“Gigolò per caso”, non solo un omaggio a Woody Allen

21 aprile 2014 | 08:34
Share0
“Gigolò per caso”, non solo un omaggio a Woody Allen

Musica alleniana, fotografia alleniana, New York alleniana. E’ un piccolo omaggio al regista di Brooklyn Gigolò per caso di John Turturro, storia di un fioraio – Fioravante/Turturro – che per fronteggiare la crisi economica si improvvisa tombeur de femmes a pagamento, incalzato nella sua nuova attività da un Woody Allen invecchiato ma in forma smagliante. Intenso e malinconico, Turturro mostra ancora una volta le sue qualità di attore versatile. Allen, dal canto suo, ricorda i personaggi di sempre, individualisti, un po’ cinici, ipocondriaci e vili quanto basta, perplessi, geniali. E anche per questo convince. Proprietario di una libreria che sta chiudendo – simbolo di una cultura che sempre meno spazio ha nella società contemporanea – Murray (Allen), nelle vesti di un moderno lenone plautino, propone all’amico Fioravante di colmare i vuoti sentimentali e guidare al piacere – non a caso il nome d’arte del novello dongiovanni è Virgilio, guida per eccellenza – le signore della New York bene e di spartirsi i lauti compensi. Un modo come un altro per sbarcare il lunario, dunque, cogliendo i frutti del mestiere più antico del mondo. Tra le ricche e annoiate signore newyorkesi, Sharon Stone e Sofia Vergara che, seppure donne bellissime e facoltose e forse per questo estremamente esuberanti, mostrano entrambe il bisogno di essere coccolate e accudite, innescando relazioni uomo-donna molto diverse da quelle solitamente portate in scena da Woody Allen.

Ed è forse questo il principale punto di rottura tra Turturro e l’amico Allen, che diresse il regista italo-americano in Hannah e le sue sorelle, le cui rappresentazioni dell’universo sentimentale virano sempre sull’intellettuale – complici donne intelligenti e colte – tralasciando le implicazioni più sensuali e tenere dei rapporti. Per il resto il film è un vero ricettacolo di stilemi alleniani, dai numerosi riferimenti letterari alle ambientazioni ebraiche, dalle riflessioni sulla morte allo stile bitonale, che alterna ironia – affidata principalmente a Murrey e al suo mondo, una famiglia multiculturale, allegra e anticonvenzionale – a serietà, senza che questa alternanza sia mai stridente. Deliziosa Vanessa Paradis nel ruolo di Avigal, eterea come le composizioni floreali di Fioravante cui la fotografia dedica molto spazio, vedova di un rabbino e vittima di un’ortodossia religiosa con la quale Turturro – o Woody Allen? – non esita a fare i conti. Affidando a Murray, che sul finire del film si trova di fronte a un tribunale chassidico pronto a giudicarlo, la riflessione, seppure in nuce, sugli eccessi delle religioni. Quando i vecchi consiglieri chiedono all’imputato Allen se è orgoglioso di essere ebreo lui risponde infatti “Orgoglioso e un po’ spaventato”, un’affermazione che incarna bene il rapporto ambivalente con la religione, da sempre cifra distintiva del cinema alleniano. Un film composito, dunque, Gigolò per caso, nella forma e nei contenuti, che riflette sui grandi temi dell’umanità – l’amicizia e l’amore, il lutto e la solitudine – con leggerezza e ironia ma che è meno comico di quanto le etichette di genere vorrebbero far credere. L’allievo Turturro non supera il maestro Allen ma dimostra quanto meno, attraverso un citazionismo dal sapore postmoderno  da non confondere con mera imitazione, di averlo digerito e fatto suo.

Alice Baccini