
L’avvento di internet e dei social network ha trasformato la nostra vita: ogni settore dell’attività umana si è evoluto radicalmente grazie alle molteplici soluzioni offerte dalla tecnologia e lo stesso si può affermare anche in relazione al mondo dei fumetti. Si tratta di un mondo editoriale che ha sentito particolarmente questo fenomeno, a causa del quale si è dovuto necessariamente confrontare con delle sfide e attuare molti e incredibili cambiamenti sia nelle sue strutture interne che nel modo di affacciarsi al pubblico. Su queste tematiche si è svolta una interessante conferenza all’interno del Lucca Comics and Games 2019 mercoledì (30 ottobre): alle 12 in anteprima nazionale, all’interno del teatro San Girolamo è stato proiettato il documentario Fumetti verticali, dall’editoria alla rete, che attraverso una rassegna di interviste a fumettisti, editori, critici giornalisti ed altri esperti del settore, si è cimentato con una questione fondamentale per il mondo dell’editoria. L’avvento di internet ha migliorato o peggiorato questo settore? Il fumetto in particolare ha dovuto attuare molti cambiamenti per stare al passo con i tempi: li dobbiamo intendere come una perdita o un arricchimento rispetto al passato, un passo in avanti o un impoverimento?
Intorno a questi interrogativi di fondo molti sono stati i temi toccati nel docufilm presentato da realizzato da Daniel Oren, un progetto che ha coinvolto 42 intervistati attraversando tutta l’Italia in lungo e in largo, per raccogliere il parere di personalità più o meno di spicco nel settore della nona arte. Francesco Pierucci, Filippo Cattaneo e Alessio Zanin, rispettivamente motion graphic, il content editor e il sound designer, hanno diretto la presentazione che ha alternato ai 62 minuti di visione del documentario un interessante dibattito sul futuro dell’editoria fumettistica fra giornalisti e artisti, quanto mai toccati dall’evoluzione in corso. Fra le molte questioni aperte nel documentario, una delle più sentire dai fumettisti riguarda il passaggio dal foglio di carta alla tavoletta grafica. C’è chi la saluta positivamente in virtù dei tempi che taglia nel processo produttivo visto che il digitale permette il taglio di molti passaggi, chi invece la critica ripensando con nostalgia al piacere della matita sul folio di carta. Due scuole di pensiero, quindi che si contrappongono in nome o del digitale o della carta, una questione fra cui si fanno spazio alcune voci intermedie: alcuni giovani fumettisti non la pensano infatti nei termini di un’alternativa, ma come un arricchimento che la tecnologia può apportare senza che gli originari mezzi di produzione, carta e matita, vengano buttati nel cestino.
A partire dalle questioni di fondo come carta o foglio elettronico, il docufilm s’interroga sulle importanti novità artistiche nate grazie alle tecnologie: realtà come il motion comic, per esempio, una sorta di disegno interattivo sviluppatosi dalla combinazione di grafica, suono, movimento ovvero un fumetto vivo, parlante. Quale sarebbe però il confine fra la nona arte e il cartone animato in questo caso? Il motion comic si trova sulla interessante linea di confine fra due mondi artistici, non riuscendo a rientrare pienamente in nessuno dei due, la cui definizione non lo esaurisce.
Oggetto di interesse e largamente discusso è stato anche il cambiamento nell’ambito del marketing e dell’autopromozione degli artisti. Inutile negare il grande impatto visivo e sociale che realtà come facebook, instagram e altre piattaforme contribuiscono in maniera determinante a dare agli artisti in primo luogo, e anche, tramite questi, alle case editrici. “E’ quasi impossibile – constatano gli intervistati all’unisono – restare al di fuori di queste piattaforme: sarebbe l’equivalente di non esistere, auto tagliarsi al di fuori del mondo editoriale destinandosi al declino”. La pubblicità che garantisce il web infatti è ormai la spinta fondamentale di ogni autore, sia all’inizio del proprio percorso che nel suo evolversi: c’è la possibilità di far conoscere il proprio prodotto e, tramite questo, il proprio nome, acquisendo likes e condivisioni. Tuttavia, non si può ignorare l’altra faccia della medaglia di un meccanismo che appare vincente al cento per cento, nascondendo però molte insidie: una di queste, sottolineano gli intervistati, ricade in modo trasversale su chiunque possiede un profilo sui social, ossia il rischio di confondere, fino a sostituire, la vita pubblica da professionista con quella privata. La tensione a sponsorizzare la propria persona attraverso il prodotto creativo, sfocia spesso nella pubblicità di sé stessi: ecco che l’attenzione tende quindi a focalizzarsi moltissimo sull’immagine dell’artista, che acquisisce un’aurea da personaggio pubblico, da divo, mentre fino a poco tempo fa la sua visibilità si limitava ai personaggi usciti dalla sua matita. Un tempo dietro al foglio di carta, adesso sulle pagine web: l’artista stesso rischia di atteggiarsi come un’opera d’arte, quasi dimenticandosi che l’oggetto da sponsorizzare non è sé stesso.
Un’altra questione è stata al centro del docufilm. E’ impossibile negare che realtà come il crowdfunding, nate sul web, si è sostenuto, aprano molte possibilità ai nuovi artisti emergenti permettendo di raccogliere i finanziamenti di un ampio pubblico di fans e interessati stando semplicemente a casa, dietro al pc: “Un meccanismo che inoltre crea un legame molto forte con i propri lettori”, affermano molti intervistati riflettendo sul senso di responsabilità e sul forte incremento della loro attività professionale che tale mezzo di finanziamento ha incrementato. Protagoniste del documentario sono infatti state realtà come patreon, wilder online e prima o mai. Nel primo caso si tratta di una piattaforma che permette ai fumettisti e più in generale agli artisti, di pubblicare online i propri contenuti ricevendo dai propri patrons, i benefattori, finanziamenti in forma di donazioni libere, continuative o saltuarie. Wilder è invece un’etichetta indipendente che mette a disposizione dei lettori le serie dei loro fumetti preferite in modo gratuito. La realtà di prima o mai offre invece la possibilità di acquistare online prodotti editoriali unici, perché realizzati per restare in vendita circa una mensilità: il loro possesso rappresenta quindi una preziosa opportunità esclusiva, che incoraggia anche gli indecisi all’acquisto a brevissimo termine.
Un problema importante a proposito di queste realtà di webmarketing, viene posta in sala al termine del filmato: quanto incidono sulla scelta dei contenuti? “Bisogna avere la capacità di fidarsi, in questi casi.. il web non concede una libertà assoluta e indeterminata, nessuno fa niente per beneficenza, ma piattaforme come Patreon vanno a limitare le libertà degli autori. Dopo tutto stiamo trattando di realtà che vogliono produrre prodotti commerciali, quindi la libertà in senso lato non esiste. Se si sceglie di far parte di questo sistema, se ne devono condividere gli obiettivi, che comprendono il parlare a un determinato pubblico con mirate richieste e aspettative, accettando quindi delle limitazioni in via preliminare”.
C’è un reale pericolo per gli editori di uscire svantaggiati da questa nuova situazione? Aprendo tale riflessione si conclude il dibattito sul potere del web e dei social media nel mondo del fumetto e dell’editoria in senso lato. “C’è stata sicuramente una caduta della grande editoria- rispondono i direttori dell’evento – ma se gli editori sanno gestire questo fenomeno, ci può sicuramente essere un guadagno anche per loro. Creando nuove linee di fumetti più sperimentali, guardando sul web le tendenze degli autori e scegliendo quelli con maggiore seguito. Attenzione però a non identificare il potenziale successo di un’opera con i like che ha su facebook”.