Sfuggito alla miseria Buran sogna di fare l’elettricista

24 ottobre 2017 | 09:40
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Sfuggito alla miseria Buran sogna di fare l’elettricista

Lo sguardo che fissa lontano per non incontrare quello degli altri e le mani che portano ancora i segni di una vita passata tra il cemento e la polvere. Ci sono storie che facciamo fatica a raccontare, storie che purtroppo portano i segni di cicatrici molto più grandi. E’ passato poco più di un anno da quando Buran ha attraversato il mare ed è venuto in Italia.

Un anno fatto di grandi amicizie e nuove scoperte ma anche di tanta, tanta malinconia. Il fratello più piccolo di cinque figli, segnati dalla perdita della madre avvenuta quando Buran e gli altri erano solo dei bambini. Una malattia che pochi anni dopo ha strappato ai piccoli anche il padre, lasciandoli abbandonati a loro stessi in quella che oggi tutti chiamano “la città dei giardini”. Kumasi è una delle cittadine più popolose del Ghana situata a pochi chilometri da un bellissimo lago, piena di piante e di prati fioriti. Nonostante ospiti la dimora del sovrano Ashanti e le sue ricchezze, a Kumasi il lavoro è molto poco e la vita, soprattutto per dei ragazzini rimasti orfani, è difficile da mandare avanti. Buran per qualche anno ha fatto il muratore: ha costruito case, negozi, trovando anche il tempo di andare a scuola, dove ha studiato per ben tredici anni. Una predilezione, quella per lo studio, che si nota perfino nei gesti, nella sua bravura ad aver imparato bene la nostra lingua in così pochi mesi. Poi però oltre ai genitori ha perso anche il lavoro e con lui anche l’opportunità di prendere il diploma. E mentre i fratelli e le sorelle piano piano si sono rifatti una vita trovando l’amore, a lui non è restato altro che buttarsi nel blu e venire in Italia cercando fortuna. E’ partito dal Ghana ad aprile con il suo amico Isaac, arrivando a Capannori qualche mese dopo dove adesso vive con tanti altri ragazzi in una casa poco lontana dal centro. Buran, che oggi ha 25 anni, si è dato subito da fare: “Ho seguito un corso di formazione a Saltocchio – ha raccontato il ragazzo – dove per tre mesi ho raccolto frutta e verdura in un’azienda agricola. Mi piacerebbe diventare elettricista – dice Buran – anche se adesso mi andrebbe bene qualsiasi lavoro. Ho provato a sentire al centro di impiego se avevano un posto per me ma sto ancora aspettando”.
Negli ultimi mesi ha lavorato molto anche con i ragazzi di Legambiente, pulendo prati e giardini che gli ricordano tanto la casa piena di affetti e di dolore che ha lasciato in Africa. I fratelli li sente pochissimo perché anche una telefonata di pochi minuti, per loro, sarebbe un gran peso. “Adesso che hanno dei figli – racconta Buran – ai soldi devono fare ancora più attenzione”. I nipotini non li ha mai visti, purtroppo può solo giocare con l’immaginazione e sperare di riuscire a conoscerli, un giorno che magari non sia tanto lontano. La famiglia che tanto gli manca però l’ha trovata anche qui: “Con i ragazzi con cui vivo ho legato molto, per me non sono solo coinquilini ma veri fratelli. Non so cosa farei senza loro”. Ogni venerdì con alcuni di loro prende la bicicletta e va a pregare alla moschea di Porcari, luogo in cui ha l’opportunità di incontrare ragazzi provenienti dalla sua città ma anche da molti altri stati dell’Africa. L’unico momento, oltre ai pomeriggi a scuola in cui va per imparare l’italiano, in cui parla con qualcuno e svaga la mente. “La sera non mi piace uscire, a volte non mi piace farlo nemmeno di giorno. Preferisco stare in casa e guardare sul telefono le partite di calcio, la mia più grande passione. Seguo molto la squadra del mio paese ma mi piace molto anche il calcio italiano, soprattutto l’Inter, di cui sono diventato un grande tifoso. In Ghana facevo molto sport, soprattutto atletica: a casa avevo molte medaglie e premi perché quando cominciavo a correre non c’era nessuno che poteva battermi. Preferisco rifugiarmi nello sport perché nonostante io sia felice di vivere qui ci sono cose che mi fanno stare male e mi rendono molto triste: l’altro giorno sono andato con gli altri ragazzi al supermercato e mentre stavamo chiaccherando un anziano ci ha lanciato sui piedi una confezione di bottiglie di Coca Cola. Non stavamo facendo niente di male ma la gente qui ci disprezza comunque. Sto sempre in casa perché non voglio avere problemi con nessuno”.
Così, quando la tristezza e la malinconia prendono il sopravvento e diventano insopportabili, Buran trova la forza di uscire di camera e torna a correre come faceva un tempo. Il suo unico sfogo.

Giulia Prete