‘Alita: angelo della battaglia’, funziona l’accoppiata Cameron-Rodriguez

Al cinema c’è Alita: angelo della battaglia di Robert Rodriguez. La pellicola è la trasposizione cinematografica del famoso manga seinen dal titolo omonimo, scritto da Yukito Kishiro nel 1990, che segue le vicende di Alita (Rosa Salazar), una giovane cyborg con un cervello umano, che non ha memoria della sua vita precedente, trovata in una discarica dal Dottor Ido (Christoph Waltz).
James Cameron se ne innamorò dieci anni dopo, segnalato da Guillermo Del Toro, ma il progetto rimase in naftalina per tanti anni. Finché, recentemente, non venne riesumato proprio dal regista di Aliens e affidato alla esperte mani di Robert Rodriguez. In teoria.
In pratica, Cameron risulta come produttore e sceneggiatore, ma in realtà Alita è al 100 per cento una sua creatura, dell’impronta tipica di RR non vi è traccia significativa.
Non è un problema comunque, il film scivola via benissimo, le ambientazioni sono riprodotte il più fedelmente possibile all’opera cartacea, strizzando l’occhio pure ai due episodi Oav usciti nel 1993, mescolando trame e personaggi nella maniera più indolore possibile.
Certo, una premessa è d’obbligo: è difficile proporre un’opera seinen sul grande schermo con uno stile occidentale. Culture agli antipodi e impatti diversi, ma nel complesso Cameron sembra abbia fatto un buon lavoro.
Come sarà andato il lavoro di trasposizione? Scopritelo nella recensione completa di Project Movie a cura di Damiano Donati.