Impianto di trattamento di pannoloni e pannolini, i comitati: “Precedenti tutti fallimentari”
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Picchi: “Oltre all’impianto smantellato a Treviso un tentativo di un’azienda canadese anche in Inghilterra è durato poco”
Emergono importanti novità sull’impianto di trattamento dei pannoloni ed assorbenti previsto a Salanetti che, a detta dei comitati aprirebbero uno scenario nuovo e “ancor meno rassicurante” sull’intera vicenda.
Liano Picchi in qualità di portavoce afferma: “Del Chiaro e Menesini ci hanno raccontato che a Treviso c’era un’azienda che per prima al mondo aveva progettato una tecnologia in grado di recuperare pannoloni ed assorbenti sporchi. Una delegazione, che, a quanto ci risulta, aveva più una connotazione politica che tecnica, fu inviata a visionare l’impianto e non sappiamo bene in base a quale considerazione, ne riportò una valutazione positiva. A noi è toccato scoprire invece, che i due presupposti su cui era fondata la valutazione erano completamente falsi”.
“La tecnologia su cui l’impianto si basava – dice Picchi – era infatti così poco funzionale, che la proprietà stessa decise, pochi mesi dopo la visita, di smantellarlo, vuoi per l’insostenibilità dei costi di produzione, che per l’impossibilità di ricollocare sul mercato le scarse materie prime recuperate. Ma la novità che emerge da una ricerca svolta dai comitati evidenzia che la Fater di Treviso non era affatto la prima azienda ad aver sperimentato il recupero dei pannoloni ed assorbenti in quanto è stato riscontrato che un altro tentativo simile era fallito alcuni anni prima in Inghilterra. La Knowaste, una multinazionale canadese del settore vi aveva infatti installato, un impianto per il recupero di 36mila tonnellate annue di pannoloni ed assorbenti. Anche in quel caso, come nel nostro l’apertura era stata preceduta da una serie di roboanti annunci, circa il fatto che sarebbe stato il primo di 5 impianti che sarebbero sorti nel Regno Unito, che avrebbero recuperato e riavviato alla produzione il 97% del materiale evitando così il rilascio in atmosfera di ben 110mila tonnellate annue di gas serra, e che non avrebbe comportato nessun dato negativo sull’ambiente”.
“Ma i risultati che ne sono seguiti hanno clamorosamente smentito i buoni propositi – conclude Picchi – Dopo appena venti mesi dalla sua installazione infatti, l’impianto è stato smantellato a causa delle ingenti perdite economiche e dei cattivi odori. A seguito di questa negativa esperienza, tutte le altre aziende progettate non hanno avuto il consenso a partire, compresa quella prevista nei dintorni di Londra.
L’articolo del quotidiano specializzato che riporta questa vicenda termina con la seguente frase: l’impresa si indirizza ormai verso l’Africa del Sud. Termina Picchi. Ora siamo a conoscenza di ulteriori importanti elementi che ci inducono ancor più, a non fidarci delle loro promesse”.