Maruo, maestro dell’horror che ha paura dei cimiteri





Suehiro Maruo, maestro dell’horror giapponese, cui è dedicata una delle mostre di Palazzo Ducale vince la sua naturale riservatezza e si concede, nella Sala dell’Oro della Camera di Commercio, ai taccuini dei giornalisti.
Difficile sciogliere il ghiaccio, il sensei è uomo di poche parole. Ma alla fine ne esce un quadro delle sue abitudini, delle sue ispirazioni, delle sue preferenze. Innanzitutto quella verso il racconto breve: “Preferisco realizzare storie brevi – dice – Nelle storie lunghe mi annoio e mi viene voglia di lasciar perdere, quindi mi devo forzare per vincere questa resistenza. La storia breve, come diceva il maestro Tezuka è più interessante perché è più concentrata. La pensano diversamente le case editrici, che prediligono le storie lunghe”.
Eppura la sua ultima produzione, Tomino La Dannata, è un’opera complessa e articolata: “Almeno un’opera di questo tipo – spiega il maestro – nella vita volevo lasciarla. Non ne farò altre nella vita”.
Maruo è uno dei decani dell’horror giapponese ma, essendo persona di poche parole, nonè in relazzione con altri autori contemporanei. Molti, invece, gli autori importanti nella sua ispirazione: “Ma – dice – sono talmente tanti, nel mondo del cinema, del fumetto e del manga, che non riuscirei sicuramente ad elencarli tutti”.
Scarsa, invece, lo ammette lui stesso, la conoscenza del fumetto occidentale. Cita Moebius e poco altro e anche le storie di vampiri, per lui, non sono di ispirazione occidentale, ma si tuffano completamente nel mondo giapponese.
Una delle sue opere più famose, Il vampiro che ride, è ambientata, a differenza del passato, nel Giappone contemporaneo: “Ne avevo voglia di scrivere una storia ambientata nel Giappone di oggi – dice – e quando si è presentata l’occasione ho realizzato un’idea che avevo da tanto tempo”. Un lavoro lungo e metodico, con grande attenzione ai dettagli soprattutto degli elementi della natura: “Ho tanti libri – dice – di litografia occidentale e lì c’è una maniacalità nei dettagli a cui mi ispiro. I tempi? Ci sono delle volte che ci metto anche due giorni per realizzare una tavola”.
Il sensei si definisce come uomo pigro: va a letto presto e si sveglia presto la mattina. Gli piace, mentre lavora, ascoltare musica: “In particolare ultimamente – racconta – mi piace ascoltare le musiche del musicista inglese che ha realizzato la colonna sonora di Eyes Wide Shut di Kubrick”.
Infine un cenno alle sue paure, proprio a lui che le paure le trasforma in arte. “Mi fa paura il terremoto – ammette – Poi a ottobre scorso era stato annunciato in Giappone un tifone molto grande con tanta acqua. Il governo aveva fatto la mappa di dove avrebbe colpito e la mia casa era proprio al centro. Ecco, in quei giorni ero molto turbato e mi sono spostato a Kyoto”. “Da piccolo invece – chiude il sensei – dove abitavo io si vedeva il cimitero e anche quello mi faceva molta paura. Poi in tv vedevo una serie tv horror che mi condizionava e una volta che dovevo tornare a casa passando di fianco al cimitero chiesi a una mia amica di accompagnarmi”.
Le sue opere sono esposte a Palazzo Ducale fino al termine di Lucca Comics. Il titolo dell’esposizione è “La luna è un buco nel cielo”. Prima di salutare e continuare i suoi tanti appuntamenti in città ne spiega il significato: “L’immagine è infantile – dice – Un bambino se vede la luna vede soltanto un buco nel cielo, non pensa ad altro”.
Un’esposizine tutta da godere, così come l’intera produzione del maestro.
Enrico Pace