di un tirocinio presso Giovani Sì lavora in una cooperativa agricola di Camaiore. Oltre a lui nella cooperativa lavora Kere, anche lui è fuggito dal suo paese. Nei campi imparano un nuovo mestiere, coltivano ortaggi biologici insieme ad altri ragazzi italiani, mettono in pratica quello che hanno imparato al corso di italiano e scelgono i prodotti da consegnare ai clienti. Oggi ci mostrano con orgoglio una piantagione di cavoli, patate appena raccolte e dei bei pomodori maturi, così ogni giorno provano a tenere lontano il pensiero della guerra e delle ingiustizie subite nella loro terra. Hanno 27 anni e nei loro occhi è già passata tanta sofferenza e tanta vita, una vita che oggi, in Toscana, tra il mare di Viareggio e le campagne di Camaiore, con tanta forza e volontà sta rinascendo e rifiorendo, proprio come i frutti del loro orto
Quando un grazie diventa impegno di Ilaria Giovannetti
Aziz è un ragazzo afgano di 22 anni ed è arrivato in Italia lo scorso giugno. Oggi è ospitato insieme ad altri 6 suoi connazionali in una canonica della campagna capannorese. E’ stato costretto a lasciare il suo paese perché aveva problemi con i talebani. Suo padre è un cuoco e lavora per il governo, suo fratello fa il dottore in un ospedale, un altro fratello invece è un importante ingegnere, e tutti sono nel mirino dei talebani e rischiano la vita. Anche lui lavorava per il governo, era nella polizia e si occupava della sicurezza degli ospedali. Era bella la sua vita in Afghanistan: aveva una bella casa, stava bene, ma i talebani lo hanno preso di mira e hanno iniziato a minacciarlo di morte, fino a che non gli hanno dato un ultimo chiaro avvertimento.
Così con la sua famiglia ha deciso di lasciare il paese. Suo fratello ha pagato per lui alcune persone affinché gli organizzassero il viaggio. E’ partito di notte sopra un’auto affollata, e il viaggio è durato un mese. E’ stato durissimo, non hanno mai visto persone, solo montagne, avevano pochissimo cibo e pochissima acqua. Dall’Afghanistan all’Iran, dall’Iran in Turchia e ancora dalla Turchia alla Bulgaria. Qui la polizia li ha fermati e solo dopo averli picchiati e derubati li ha lasciati di nuovo andare. Sono arrivati in Serbia, ma fortunatamente qui la polizia li ha trattati bene. Poi li hanno fatti ripartire e sono arrivati in Ungheria, e infine in Italia, con un grande camion ancora una volta sovraffollato.
Oggi è felice di poter essere in Italia dove le persone che lo hanno accolto gli hanno dato una casa, e la possibilità di imparare italiano. Non smette mai di ringraziare per questa seconda opportunità di vita e ringrazia gli italiani per l’affetto che gli hanno dimostrato. Per questo assieme ai connazionali che vivono con lui si impegna seriamente nella realizzazione delle attività di volontariato che gli vengono proposte dalla cooperativa in collaborazione col Comune. Al momento è l’unico modo che ha per poter ricambiare di tutto l’aiuto che sta ricevendo.
Spesso dice che lui non è altro che un ragazzo come tutti noi, che viene solo da un paese diverso. Non vuole che le persone abbiano paura di lui, non è venuto qua per creare problemi. Se avesse potuto scegliere, non avrebbe mai lasciato il suo lavoro, la casa, e soprattutto la sua famiglia. Non sa cosa ne sarà del suo futuro, probabilmente un giorno lascerà l’Italia, ma sarà sempre grato a questo Paese per quello che ha fatto per lui e dove ha trovato i suoi nuovi amici.