‘Salvezza’, il reportage sulla nave Aquarius diventa fumetto

31 ottobre 2018 | 12:06
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‘Salvezza’, il reportage sulla nave Aquarius diventa fumetto
‘Salvezza’, il reportage sulla nave Aquarius diventa fumetto
‘Salvezza’, il reportage sulla nave Aquarius diventa fumetto

Un Lucca Comics ‘bagnato’ ma sempre carico di emozioni. Dopo il taglio del nastro di questa nuova edizione che già dalle prime ore di questa mattina ha visto in strada l’invasione di cosplay e appassionati del fumetto, tra le mura della manifestazione più attesa dell’anno anche un evento speciale che ha fatto battere le mani ma anche tanti cuori. Alle 11 in sala Tobino è stato presentato Salvezza, il graphic novel firmato da Feltrinelli Comics che ha messo nero su bianco il reportage della nave di soccorso Aquarius, di recente finita spesso sulle pagine di cronaca. A presentare il fumetto naturalmente i due autori, Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso, gomito a gomito con Alessandro Porro, soccorritore della Croce Rossa Italiana che ormai da tempo presta soccorso alle tristemente celebri ‘navi della morte’. Presenti in sala anche i ragazzi del liceo scientifico Majorana di Capannori che, durante lo showcase di Bonaccorso, hanno intervistato i due reporter.

L’Aquarius, per chi non lo ricordasse, è la nave bianca e arancione con cui gli operatori di Sos Méditerranée e Medici senza frontiere soccorrono i migranti al largo della Libia: arancione proprio come il colore dei giubbotti di salvataggio, il colore di una speranza che in quelle pagine colme di sfumature neutre risalta come un fiore nel cemento. Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso, come hanno raccontato ai ragazzi, sono stati a bordo della nave per tre settimane raggiungendo il cuore del Mediterraneo dove, purtroppo, i soccorritori sono soliti assistere a scene strazianti e disumane…ma anche commoventi. Un tratto di mare maledetto, quello tra le coste della Libia e l’Italia, che purtroppo conta ogni settimana un gran numero di vittime. Questa storia in bianco e nero nasce proprio dalle testimonianze raccolte da Marco e Lelio. Ci sono loro stessi, con i loro volti e le loro emozioni, ma soprattutto ci sono i viaggi di chi ha percorso il deserto in cerca di una vita migliore, le denunce di chi fuggiva dalla guerra ed è rimasto prigioniero in Libia, i racconti di chi ce l’ha fatta e i sorrisi di chi ha salvato loro la vita. Un duro, realistico e poetico promemoria. Ma soprattutto, di fronte alla peggiore strage del nostro tempo, un invito a restare umani. Salvezza quest’anno ha inoltre ricevuuto il Premio Etnacomics come miglior fumetto di Graphic Journalism.
“Già da tempo sentivamo parlare in modo disumano di queste navi – raccontano gli autori – venivano definite ‘i taxi del mare’, parole raccapriccianti. Per questo abbiamo deciso di essere spediti a bordo di una di esse per vedere con i nostri occhi cosa davvero stesse succedendo. Volevamo vedere come operavano i soccorritori, volevamo testimoniare ciò che accadeva là sopra. Dopo mesi di lavoro dedicato al tema dei migranti un’esperienza così mancava, dovevamo partire. Abbiamo deciso di creare un reportage sotto forma di fumetto perché a nostro avviso il fumetto è una comunicazione rapida, universale e immediata che riesce a trasmettere emozioni. Certamente anche il cinema e molte altre forme d’arte sanno farlo, ma il fumetto è un qualcosa di più immediato, di spontaneo. Non c’è bisogno di mettere in posa nessuno, solo le emozioni su un pezzo di carta”.
Durante l’incontro è stato proiettato anche un breve video girato dai due reporter in cui sono state riprese alcune toccanti scene di un salvataggio. “E’ il tuo bambino?”, chiede una soccorritrice con un neonato in braccio, “Sì’’, risponde una giovane donna in lacrime che pensava di averlo perso tra le onde per sempre. Nel video anche ciò che resta di uno dei barconi: vestiti lasciati a terra, pezzi di pane qui e là portati per il viaggio da quella casa che di buono non ha mai donato nulla.
“La nave Aquarius – ha spiegato il soccorritore della Croce Rossa – è una nave con una clinica a bordo in cui operano circa 40 persone. Anche se da qualche tempo se ne parla meno purtroppo il tasso di mortalità in quel tratto di mare è sempre molto alto. Scene che non dovrebbero esistere, scenari a cui dovrebbero pensare l’Europa e gli stati, non persone civili e volontarie come me che nella vita fanno un altro mestiere. Dalla nave cerchiamo di individuare tramite la Guardia costiera dove si trovano – spiega il soccorritore – ma adesso non risponde più nessuno. Provate voi stessi a fare i numeri, li trovate anche su internet. Esistono tre diverse tipologie di imbarcazioni : quelle di ‘lusso’, se così lo possiamo definire, sono fatte in vetroresina. Queste imbarcazioni sono molto rare da vedere, solitamente sono aquistate da privati. Un tentativo di fuga autofinanziato. Poi ci sono i famosi ‘barconi’, l’incubo dei soccorritori : sono pescherecci che vanno dai 12 ai 15 metri e possono contenere ben 600 persone. Ai più più alti, quelli esterni, vanno le persone che hanno pagato di più. Sotto, invece, tra la puzza di carburante e scarichi chi non ha potuto permettersi un viaggio migliore. In tantissimi arrivano sulle nostre coste già morti per soffocamento. Poi ci sono loro, i gommoni : imbarcazioni spesse un millimetro non adatte a stare in mare. Sui gommoni vanno circa 200 persone e quando da noi ne arrivano meno di cento sappiamo già che sono tutti in mare. Non sono adatte a stare in mare, tanto meno a trasportare persone : se solo una di queste cade, e su queste imbarcazioni si sta sempre in piedi per occupare meno spazio possibile, cadono anche tutte le altre. 24, 36 ore così, in piedi sulle onde. Provate a immaginare”.
“Appena siamo saliti a bordo – raccontano gli autori del fumetto – ci siamo subito resi conto che siamo bombardati da menzogne : non è vero che le Ong vanno a prendere i migranti sulle spiagge della Libia, non è vero che vengono localizzati con i radar e che ci sono dietro grandi finanziamenti, non è vero nemmeno che le navi fanno accordi con i trafficanti. Le barche arrivano, l’Aquarius soccorre. La migrazione – spiegano – non è un problema generato dalle Ong, è un fenomeno che è sempre esistito e sempre esisterà. Spesso nella storia dell’uomo si è identificato un nemico su cui scaricare colpe e malessere: dopo la prima guerra mondiale e la crisi sono stati gli ebrei a pagarne un caro prezzo. Adesso, dopo una disastrosa crisi economica che ha coinvolto il nostro Paese e il mondo intero, siamo passati ad accusare i migranti. Questa crisi economica non l’hanno creata i migranti, l’hanno creata le grandi banche, i grandi stati che adesso sono i primi a puntare il dito contro un nemico immaginario. Un nemico che non può votare, un nemico che non si può difendere e che nella maggior parte dei casi non comprende nemmeno la nostra lingua. Non vi sentite un po’ presi per il culo?”.

Giulia Prete