“Lei”, si salva solo il protagonista Joaquin Phoenix

6 aprile 2014 | 19:00
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“Lei”, si salva solo il protagonista Joaquin Phoenix

Un’idea strana, paradossale, esattamente ciò che si disse anche quando uscì Essere John Malkovich, eppure quel film travolgeva, sconvolgeva, questo invece lascia indifferente. L’amore fra un computer ed un uomo, può sicuramente essere raccontato, il problema è il come. I dialoghi fra lui e la macchina sono noiosi, superficiali, a volte fanno ridere, ma non è la reazione che si voleva ottenere con questo film. Da cosa dipendono le risate? Probabilmente il film non porta ad accettare alcune cose, non le motiva attraverso il vissuto dei personaggi e questo porta lo spettatore ad essere totalmente estraneo ed incredulo a quello che sta vedendo. Le scene poi sono lente e ripetitive, tranne il finale che invece lascia spiazzati, ma non in senso positivo, come se fosse un po’ buttato là.

La critica alla nostra società sempre più dipendente dai computer e dagli smartphone quasi fossero un prolungamento della mano, funziona bene per la prima parte dell’opera, ma poi si perde anch’essa e non si riesce a capire se l’argomento trattato volesse essere realmente una critica oppure un pretesto narrativo.
La trama tratta di Theodore (Joaquin Phoenix), un uomo solitario che acquista un rivoluzionario sistema informatico con intelligenza artificiale. Il nome della voce del sistema operativo è Samantha, che si dimostra capace di provare emozioni. Il rapporto di Theodore e Samantha crescerà e l’amicizia si trasformerà, appunto, in amore.
Da salvare in questo film la direzione degli attori e più di tutti l’interpretazione di Joaquin Phoenix, che riesce a interpretare perfettamente la solitudine e lo squallore della vita di Theodore.
Il voto è 5: non emoziona, non lascia niente, se non la certezza che stavolta Spike Jonze non ha dato il meglio di sé.

Damiano Baccetti