“Le Ore”, intensa e convincente la prima a Porcari






Nessun brusio in sala ieri sera (23 marzo) durante la prima de Le Ore, l’ultimo lavoro della compagnia Gli Avanzati andato in scena all’auditorium di Porcari. Tutto esaurito e un’attenzione della platea altissima dall’inizio alla fine per questo esordio che raccoglieva una sfida difficile da vincere: realizzare una drammaturgia convincente per un testo – Le Ore di Micheal Cunningham – nato come romanzo e divenuto ancora più celebre come film (The Hours).
Una storia che si sviluppa su tre piani temporali diversi che il teatro è riuscito a restituire con eleganza, attraverso l’uso delle luci su una scenografia misurata. E così lo spettatore è stato condotto nella quiete soffocante della casa di campagna di Virginia Woolf, quando la scrittrice stava dando vita alla sua signora Dalloway. Un isolamento che le era stato prescritto perché ‘sentiva le voci’: il turbamento di una psicosi sempre sul punto di esplodere, reso con verità dall’interprete del personaggio (Barbara Puppa), ha saputo convincere ed emozionare. E poi l’America degli anni ’50, in una casa perfetta di Los Angeles, dove vivono il reduce di guerra Dan e sua moglie Laura (Rebecca Moutier), incinta e profondamente infelice. Sta leggendo proprio La signora Dalloway quando decide, in silenzio, di abbandonare tutto e salvarsi, lasciando anche il figlio una volta nato. Quel figlio che vivrà tutti i suoi giorni intrappolato nella forza di un amore inespresso per la ‘sua’ signora Dalloway, Clarissa (Giovanna La Russa), la terza donna di questa storia: a New York, all’inizio del nuovo millennio, con i fiori da comprare per una festa che non darà mai, Clarissa ricompone la cornice delle vite sfiorate dal personaggio nato dalla penna della Woolf – ma per farlo c’è bisogno che qualcuno muoia, proprio come nel romanzo. Una recitazione delicata, fatta di sfumature profonde, di dettagli che appartengono più al linguaggio del cinema che al teatro ma che Gli Avanzati, diretti da Lorenzo Bonaccorsi, hanno saputo offrire a chi è venuto a vederli.
Le foto di Caterina Barghini