
È stato accolto con calore a Lucca Comics Andrzej Sapkowski, l’autore de La Saga di Geralt di Rivia ispirata ai grandi autori del fantasy come Tolkien, Le Guin e Zelazny. Tradotto in molteplici lingue, lo scrittore polacco ha riscosso un grandissimo consenso fra i lettori di tutto il mondo, tanto che le sue storie sono state adattate in un film, una serie di videogiochi, in fumetti e due serie televisive. Un successo iniziato nel 1985 con la presentazione di Wiedźmin (Lo strigo) al concorso letterario Fantastyka dando inizio a una serie di racconti, confluiti dal Novanta in una raccolta omonima. Ne è seguita nel 1992 La saga del destino e una collana di cinque libri, coronata con l’uscita nel 2013 de La stagione delle tempeste.
Edita dalla casa editrice Supernowa, La saga di Geralt di Rivia si articola in una serie di romanzi e racconti popolata da elfi, nani, gnomi ed esseri umani uniti contro la minaccia di malvagie creature che lo stringo Geralt, un uomo modificato geneticamente, combatte insieme alla sua compagnia.
Proprio per la presentazione della serie televisiva The Witcher ispirata alla saga che uscirà su Netflix il 20 dicembre, Andrzej Sapkowski alla presenza del sindaco Tambellini e del direttore dell’evento Emanuele Vietina, si è offerto alla sala del teatro San Girolamo gremita di appassionati.
“Ancora una domanda, ragazzi e ragazze, specialmente ragazze”, scherza Andrzej, che accantona la maschera dello scrittore di best seller per mostrare il suo lato più umano e intimo, conquistando la simpatia e l’affetto di tutti. In un’atmosfera calorosa e informale si susseguono quindi le domande più variegate di una folla di mani che chiede la parola. Le richieste sono tantissime: dalle informazioni più tecniche sui personaggi e le storie alle più personali sulla sua vita, lo scrittore restituisce un ritratto di sé a tutto tondo non mancando di toccare i momenti più importanti e difficili del suo percorso artistico e umano. C’è commozione e malinconia quando visibilmente provato, accenna alla recente perdita del figlio: “Lui non c’è più, questa è la realtà. Lui non c’è ma la vita va avanti. Io sono qui insieme a voi e la vita deve proseguire. La vita è bella!”, si incoraggia con voce tremante. Ma la curiosità del sensibile pubblico verte soprattutto sui processi creativi alla base dei suoi scritti, degli attori che li popolano, delle trame e delle loro ambientazioni: come sono nati i racconti e i personaggi della Saga di Geralt? Cosa lo ha ispirato? “Principalmente la mancanza di soldi”, scherza Andrzej, continuando poi seriamente: “Si dice che nel profondo di ognuno ci sia qualcosa che lo ispira, che a volte vuole esplodere. Nel profondo io avevo qualcosa che voleva uscire. Quando ero giovane scrivevo tantissimo, ma cose così stupide che nemmeno ricordo. Tuttavia era comunque qualcosa e quando a Fantastyka annunciarono la competizione, ho deciso di scrivere ed ‘è successo’, sì, effettivamente è successo così. Più di trent’anni fa, però è successo proprio così, grazie al talento. Ognuno può leggere e scrivere storie, ma solo chi lo possiede lo fa nella maniera giusta”.
È un “dono” che nel suo caso si concentra sulla trama: i personaggi fanno andare avanti l’azione, non c’è un’affezione particolare nei loro confronti, né un processo di costruzione alla base che vi fa confluire tratti e sfaccettature di altri modelli letterari. “Quando creo gli eroi, è solo per servire la storia che è la regina. Tutto deve servire la trama, la cosa più importante perché si deve sviluppare: l’unica funzione dei personaggi – ribadisce – è servire a questo scopo”. Se non vi è alcun sfondo letterario dietro ai suoi characters, molti sono invece i richiami della narrazione ai miti arturiani, che sono per Andrzej “un fondale universale, che ispira e alimenta non solo i miei scritti ma questo genere letterario nella sua totalità, come un archetipo”.
Anche se scrittore di fantasy, tutto il mondo dello storytelling lo affascina. Passa sui libri tantissimo tempo, vivendo con e dentro le storie: leggere è la sua vita, perché alimenta la sua materia di lavoro, l’immaginazione. Non a caso, alla domanda di parlare del suo rapporto con la sceneggiatura, il soggetto e i personaggi della serie netflix The witcher, che ha adattato la sua saga, risponde definendosi “a letter man”: “È una domanda interessante, che tutti mi fanno: ma nessuno mi crede quando rispondo che io non posso vedere le immagini, vedo solo le lettere. Se qualcuno me le mostra, io rispondo ovviamente ‘bellissime’, ma non è vero. La realtà è che io vedo solo parole. Se mi si mostrano fumetti, libri a fumetti o film, non so cosa dire”.
Se questo è il suo rapporto con le immagini, quello con la traduzione? Si tratta infatti di un momento importante, se non fondamentale per un’opera letteraria, che può donare al testo sfumature diverse dall’originale di partenza: gli scrittori intervengono spesso in questo processo visionandolo accuratamente, perché ci si attenga il più fedelmente possibile alla loro versione. In Italia si è addirittura coniata la divertente espressione “traduttori traditori” per sottolineare il pericolo insito nella traduzione, nota scherzosamente Andrzej: tuttavia, per quanto lo riguarda, non ama metter parola in questo lavoro, o molto raramente. Inoltre, se potrebbe intervenire sul francese, l’italiano, il tedesco, per lingue come lo svedese, l’ungherese, il cinese ammette che, quando gli è stato chiesto un parere, non ha potuto fare niente. Sa scrivere e parlare più di venti lingue, ma nei casi sopra detti è nelle mani del “traduttore traditore”: “Datemi da leggere tutto, ma non l’ungherese e lo svedese”, conclude scherzosamente, accompagnato dalle risate del pubblico.
Anche se è in visita a Lucca per la terza volta – “una bellissima città cui sono affezionato” – lo scrittore si augura di tornare presto, come del resto tutti i suoi cittadini. Primo fra tutti il sindaco Alessandro Tambellini, che lo ringrazia calorosamente dal palco del San Girolamo insieme al direttore della manifestazione Emanuele Vietina. Con lo spirito e la saggezza dei suoi 72 anni, Andrzej saluta il suo pubblico, regalando alla città l’impronta della sua mano che, autografata, sarà collocata nella “Walk of fame”, una raccolta di impronte che diventerà un’installazione permanente in un luogo simbolico del centro. “I’m so proud, so proud.. That, maybe, I will just explode! Not here… Thank you Lucca. Thank you once again. You are really making me proud”, conclude.
Martina Del Grosso