Dalla missione in Rwanda alle iniziative di solidarietà: è morta ‘Mamma Carla’

15 gennaio 2025 | 09:51
Share0
Dalla missione in Rwanda alle iniziative di solidarietà: è morta ‘Mamma Carla’

Lutto a Capannori per la scomparsa a quasi 90 anni della missionaria laica Carla Frediani. Il ricordo dell’ex sindaco Luca Menesini e del Centro Missionario

Lutto a Capannori per la morte, a quasi 90 anni, di Carla Frediani, per tutti Mamma Carla.

A ricordarla è l’ex sindaco, ora consigliere provinciale e presidente del consiglio comunale, Luca Menesini.

Carla Frediani, classe 1935, dagli anni Settanta al 2013 è stata missionaria laica in Rwanda per la Diocesi di Lucca – prosegue – È da lì che viene l’appellativo Mamma Carla. Perché lei, dal paese delle mille colline, nei suoi lunghi anni di permanenza in Africa, è stata Mamma davvero per tutti. Anche per chi in Africa non ha mai messo piede – dice Menesini –  Con il suo fisico esile ed una grande semplicità è partita per quelle terre sconosciute, senza sapere la lingua e con pochi rudimenti sociosanitari, vivendo spesso in condizioni precarie, anche molto pericolose. Una grande fede, tanto coraggio e una incondizionata voglia di spendersi per gli altri sono sempre state le sue caratteristiche più marcate che l’hanno portata a fare cose inimmaginabili. Il suo compito è sempre stato quello di occuparsi dei poveri, restituendo loro dignità. Ha aperto e animato per anni dispensari/centri nutrizionali dove ogni giorno decine di donne che venivano a piedi, anche da oltre 30 chilometri con 2, 3 e 4-figli e si mettevano in fila per farli visitare, pesare, ricevere consigli sulla nutrizione e quando necessarie medicine. E prima di rimettersi in viaggio mangiare un bel pasto nutriente, per i bambini e per la mamma e infine con in capo un bel fagotto di fagioli, sorgo o riso riprendere la strada del rientro. In Rwanda la malnutrizione infantile cronica era ed è tuttora molto diffusa, con percentuali in alcune zone, in quegli anni, anche al di sopra del 50 per cento. Non era difficile vedere bambini di 2 anni pesare neanche 4 chili con viso e ventre gonfi, affetti da Kwashiorkor. E lei con la sua semplicità e grande determinazione, non saltava un giorno. Carla in 40 anni di missione ha salvato migliaia e migliaia di vite”.

“Accanto a questo aiutava tante famiglie, e tante donne sole con figli, a costruirsi una prima casetta dignitosa, fatta di alberi e fango e con lamiere come tetto – ricorda ancora Menesini – A provvedere al cibo necessario nei periodi di carestia. E poi le borse di studio per tante ragazze e ragazzi. Perché risolti i bisogni primari (un piatto caldo ed un tetto), viene l’istruzione come leva di promozione umana. Di riscatto sociale per evitare di sprofondare di nuovo nell’abisso della povertà estrema. Negli ultimi anni la sua opera si è concentrata anche nella nascita di una rete di scuole per l’infanzia, per avviare i bambini fin da piccoli nel percorso di educazione/istruzione e per alleggerire la mamma dalle sue incombenze e permetterle di lavorare e contribuire all’economia della famiglia. È rimasta in Rwanda anche nei periodi peggiori della guerra. Sempre accanto e insieme alla sua gente”.

“Ma la sua azione non si è fermata in Rwanda. Il suo eco si è sentito forte anche qua da noi – prosege – A Castelvecchio di Compito, suo paese natale. Nel Capannorese, in tutta la Diocesi e in tante. In molti posti sono nati gruppi più o meno informali di persone a sostegno della sua missione. Tanti ponti ideali che sono stati costruiti per unire le nostre comunità a quella di Cyeza, di Rukomo, di Nyarurema e tante altre ancora. All’insegna della solidarietà. Alcune di questi gruppi sono diventati anche associazioni stabili, come Noi e il Terzo Mondo, che operano ancora in quella realtà ed accanto a questo fa un’azione di sensibilizzazione ed educazione alla mondialità: promuove idee per un mondo più giusto. Con Carla ho vissuto per 3 anni, dal 2000 al 2003. Durante la mia permanenza nella missione di Nyarurema. Da lei ho imparato tante cose, prima di tutto l’accoglienza e l’ascolto. La cura di tutti. Ma soprattutto il grande senso e mistero della vita. Il valore della persona. E che le “rivoluzioni” più grandi le fanno i semplici. Quelli con il cuore puro”.

È stata lo sguardo affettuoso in quella casa. Dei preti e dei laici. Dei volontari e di chi in quella casa veniva semplicemente a lavorare. Per tutti era mamma Carla. Prima di tutto conta la persona e la sua dignità. E se la dignità l’ha perduta, non importano le cause, si aiuta a ritrovarla – conclude Menesini – Questo sprigionava dal suo grande cuore. Che oggi ha smesso di battere. Ma continuerà a farlo in ognuno dei nostri. E continuerà a vivere nei nostri pensieri e nella testimonianza che ci ha lasciato. E quindi me la immagino in questo nuovo viaggio, per raggiungere le tante persone a cui ha voluto bene, su polverose strade di terra battuta rossa. E al sentire della sua Jeep che passa, dai bananeti vedere sbucare decine e decine di bambini che gridano a squarciagola Komera Mama Carla!. Ed è una festa. Ed è di nuovo speranza! Buon viaggio Carla”.

A ricordarlo anche il Centro Missionario Diocesano. “Mama Carla! Questo è il grido gioioso lanciato dai tanti bambini che lungo le strade di Nyarurema e Rukomo salutavano con la mano la jeep di Carla mentre passava. 
All’inizio Carla non aveva neanche la patente, girava a piedi o si faceva portare in bicicletta, ma poi col tempo gli fecero capire che per muoversi nei villaggi ruandesi bisognava dotarsi di una macchina e imparare a guidare e così fece e prese la patente in Rwanda”.

“Carla, nata in una famiglia di contadini, seconda di 3 figlie, a 15 anni andò ad assistere la sua anziana nonna paterna e due zie che abitavano a Lucca in centro storico. Dove iniziò a frequentare il movimento Regnum Christi di Lucca e in quegli anni fece anche il corso di infermiera presso la Croce rossa – continua il Centro Missionario – Si definiva una persona semplice che mossa dalla curiosità e dalla richiesta di un prete, don Giancarlo Bucchianeri, aveva deciso con un’amica di raggiungere il missionario in Rwanda all’età di 44 anni, tanto non avevo altro da fare…, come ripeteva lei. Dopo una prima esperienza di un mese, parte per il Rwanda nel luglio del 1979 e insieme a don Giancarlo Bucchianeri muove i primi passi nella parrocchia di Nyarurema, nell’attuale diocesi di Byumba, nella provincia dell’Umutara nel nord del paese. Questo viaggio si è trasformato in una scelta di vita che l’ha legata al Rwanda per ben 35 anni. Aveva poi scelto di essere una laica consacrata nel movimento Regnum Christi. A vederla da vicino aveva un fisico minuto ed esile, avreste pensato che una folata di vento l’avrebbe portata via, in realtà era forte come una quercia, per aiutare un bambino diventava una leonessa, aveva le sue radici saldamente attaccate al terreno, quella terra rossa da cui non avrebbe mai voluto andare via perché la sentiva come la sua seconda casa. Il centro nutrizionale di Nyarurema e poi anche quello di Rukomo in Rwanda erano “oasi protette”. Là accoglieva i bambini malati e denutriti e le loro madri. Li pesava, gli misurava il perimetro brachiale offrendo una speranza alle tante madri. Bambini con il viso emaciato, i capelli gialli, il ventre gonfio o col corpicino scheletrico che ricevevano ogni tipo di cura inviando i casi più gravi agli ospedali vicini e quando era necessario fino all’ospedale della capitale, Kigali, da specialisti a 150 km. Si parla degli anni ’80, un Rwanda completamente diverso da quello di oggi”.

Conclude così il Centro missionario: “Carla Frediani ha affrontato le più grandi atrocità durante la guerra, nel periodo buio del genocidio eppure la sua fede non ha mai vacillato perché laddove la gente vedeva miseria e disperazione, lei trovava speranza e misericordia per tutti. Una volta mentre stava subendo una rapina a mano armata non perse l’occasione per dire ai ladri che stavano facendo una cosa sbagliata e dovevano pentirsi, che dovevano cambiare vita. Non ha mai amato avere i riflettori puntati, era schiva ad ogni forma di clamore o pubblicità, non amava farsi fotografare e a chi elogiava il suo operato rispondeva risolutamente ma chi io? Oh che avrò fatto mai… son solo un umile serva del Signore”.

Anche l’arcivescovo Paolo Giulietti dedica un ricordo alla missionaria laica: “Sono grato per la testimonianza di una vita spesa nella vicinanza ai poveri e nel servizio alla Chiesa. Carla è stata una delle persone più significative nella lunga vicenda di amicizia tra le diocesi di Byumba e Lucca; nel recente viaggio in Rwanda ho constatato come il suo ricordo sia ancora ben presente tra la gente della parrocchia di Nyarurema e in chi ha avuto occasione di conoscerla. Sento di poterla proporre come una testimone di speranza per questo nostro anno giubilare; sono certo che nell’incontro con il suo Signore non rimarrà delusa”.

L’associazione Noi e il terzo mondo di Castelvecchio di Compito, riprendendo le parole di una operatrice rwandese cresciuta con Carla a Nyarurema: “Non era la madre del nostro villaggio ma di tutti quelli che avevano bisogno. Lei ha scelto di restare con il suo popolo anche nei momenti più drammatici. Ognuno che bussava alla sua porta era sempre il benvenuto. Scalderà sempre le corde del nostro cuore anche se non sarà più fisicamente con noi. Quando una persona muore si dice: andrà in paradiso. Lei è una di quelle persone per cui questa frase risulta autentica e vera“.

Carla sarà esposta presso la camera ardente dell’obitorio di Lucca fino a giovedì 16 gennaio alle 16. Poi, dopo la chiusura della cassa, sarà portata nel Compitese alla chiesa di Castelvecchio basso, dove la sera alle 21 ci sarà un rosario missionario. Al mattino di venerdì 17 gennaio il feretro sarà portato alla chiesa di Capannori dove resterà fino al funerale, fissato per le 15, e presieduto dall’arcivescovo Paolo Giulietti.