Festival di Venezia, Pacino superstar. Delude il film di Saverio Costanzo

2 settembre 2014 | 07:09
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Festival di Venezia, Pacino superstar. Delude il film di Saverio Costanzo

Al Pacino è passato da Venezia. Ce ne siamo accorti tutti, sia per il gran numero di fans pronti a scattare foto e strappare autografi, sia perché il divo ha presentato ben due titoli in rassegna, uno in concorso e uno fuori.
Il primo, diretto da David Gordon Green racconta delle riflessioni che un anziano fabbro (Pacino) inizia a porsi riguardo il valore degli affetti, la solitudine e la qualità della vita. Il film convince ben poco ma sembra essere una perfetta rampa di lancio per il titolo diretto da Barry Levinson in cui il divo interpreta un attore in crisi artistica ed esistenziale (un personaggio che dunque prende le mosse sia dal film appena citato che dall’ambiente descritto nel film d’apertura della mostra, Birdman).

Sempre in concorso è stata anche la volta di un altro italiano, Saverio Costanzo, alle prese con una trasferta americana in Hungry Hearts. La pellicola prova ad indagare il rapporto tra marito e moglie di una coppia solidissima nel momento della svolta più importante della loro vita, la nascita di un bambino. L’isteria e le forti convinzioni nutrizionistiche della mamma del neonato, porteranno il bambino a rischiare la vita e il padre a ribellarsi cercando soluzioni estreme pur di far fronte al problema. Il film ha un buono spunto iniziale e accompagna lo spettatore passo dopo passo fin dentro la tragedia, ma da quando l’opera inizia ad entrare nel vivo, la bussola del regista perde qualsiasi coordinata. Provando ad avvalorare il tutto in maniera ingenua con scelte registiche elementari ed ingenue (come l’accompagnamento musicale totalmente forzato) che dovrebbero mirare ad una maggiore tensione e claustrofobia, Costanzo rischia di ridicolizzare un prodotto che aveva tutte le carte in regola per poter diventare un buon film.
Passato quasi in punta di piedi e in silenzio, lascia respirare un grande senso di malinconia l’opera documentaristica diretta da Ron Mann incentrata su Robert Altman. Compiendo  una carrellata, seppur frettolosa (2 minuti circa per ogni titolo), della lunga carriera cinematografica e televisiva del protagonista del film, Mann ha a disposizione moltissime e preziosissime immagini di repertorio dove l’eroe della sua pellicola può ancora dire la sua in prima persona. Il documentario lavora per sottrazione, intervistando diversi attori illustri (tra i quali anche il defunto Robin Williams) chiedendo ad ognuno di loro di definire a piacimento l’aggettivo “altmaniano”, riesce a divertire grazie all’ironia prorompente di Altman stesso durante alcuni sui interventi televisivi e/o universitari, riesce a fare un affresco veloce dei mutamenti di Hollywood negli ultimi 50 anni circa (questo il periodo di attività del regista) e soprattutto ne costruisce un sincero omaggio. Il problema di lavori come questo però è che gli obiettivi appena descritti e pienamente raggiunti dalla pellicola, siano quasi una sorta di punto di partenza imprescendibile, infatti se si vuole omaggiare e ripercorrere la carriera di un autore, non si può non iniziare da questi elementi. Ecco allora che la critica che si può muovere al film è proprio quella di non inventarsi nulla di nuovo, di non rischiare nemmeno un po’, rimanendo dunque in una struttura più classica e superata visti gli sviluppi notevoli che il genere documentario sta avendo da diversi anni a questa parte.
Presentato fuori concorso invece, l’attesissimo ritorno sul grande schermo di una delle più fresche e attive case di produzione di cinema d’animazione a passo uno (ovvero in stop motion) che dopo averci deliziato con Coraline e la porta magica e Paranorman, sforna un ultimo lavoro che, diciamolo sin da ora, risulta essere il più debole della carriera. Boxtrolls (questo il titolo del film) infatti, si avvale di un’animazione fluida ed efficace, di un 3D sopportabile ma ingiustificato, ma quel che più noce al film è la struttura di una storia troppo elementare e per nulla innovativa (quindi l’esatto contrario delle caratteristiche che erano presenti nei titoli precedenti). I bambini si divertiranno di sicuro e la morale è garantita, però da questo team già consolidato ed assodato ci si potrebbe e ci si dovrebbe aspettare di meglio. Peccato.

Simone Soranna