Sversamenti nel Ralletta, Acque vince ricorso al Tar

21 dicembre 2017 | 15:52
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Sversamenti nel Ralletta, Acque vince ricorso al Tar

Acque Spa non è responsabile per gli sversamenti di sostanze inquinanti nel Rio Ralletta il 14 febbraio scorso. Pertanto non dovrà pagare al Comune di Porcari gli oneri per la manutenzione straordinaria e la messa in sicurezza del rio operate a seguito dei fatti in questione in somma urganza da parte dell’amministrazione. A stabilirlo, in primo grado, è una sentenza della seconda sezione del tribunale amministrativo regionale di Firenze. Sarà quindi il Comune, a meno che non presenti ricorso al Consiglio di Stato, ad accollarsi, comeha già fatto, i 92.957,14 euro necessari per i lavori, oltre al pagamento delle spese processuali.

I fatti
Come si legge nella sentenza del Tar, il 14 febbraio scorso era arrivata al Comune di Porcari una segnalazione relativa ad uno sversamento di liquidi oleosi e biancastri nel rio Ralletta. Sul posto, è intervenuta l’Arpat che ha individuato come origine dello sversamento lo scarico delle acque reflue del caseificio Artlatte le quali, a causa di un intasamento del sifone di confluenza nella rete fognaria, rifluivano unendosi alle acque di scarico dell’ex Oleificio Toschi, versandosi poi nella vicina fossa ferroviaria e confluendo nel Rio Ralletta.
L’allora sindaco di Porcari Alberto Baccini emise, a seguito di questi rilevamenti, una serie di provvedimenti in cui addossava ai due soggetti coinvolti e cioè Acque Spa, gestore unico del servizio idrico integrato, e Artlatte la responsabilità delle opere necessarie alla messa in sicurezza della fossa che sfocia nel Rio Ralletta e di smaltire il materiale di risulta in un centro autorizzato. Successivamente, lo stesso comune intimò ad Acque il pagamento di 92.957,14 euro quale acconto relativo alle opere di ripristino e rimozione delle sostanze inquinanti, asserendo che sulla società incombeva la responsabilità di quanto accaduto e quindi l’onere di pagamento.
I provvedimenti sono stati impugnati da Acque per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

Il ricorso
Il ricorso di Acque, rappresentata dall’avvocato Luigi Bimbi, verteva sull’esecuzione dei lavori di messa in sicurezza della fossa a cielo aperto che corre parallela alla linea ferroviaria e colletta nel Rio Ralletta, nella parte in cui viene ordinata l'”esecuzione immediata” delle opere di riprofilatura della fossa, di scarifica del fondo e delle sponde nonché lo smaltimento del materiale di risulta, non essendoci, secondo il gestore idrico, alcuna relazione causale tra le condizioni di efficienza della rete fognaria (che da Acque devono essere mantenute) e lo sversamento avvenuto nel Rio Ralletta. A detta dei ricorrenti, infatti, la manutenzione del sifone che ha provocato lo sversamento sarebbe a carico del proprietario. Inoltre, sempre secondo il legale di Acque, gli atti del Comune sarebbero stati illegittimi anche alla luce dei principi generali in tema di responsabilità da cose in custodia e abbandono di rifiuti: Acque infatti non è produttore dei reflui né custode della fognatura posta a monte del sifone e perciò non potrebbe esserle imputato, per omessa manutenzione, il mancato deflusso di reflui nella condotta di propria competenza.
Un ricorso è stato presentato anche da Artlatte nel quale l’azienda, rappresentata dagli avvocati Nicolao Berti e Diletta Simonetti, specifica di essere autorizzata agli scarichi in fognatura nera dei prodotti liquidi di scarto del suo ciclo produttivo, articolato tra una zona di lavorazione ed una separata zona di lavaggio. La deviazione del percorso che avrebbe provocato lo sversamento nel Rio Ralletta sarebbe stata causata dai fanghi essiccati che non erano di sua produzione, rimandando all’Oleificio Toschi, rappresentato dagli avvocati Angelita Paciscopi e Romano Zipolini la responsabilità per l’ostruzione del sifone.

La difesa
La difesa comunale, esposta dall’avvocato Laura Formichini si basava dal canto suo sul principio che avendo Acque assunto la funzione di gestore unico del servizio idrico integrato, avrebbe una responsabilità non limitata ai danni derivanti dalle opere in concessione ma riferita all’intera gestione del servizio, “dato che la normativa regolamentare sul servizio di fognatura citata dalla ricorrente dispone che essa stessa o il Comune abbia facoltà di imporre, in fase di richiesta di allacciamento o laddove ritenuto necessario, il posizionamento di un sifone al limite della proprietà privata a ridosso della fognatura pubblica, stabilendo che installazione e gestione del medesimo sono di competenza privata”. Questa facoltà non sarebbe stata attuata e quindi non sarebbe provato che il sifone non faccia parte degli oneri gestionali di Acque.
Per quanto riguarda il ricorso di Artlatte invece, il legale del Comune sottolinea come gli accertamenti condotti avrebbero rilevato un degrado delle condotte fognarie sia di Artlatte che dell’oleificio Toschi, e del sifone posizionato prima dell’imbocco nel condotto fognario principale. Questo avrebbe creato le condizioni affinché i reflui del caseificio creassero uno sversamento.

La sentenza
Per il collegio giudicante spettava all’amministrazione specificare in sede di ordinanza, con adeguata motivazione, la riferibilità del sifone oggetto di contesa ad Acque e pertanto avrebbe dovuto indicare puntualmente l’esistenza di un onere manutentivo, cosa che non è avvenuta. L’ordinanza con cui il Comune di Porcari addossava ad Acque gli oneri di messa in sicurezza del corso d’acqua inquinato è dunque da ritenersi illegittima ed è stata annullata dalla sentenza. 
Quindi, in conclusione, secondo il Tar spetta al Comune di Porcari sborsare gli oltre 90 mila euro per i lavori di messa in sicurezza ed anche il pagamento delle spese processuali individuate in un ammontare di 3 mila euro.
Adesso per i legali del Comune si pare la via del ricorso al Consiglio di Stato che dovrà essere presentato entro 60 giorni.

Luca Dal Poggetto