
di Roberto Salotti
Schiaffeggiata, presa a pugni, minacciata di morte. Costretta, secondo gli inquirenti, a fare sesso dal ragazzo appena conosciuto in un locale di Porcari, che l’ha ingannata, fingendo di corteggiarla e invitandola ad appartarsi per chiacchierare e conoscersi meglio. Un giovane di appena 26 anni, all’apparenza uno come tanti. Insospettabile. Secondo gli investigatori, ha approfittato dell’innocenza e dell’ingenuità della ragazza, 22 anni, anche lei come il suo aguzzino lucchese. Buona famiglia, poche uscite con le amiche più intime. Era con loro la sera che le ha cambiato irrimediabilmente la vita. Una sera di metà ottobre. Centinaia di persone dentro al discobar: tra di loro c’era però anche il suo violentatore.
Accompagnato da un amico, lo ha subito abbandonato per rimorchiare la ragazza. Dopo qualche ballo, l’ha invitata ad uscire all’esterno. Lei si è fidata e con la scusa del freddo è stata fatta salire nell’auto in sosta nel parcheggio. Poi però quel ragazzo che sembrava tanto gentile, ha messo in moto. In pochi minuti ha raggiunto una strada isolata. Lei ha protestato, cercando di chiamare le amiche a cui aveva detto che sarebbe soltanto uscita un attimo. Loro l’hanno sentita pregare il suo aguzzino di tornare nel locale. Invano.
Lui l’ha colpita con uno schiaffo, le ha dato un pugno allo zigomo. L’ha messa a tacere, minacciandola di morte se non ci fosse stata e se avesse provato a scappare. La 22enne era già dentro all’incubo, ma solo quando è stata riportata davanti al locale, soccorsa dalle amiche e sebbene sotto choc, è riuscita a parlare. Si è fatta accompagnare al pronto soccorso dell’ospedale, dove si sono attivate le procedure del codice rosa. Dopo mesi di indagini, i carabinieri sono riusciti ad individuare il suo presunto violentatore. C’è voluto tanto perché nonostante la ragazza fosse sobria e molto lucida nel suo racconto, non conosceva quel ragazzo. Di lui ha saputo dire soltanto che auto avesse e descrivere il viso. Niente di più. Gli investigatori, coordinati dal sostituto procuratore Sara Polino, lo hanno però incastrato passando al setaccio, con l’aiuto della motorizzazione gli oltre 5mila modelli di utilitaria indicata dalla ragazza e confrontandoli con i nominativi degli intestatari, acquisendo dalle anagrafi dei Comuni le fotografie. Una volta ristretto il cerchio sui sospettati, i militari hanno mostrato le immagini alla ragazza che ha vagamente riconosciuto in uno di loro il suo aguzzino. Ma determinante è stato il confronto tra il Dna del sospettato e quello repertato sugli abiti della vittima subito dopo la violenza. Analisi eseguite dal Racis di Roma che hanno trovato una esatta corrispondenza, inchiodando il giovane che adesso è indagato con l’accusa di violenza sessuale.
La notte della violenza. Le circostanze in cui si è consumato l’abuso, sono state ricostruite dagli inquirenti sia nell’immediatezza che poi nella formazione delle prove che inchiodano il presunto violentatore. La ragazza era andata nel locale di Porcari accompagnata da alcune amiche, che l’avevano convinta ad uscire. Si era intrattenuta con loro senza bere perché astemia, fino a quando le si era avvicinato un giovane e aveva iniziato a corteggiarla. La 22enne, schiva ma lusingata da quelle attenzioni, si era fermata a parlare con lui, davanti agli occhi delle amiche che hanno confermato il suo racconto. Dopo un po’ però lui le ha chiesto di uscire e continuare a conversare. I due si sono diretti all’esterno ma il giovane ha subito chiesto di andare nella sua auto per ripararsi dal freddo pungente di quella sera di metà ottobre 2013. Lei si è fidata e lo ha seguito, ma quando ha capito che voleva andare da qualche altra parte ha provato a protestare chiamando le amiche. Lui glielo ha impedito, ma le altre hanno sentito lei che protestava. E lo hanno poi riferito ai carabinieri quando ormai il dramma si era consumato. Il 26enne l’ha picchiata e minacciata, dopo che i due si erano appartati e l’ha costretta ad avere un rapporto sessuale. Poi l’ha abbandonata nel parcheggio del locale, allontanandosi velocemente. Lei disperata è corsa dalle amiche che l’hanno confortata e accompagnata al pronto soccorso.
Le indagini. L’inchiesta si è aperta subito, quando in ospedale sono scattate le procedure del codice rosa. La ragazza, aiutata dai professionisti dell’Asl e sostenuta da una psicologa, ha deciso di sorgere denuncia ai carabinieri. E’ riuscita, nonostante lo choc, a fornire una descrizione accurata del ragazzo e dell’auto sulla quale l’aveva abusata. Ma niente altro. I carabinieri quindi hanno fatto uno screening completo dei modelli di quell’auto in circolazione in Lucchesia, circa 5mila. Un lavoro immane ma passo dopo passo il cerchio sui sospettati si è ristretto a circa 300-400 persone di cui sono state acquisite anche le fotografie. Quelle immagini sono state poi mostrate alla giovane. I sospetti si sono concentrati in particolare sul giovane 26enne. A quel punto i militari sono tornati, anche in borghese, nel locale da cui era partito tutto. Gli investigatori speravano di trovare qualche pista oppure di notare il giovane, che prima dei fatti, era un assiduo frequentatore del posto. Invece lui non si è più ripresentato, ma le amiche che hanno collaborato tornando nel locale – totalmente estraneo alla vicenda e che anzi ha dato il suo contributo agli inquirenti – hanno indicato il giovane che era in compagnia del ragazzo. Lui è risultato totalmente estraneo ai fatti, ma avrebbe confermato la sua presenza nel locale la sera dello stupro. E’ stato invece decisivo l’esito degli esami sul Dna repertato sulla vittima e sui suoi abiti, che corrisponderebbe a quello del giovane indagato.
“Il codice rosa – sottolinea la dottoressa Michela Maielli della task force dell’Asl – mette a disposizione delle vittime di violenze una rete di assistenza che è su tutto il territorio, non solo ai pronto soccorso ma anche nei consultori. Le vittime di questi abusi devono comprendere che non ne sono assolutamente responsabili e devono denunciare le violenze, come ha fatto questa ragazza”.
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