Capannori incontra autori chiude con Dacia Maraini

Un’intervista a tutto tondo con una delle figure intellettuali femminili più importanti e interessanti del nostro tempo a partire dal suo ultimo libri edito da Rizzoli, Corpo felice. Capannori Incontra Autori 2019, la rassegna promossa dal Comune di Capannori e organizzata dall’associazione e blog magazine L’Ordinario, sceglie Dacia Maraini per il gran finale di domani (11 giugno) alle 21 al teatro Artè di Capannori. Sul palco con lei la nota giornalista e scrittrice, direttore di Acqua&Sapone, Angela Iantosca, da anni impegnata sui temi della ‘ndrangheta, delle tossicodipendenze e dei giovani. L’evento è a ingresso libero fino a esaurimento posti.
Scrittrice, poetessa, saggista, drammaturga e sceneggiatrice italiana ma soprattutto grande donna di cultura e acuta narratrice dei tempi e dei sentimenti umani, Dacia Maraini ha scritto moltissimi libri vincendo anche il Premio Campiello con La lunga vita di Marianna Ucrìa e il Premio Strega con Buio. Da molti suoi lavori sono stati tratti film e spettacoli teatrali.
I grandi temi sociali, la vita delle donne, la violenza, i problemi dell’infanzia, sono spesso al centro delle sue opere che, in alcuni casi, raccontano anche episodi della sua incredibile vita, già tale a partire dalla prima infanzia. Nata a Fiesole, la madre Topazia appartiene ad un’antica famiglia siciliana, gli Alliata di Salaparuta, mentre il padre, Fosco Maraini, per metà inglese e per metà fiorentino, è un grande etnologo ed è autore di numerosi libri sul Tibet e sull’Estremo Oriente. Proprio per portare avanti uno studio, il padre si trasferisce nel ‘38 con la famiglia in Giappone. Nel ‘43 il governo giapponese, in base al patto d’alleanza che ha stipulato con Italia e Germania, chiede ai coniugi Maraini di firmare l’adesione alla Repubblica di Salò. Poiché i due rifiutano, vengono internati insieme alle tre figlie in un campo di concentramento a Tokyo. Lì patiscono due anni di estrema fame e vengono liberati, soltanto a guerra finita, dagli americani. Nella sua collezione di poesie Mangiami pure, del 1978, Dacia Maraini racconterà delle atroci privazioni e sofferenze di quegli anni.
Per Rizzoli è appena uscito Corpo felice, dove racconta il suo bambino mai nato. A più di quarant’anni dai versi che hanno disegnato i contorni di un cambiamento possibile – “Libere infine di essere noi / intere, forti, sicure, donne senza paura” – Dacia Maraini riavvolge il filo di una storia tempestosa, quella al femminile, attraverso le parole di una madre a un figlio perduto, il suo, che cammina verso la maturità pur abitando solo nei ricordi. È così che l’immaginazione si fa più vera della realtà, come per tutte le donne che popolano i suoi libri – Marianna, Colomba, Isolina, Teresa – e sono arrivate al pubblico con le loro voci e i loro corpi. Corpi che non hanno mai smesso di cercare la propria via per la felicità, pieni di vita o disperati per la sua assenza, amati o violati, santificati o temuti, quasi sempre dagli altri, gli uomini. Ed è proprio a loro che parlano queste pagine. Agli occhi di un bambino maschio non ancora uomo. Per ricordare a lui e a tutti, sul filo sottile ma resistente della memoria, che solo quando l’amore arriva a illuminare le nostre vite, quello tra i sessi non sarà più uno scontro ma l’incontro capace di cambiare le regole del gioco. A partire da questo ultimo lavoro, a Capannori un omaggio alla vita e alle opere di una grande donna dei nostri tempi.