
L’anno di cinema è iniziato con Vice – L’uomo nell’ombra (2018) di Adam McKay, in sala dall’1 gennaio, ed è subito film da Oscar. Cominciare con le parole “date un oscar a quell’uomo” non sarebbe sbagliato, ma scontato, visto che non è solo la stella di Bale a brillare in questa pellicola. Vice è un film che analizza la storia passata, recente e contemporanea vista dagli occhi di un eterno secondo, quale Dick Cheney. Ma dire solo “vista” sarebbe riduttivo, in quanto la storia è proprio modificata dalle sue azioni, più indirette che dirette.
Il famoso proverbio scritto da un anonimo Beware the quiet man ripreso durante il film ricalca a pennello le vicende dello stesso. Bale/Cheney infatti è il tipico uomo dietro le quinte, quello che muove i fili, il tizio che fa animare le marionette secondo il suo volere. Non lo senti mai alzare la voce, urlare per dimostrare la sua superiorità o incutere timore. Proprio questo alone di potere latente è il mantello che scende dalle grosse ed estremamente robuste spalle di un Cheney che è sempre pronto a imprimere il proprio pensiero nella mente altrui, ma sempre rimanendo nell’ombra. E McKay, dopo l’esperienza de La Grande Scommessa, riesce a incutere nello spettatore una sorta di odio intrinseco verso questo personaggio, questo “primo tra i perdenti” che riesce ad usare le persone non toccandole mai in maniera tangibile, come una folata di vento. Ma proprio come una forte sferzata d’aria, al momento giusto, può cambiare la rotta di una barca a vela, lo stesso Bale/Cheney riesce praticamente a comandare anche se non è il comandante. Riesce a scrivere quello che vuole anche se non ha la penna tra le dita. Riesce a farsi amare anche se ha un cuore più malandato dei nostri oceani di plastica.
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