Carbonizzazione, Zone: “Non vogliamo fare da cavie”

E’ ancora polemica sull’impianto di biocarbonizzazione di Salanetti. A scrivere, con una lettera aperta inviata alle istituzioni regionali e locali è il comitato di Zone, che combatte contro la realizzazione della infrastruttura. “Nell’area di Salanetti – spiegano – e dintorni sono già concentrate numerose attività che trattano rifiuti (due piattaforme Ascit, Valfreddana Recuperi, cartiere) e pertando la realizzazione di tale impianto aumenterebbe di molto la criticità del sito dal punto di vista dell’inquinamento atmosferico causato soprattutto dal forte traffico di mezzi pesanti da e per l’area nella quale dovrebbe sorgere l’impianto sopra citato e dei cattivi odori causati in larga parte dallo stazionamento dei rifiuti organici che si avvertono a una distanza di 1-1,5 chilometri dall’area presa in considerazione e quindi fino a tutto il paese di Zone. Inoltre va tenuto presente che si trova al centro della piana di Lucca, chiusa a nord dai monti delle Pizzorne, a sud dal Monte Serra, ad est e ad ovest da una serie di colline. La ventilazione non riesce ad effettuare cambi d’aria apprezzabili e l’elevato numero di sforamenti dei valori ammessi dalle emissioni in atmosfera dei gas nocivi induce i sindaci ad emettere una serie di ordinanze finalizzate alla riduzione di tali emissioni per tutelare la salute pubblica”.
“L’area che dovrebbe accogliere l’impianto – prosegue il comitato – è soggetta frequenti allagamenti con il rischio che le acque possano quindi entrare in contatto con i rifiuti organici che l’impianto si propone di trattare e con le acque reflue del processo di lavorazione. Il rischio allagamenti è uno dei motivi che in passato hanno sconsigliato di costruire sempre nella stessa area un impianto di compostaggio. La nostra contrarietà all’incenerimento, d’altronde, si concretizzò a suo tempo in una lettera che produsse i suoi frutti positivi quando era prevista la costruzione di un inceneritore sul territorio di Capannori. Poiché anche in questo caso si tratta pur sempre di destinare i rifiuti all’incenerimento, la costruzione dell’impianto in oggetto ci vede decisamente contrari”.
“Da come descritto – prosegue la nota del comitato – l’impianto in oggetto dovrebbe trattare circa 60mila tonnellate l’anno di materiale organico e perciò risulta essere il primo in assoluto che utilizza il processo della carbonizzazione idrotermale su tali dimensioni, e quini non ne sono conosciute le ricadute sull’ambiente e sulle persone. Manca un’esperienza di rilevante scala industriale (l’impianto modello di Valencia tratta di 5-10mila tonnellate annue, che determina perciò l’assenza di premesse tecnico-scientifiche che diano garanzia. Non vogliamo fare da cavie. Perplessità desta anche la provenienza dell’organico che sarebbe smaltito in tale impianto poiché “non tutti gli organici sono uguali”. La presenza di eventuali impurità quali rischi può comportare? Ed inoltre da dove potrebbero arrivare tutti questi rifiuti? Il sistema di controlli è idoneo a tutelare la sicurezza e la qualità dei rifiuti prodotti nell’impianto?”.
“Noi – conclude il comitato – cittadini di Zone e dintorni, ci adoperiamo per una raccolta differenziata molto spinta, e siamo ben convinti della validità degli obiettivi che si pone Rifiuti Zero, di cui anche il Comune di Capannori è promotore. Ma l’impianto in oggetto verrebbe a stridere fortemente con gli obiettivi che si sono posti i cittadini e l’amministrazione di Capannori che per coerenza dovrebbe incentivare il compostaggio domestico e non accogliere sul proprio territorio un impianto che il confluire di una enorme quantità di rifiuti destinati all’incenerimento e non alla fertilizzazione del terreno”. “Per questo – è l’appello del comitato presieduto da David Del Carlo – invitiamo tutti gli enti di competenza a non permettere la costruzione dell’impianto di carbonizzazione idrotermale di cui all’oggetto”.