Al Pacino acclamato al Festival del Cinema di Venezia

Eroe della giornata di oggi (30 agosto) al Festival del Cinema di Venezia è sicuramente il divo Al Pacino, ospite al Lido per presentare addirittura due titoli. Il primo in concorso, diretto da David Gordon Green e intitolato Manglehorn; il secondo presentato fuori concorso, diretto da Barry Levinson e chiamato The Humbling. Facendo invece una breve carrellata sui titoli presentati ieri, ha esordito in concorso il primo film italiano, Anime Nere, di Francesco Munzi. Il film è un affresco del nostro Paese prima ancora che della criminalità organizzata. Amicizie, famiglie, sogni, passioni, tutto si frantuma di fronte ad una strada violenta e spietata, una strada che cerca la scorciatoia delle minacce per ottenere tutto e subito ma che inevitabilmente porterà ad una destinazione poco felice.
Francesco Munzi lavora bene con gli attori e nel ricostruire un ambiente piccolo, sporco, claustrofobico dal quale non si riesce a trovare via di fuga (macchina da presa molto vicina agli sguardi e ai corpi dei personaggi), però in fin dei conti il suo film non aggiunge nulla di nuovo a quanto già detto e ridetto negli ultimi anni, soprattutto da noi in Italia dove il fenomeno Gomorra, tra libri film e serie tv, ha dato i suoi (buoni) frutti. Anime Nere è un’opera che non intacca mai fino in fondo lo spettatore, che non indaga più del solito l’ambiente camorristico e che non propone una chiave di lettura nuova o originale. Eppure la pellicola si lascia guardare anche se ostacolata da una sceneggiatura un po’ troppo macchinosa che ci mette tanto ad ingranare. Per questi motivi alla fine della proiezione il regista si merita i nostri applausi. Consegnare questo progetto in una mano meno esperta o appassionata, non avrebbe sicuramente dato lo stesso risultato.
Sempre in concorso è stato presentato il film d fiction per ora più convincente visto sugli schermi veneziani, 99 Homes, di Ramin Bahrani. La pellicola sembra essere il prodotto meglio confezionato sia dal punto di vista della scrittura (ottima la sceneggiatura vivace e in costante tensione) che della regia e dell’interpretazione degli attori (primo su tutti Michael Shannon). Il film indaga una realtà molto attuale e poco affrontata dal cinema, costruendo una storia di loschi agenti immobiliari che si arricchiscono sfrattando dalle proprie abitazione le persone più povere. Il protagonista dovrà sporcarsi le mani se vorrà rimanere a galla in questo mare di squali, e da vittima si trasforma in carnefice attraverso un percorso credibile e dosato. Il film però, in una seconda parte più canonica e frettolosa, sposta la sua lente su riflessioni abbastanza scontate come il valore delle proprie scelte morali a discapito di una cinicità dettata dalla legge della giungla. Risultando dunque meno profondo e perfetto di quanto possa apparire, 99 Homes rimane comunque uno dei titoli più apprezzati per il momento.
Infine è doveroso spendere due righe per lodare l’ultima pellicola del veterano Peter Bogdanovich che fuori concorso ha presentato la commedia She’s Funny That Way, una sorta di omaggio alle screwball comedy della Hollywood classica, giocata tutta sugli equivoci, con una sceneggiatura perfettamente calibrata e dialoghi frizzanti. Girato tutto in interni, il film si diverte e ci diverte nel massacrare i suoi personaggi, dipingendo una società egoista e ruffiana della quale però, come suggerisce il titolo, è giusta a volte riderci sopra e prenderla così com’è. In ottima forma il cast (tra i vari nomi ricordiamo Owen Wilson e Jennifer Aniston) che sicuramente regala una marcia in più a questo prodotto che riesce a mescolare la giusta dose di malinconia e serenità.
Simone Soranna