Maleficent, ovvero l’amore vero e la potenza delle donne

Salvifiche, rassicuranti e portatrici di verità, le favole sono da sempre lo specchio delle epoche, e noi stiamo assistendo ad un cambiamento culturale che si è già compiuto.
Della nuova fatica Disney di Robert Stromberg, con protagonista la signora Angelina Jolie, Maleficent, sono state scritte molte recensioni, alcune estremamente superficiali, altre decisamente fuorvianti. Maleficent infatti non ha nulla a che vedere con il femminismo, né tanto meno con un ipotetico amore lesbico tra Aurora e la sua fata madrina.
L’antefatto de La bella addormentata nel bosco, affonda le radici in una terra fertilissima che si rifà e ritorna al femminino della Dea Terra, un percorso che richiama piuttosto la tradizione archetipa della Clarissa Pinkola Estès, che richiama l’eco delle tradizioni di matrice matriarcale, che conosce e dunque utilizza gli strumenti ciclici del sentire al femminile rifiutando – quello sì – energicamente l’impostazione lineare di stampo maschile. Una donna lupa ferina e materna al contempo.
Un antefatto che esalta l’amore vero – qualsiasi esso sia – quello autentico e genuino. Un amore che va oltre la morte, gli errori, le vendette, un amore che è puro e leale e che non presuppone un amore filiale o parentale per assurgere al rango di amore. Il rapporto che si crea tra Aurora e Malefica è complesso, nulla lega le due eroine se non vecchie vendette e verità nascoste. Eppure tra loro si crea un legame indissolubile e profondo, un vincolo che nemmeno la morte potrà spezzare.
Malefica conosce la natura, la rispetta e proprio in virtù di questa conoscenza profonda, la domina: il potere è legato al rispetto. Stefano (il futuro re e padre di Aurora) le fa invece da contraltare: per lui il potere è qualcosa che si compra non importa a quale prezzo, ma il prezzo da pagare per sanare la sete dell’inetto Stefano sarà solo Malefica a pagarlo.
Stefano taglia le ali di Malefica per ottenere il trono: l’urlo straziante della fata violata è la voce di tutte le donne tradite. Malefica d’altronde è il punto di arrivo di una serie di eroine che avevano già parlato un’altra lingua, declinando le stesse verità: Ribelle e Anna, la regina di Frozen, sono le altre protagoniste che si sono poste fuori dal coro. Ribelle rifiutando il matrimonio, non accetta che potere e felicità passi da un uomo, dall’altro il racconto approfondisce il rapporto complesso tra madre e figlia. Due donne che parlano lingue diverse e che conquistano la comprensione solo quando non restano più parole da dire. In Frozen si parla del potere femminile, che può essere estremamente pericoloso se non conosciuto, e dunque gestito. Il prezzo da pagare è l’esilio. Anna è libera di essere se stessa solo nella solitudine del ghiaccio. In palio ancora una volta, l’amore: sia esso per un uomo che per i propri affetti. Le figure maschili ne escono massacrate: una sfilata di uomini inutili, pavidi, marginali, si salva solo la figura del compagno di viaggio o dell’amico pasticcione ma sincero. Che ne è stato dunque del principe azzurro? Già in Shrek aveva vacillato, ma era stato comunque ben bilanciato dalla forza dirompente dell’orco verde buono e irresistibilmente simpatico e tenero.
Adesso è diverso. La storia si compie e la donna assume piena consapevolezza del suo potere di vita e di morte, e per dirla come la Pinkola Estès di dare vita e di avere il coraggio di guardare in faccia la donna scheletro: di affondare le unghie nelle nefandezze della propria anima e di offrire comunque una comprensione salvifica. Un percorso obbligato: solo chi è capace di attraversare il dolore, quello che ti squarcia l’anima – il parto, lo stupro, la perdita di un figlio – sono solo loro che detengono il potere. Non una corona né un regno, ma la capacità di resistere continuando ad accudire, a respirare e nonostante tutto ad amare.
D’altronde non è un caso che la signora Jolie sia stata insignita dalla regina Elisabetta II del titolo di Dama Capitana dell’Ordine di San Michele e San Giorgio per il suo impegno a fianco dell’Onu, e che ultimamente la sta vedendo impegnata sul fronte degli stupri nelle zone di guerra, il più bieco dei mezzi per affermare un potere politico ai danni di milioni di donne.
Sono le donne che detengono, non il potere, ma la potenza di sopportare e di decidere, per continuare a vivere e a dare la vita nonostante. E se le donne hanno ritrovato le loro radici, la loro ciclicità, la loro immortalità, cosa resta agli uomini se non eliminare coloro che da miti creature relegate nelle pagine di un amor cortese (che ha rivelato ormai le trame lise e consunte di un perbenismo borghese), sono percepite piuttosto come la vera minaccia al loro universo?
Una risposta femminile potrebbe essere quella di affidarsi a queste donne accettando il cambiamento.
Non si può credere di poter trattenere l’acqua del mare a mani nude.
Tiziana Alma Scalisi