
Sagome di bare, in cartoncino, con i nomi degli operai morti sul lavoro in ferrovia. E’ la protesta dell’Assemblea 29 giugno e dei ferrovieri per la sicurezza organizzata davanti al polo fieristico di Lucca, dove è in corso il processo per la strage di Viareggio. Le bare in cartoncino sono state appese sulla ringhiera all’ingresso dell’aula e sopra le foto delle 32 vittime della strage di Viareggio.
All’udienza di oggi del processo per la strage di Viareggio, sono andate in scena le testimonianze dei due macchinisti, Roberto Fochesato e Andrea D’Alessandro, che quella sera erano sul convoglio che deragliò.
Il macchinista, Andrea D’Alessandro, ha ricordato come dopo il deragliamento fermò il treno, scese e iniziò a correre, per mettersi in salvo. Chiamò il dirigente centrale operativo e, vedendo la coltre di gas che avanzava, gli gridò: “Qua esplode tutto, la stazione non c’è più”. Poi il rifugio con il collega all’interno della sede della Croce Verde. “All’entrata di Viareggio – ha raccontato – ad una velocità di 90 chilometri all’ora, quando il limite era 100, abbiamo sentito un grande frastuono, uno sferragliamento, e come se il treno stesse frenando. Ci siamo subito resi conto che stavamo deragliando. Abbiamo fatto il possibile per fermare il treno, abbiamo aspettato che si fermasse. Poi abbiamo preso i documenti e abbiamo cercato di metterci in salvo. Ho avvisato il dirigente centrale operativo, in modo da cercare di bloccare la circolazione”. “Il carico era di 14 cisterne di gpl – ha aggiunto – Abbiamo subito staccato la linea elettrica, abbiamo aspettato che si fermasse il treno e abbiamo cercato di metterci in salvo”.
Ancora più drammatica la testimonianza di Roberto Fochesato: “Ho sentito l’esplosione – ha detto – ero già al riparo alla Croce verde. E’ arrivata una fiamma tipo gas, azzurrina, davanti a me c’era una donna: le bruciava la testa. Prima di scendere dal treno, affacciandomi al finestrino ho visto una nuvola di gas, una parete bianca quindi ho capito di dover scappare. Da quell’incidente non ho avuto lesioni fisica, ma di testa sì, sto ancora male”. Fochesato ha anche risposto un avvocato di parte civile spiegando che sulle locomotive “non ci sono spie che segnalano deragliamenti. Non mi sono accorto dello svio, ero al telefono con un collega. Mi ha chiamato il dirigente del movimento, mi ha detto siete deragliati, frena frena frena”. L’altro macchinista, Andrea D’Alessandro, ha spiegato poi che le locomotive non hanno specchietti retrovisore o telecamere per vedere che cosa accade dietro.
Il dirigente movimento della stazione di Viareggio, Carmine Maglianico ha raccontato gli attimi immediatamente dopo l’incidente: “Ho fermato l’arrivo di un intercity – dice – chiudendo il segnale di ingresso esterno, fuori da Viareggio scalo. E’ stato un miracolo. Se lo scoppio fosse avvenuto due minuti più tardi, i due treni potevano entrare a contatto, perché l’intercity si sarebbe fermato proprio dove stava avvenendo lo scoppio”.
Fra i testimoni anche i rappresentanti della Polfer. Fra questi Nicola Giusti, della polizia giudiziaria: “Non rilevammo – ha ricordato – alcuna anomalia sulla sede ferroviaria. La notte stessa scrissi che la causa dello svio era stata la rottura di un asse del treno e che la temperatura delle boccole non c’entra nulla”.
Il comandante dei vigili, Giuseppe Romano, ha affermato che da subito fra le cause si parlò di “un elemento appuntito: un paletto o un elemento degli scambi”- Romano ha poi ricordato il rischio che anche le altre cisterne esplodessero: “Sono state esposte a temperature alte, ma non per diverse ore”, anche grazie all’intervento dei soccorritori.
Oggi è stato anche il giorno della 24 Iby Ayad, unica sopravvissita di tutta la famiglia. Ha visto morire l padre Mohamed, la madre Talib, il fratello Hamza e la sorellina Iman, di soli tre anni. “In casa . ricora – c’erano mamma, papà, mio fratello e la mia sorella più piccola, di tre anni. Abbiamo pensato a una fuga di gas, nella via c’era come nebbia. Io, mio fratello e papà siamo usciti per urlare ai vicini: “Scappate, scappate”. Poi c’è stata l’esplosione. Solo io sono riuscita a scappare prima che le fiamme arrivassero. Mio fratello era tornato in casa per riprendere la bambina, non l’ho piu’ visto”.
Un’altra abitante di via Ponchielli, Laura Galli, ha raccontato che la sua famiglia rimase chiusa in casa, perché calore aveva fuso porte e finestre. “Ho sentito un boato sordo, la casa che oscillava – ha detto – ho pensato a un terremoto. Sono andata di corsa in camera di mio marito, che stava dormendo. Ha guardato fuori e ha detto: “Qua brucia tutto”- Gridavamo aiuto, da fuori ci hanno sentito. L’ultimo ricordo che ho sono delle braccia che mi sollevano”.
Non ha testimoniato Marco Piagentini, che nella strage perse la moglie e due figli, rimanendo gravemente ustionato: deve sottoporsi a una visita medica. Presente in aula l’ad di Trenitalia Vincenzo Soprano, uno dei 36 imputati.