Rontani: “Ecco tutta la verità sulla rovina dell’asilo Isola di Lammari”

4 ottobre 2023 | 16:15
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Rontani: “Ecco tutta la verità sulla rovina dell’asilo Isola di Lammari”

Per l’ex consigliere di opposizione “la corresponsabilità del Comune ha portato al rigetto della richiesta di risarcimento per il danno di immagine”. La sentenza passo per passo

“Dopo averci dedicato molta attenzione, voglio rendere nota la piena verità sulla vicenda di rovina dell’asilo Cosimo Isola di Lammari. Il sindaco / Comune di Capannori, ha deciso di farsi seguire (con determinazione 712 del 09 giugno 2016) e rappresentare (con determinazione 951 del 09 luglio 2018) nella causa civile per il risarcimento dovuto dai responsabili dei danni, da uno studio legale molto famoso, tra i più costosi della Toscana. Questo studio ha richiesto e ottenuto, in tutto, l’affidamento per un corrispettivo di oltre 71mila euro”. A parlare è l’ex consigliere comunale dell’Udc, Paolo Rontani.

“Eppure, molte delle “carenze” di elementi di prova non forniti – dice Rontanti – per cui  il Comune si trova poi penalizzato fino, addirittura, a dover pagare, esso stesso, carichi di spesa ulteriori, derivano proprio dalle memorie prodotte in giudizio, senza esser state verificate da alcuno. Non è infatti vero che il 18 per cento di responsabilità riconosciuta, come vedremo, dalla giudice è dei funzionari ( anzi, dei due dirigenti e dei due Rup, responsabili di procedimento) coinvolti nello svolgimenti dei lavori, bensì dell’amministrazione comunale. La giudice, infatti, basandosi sull’articolo 28 della Costituzione sottolinea che i dipendenti, in quanto tali, operano (ed hanno operato) in uno stato di immedesimazione con la pubblica amministrazione di cui fanno parte. Quindi, se essi, in corso di attività, violano diritti, le conseguenze ricadono e appartengono all’ente pubblico, che anche rappresentano. Se l’avvocato del Comune avesse portato in giudizio una domanda di regresso nei loro confronti, il peso economico delle rispettive responsabilità avrebbe potuto essere individuato subito, senza doverlo rimandare ad un futuro e complesso giudizio in Corte dei Conti. Ma non l’ha fatto. Inoltre, nonostante proprio il Comune di Capannori, avesse chiesto, con delibera di giunta del 2016, la redazione di un Atp (accertamento tecnico preventivo) prima della causa, effettuato poi da un Ctu scelto dalla giudice e che costituisce prova a tutti gli effetti, non ne ha tenuto nemmeno granchè di conto“.

“Quindi, sono risultati addirittura convenuti in causa, senza distinzione alcuna e senza adeguati elementi di prova a loro carico, soggetti che il Ctu aveva già dimostrato privi di responsabilità, di fronte ai quali il Comune è stato condannato a dover pagare le spese di giudizio, per un totale di circa 400mila euro. Pensate che è risultata coinvolta persino una ditta, nel frattempo dichiarata fallita (con sentenza del tribunale) priva della capacità di stare in giudizio per controversie relative a rapporti patrimoniali compresi nel fallimento e dunque improcedibile. Quando, nelle dichiarazioni ufficiali del Comune, pubblicate il 13 settembre scorso, si è affermato che “nessuna responsabilità è stata attribuita alla parte politica… in quanto la scelta del terreno su cui realizzare l’asilo, non è stata ritenuta tra le cause del mancato rispetto dei criteri di sicurezza,” non è del tutto vero. La giudice, infatti, in sentenza sostiene che quella zona, in base all’allora vigente regolamento urbanistico, era caratterizzata da una pericolosità, sul piano idraulico, definita elevata e media. Per questo rischio consistente, occorreva senz’altro adottare “i più idonei accorgimenti per evitare conseguenze dannose”. Invece, già nel progetto preliminare di cui si era occupato l’ufficio tecnico di Capannori, approvato poi dalla giunta di allora, con delibera 1 dell’8 gennaio 2010, c’erano grosse lacune che avrebbero dovuto impedire di “metterlo a gara”. Da lì, sostiene la giudice, comincia la corresponsabilità del Comune che, in base all’articolo 1227 del codice civile, comporta un risarcimento diminuito, causa riferibilità al medesimo delle condotte “discutibili” dei suoi dipendenti”.

“Le cause dei danni di rovina, provate già nell’Atp – dice Rontani – risultano le seguenti: il geologo incaricato aveva scritto, nella sua relazione preventiva che, dato il tipo di terreno scelto, doveva essere effettuato un rialzo della fondamenta di almeno 25 centimetri dal piano di campagna. Non è stato fatto, nè dalla direzione dei lavori, nè dalla ditta costruttrice, nè qualcuno dal Comune è intervenuto in proposito; il materiale ligneo fornito era idoneo ma è stato sottoposto ad un alto tasso di umidità, dovuto alle caratteristiche del terreno e delle condizioni meteo, senza che nessuno lo salvaguardasse; tutto il cantiere è rimasto esposto agli agenti atmosferici ed alle piogge durante i lavori che sono stati spesso, ingiustificatamente, interrotti, comportando una durata eccessiva, pari a 1014 giorni (cioè 714 gionri in più) avallata dal Comune, che ha concesso proroghe non motivate e che, comunque, tramite il suo Rup, ha persino firmato il Certificato di regolare esecuzione dei lavori (Cre) nonostante, tra l’altro, l’avvenuta adozione di “varianti” che non erano tali ma veri e propri progetti suppletivi  (nemmeno approvati dall’organo decisionale dell’ente, ma dalla dirigente)”.

“La responsabilità del Comune di Capannori – chiude Rontanti – è del 18% con conseguente risarcimento di 1.098.658,78 euro oltre gli interessi legali (non sono proprio il milione e 400mila euro che ci dichiara il sindaco negli articoli di stampa, valutando pure il costo aggiunto delle spese di giudizio da pagare ai non responsabili coinvolti. E non sono neanche i soldi necessari a costruire una struttura analoga nuova, come il legale aveva richiesto ma la giudice gli ha negato). Responsabilità del collaudatore, pari al 10 per cento, quella dei due professionisti direttori dei lavori 36% (50 a testa), 27 per cento alla ditta costruttrice, 9 ad un’altra ditta partecipante. Termino con un ultimo aspetto importante, relativo a diverse richieste di recupero spese, presentate in causa dal legale del Comune, peraltro in buona parte definite senza giusta prova. Con varie motivazioni, la giudice le ha respinte. Ma ciò che è scritto in sentenza, a proposito della richiesta di risarcimento per danno all’immagine, è davvero amaro. L’assolutamente no della giudice deriva sia dal fatto che il Comune, come al solito, non ha fornito le prove di questo danno, né possono esserlo articoli ufficiali prodotti, sia perchè la credibilità dell’ente è semmai “ferita “dalla “rilevante percentuale di concorso di colpa dell’amministrazione comunale nella causazione del danno e, soprattutto, nell’averne aggravato, con l’incuria successiva, le conseguenze dannose” Com’è possibile che il Sindaco Menesini si dichiari pubblicamente soddisfatto di tutto questo, pretendendo pure che ci crediamo?”.