
E’ stato un padre “coraggio” a far smascherare una rete di spaccio internazionale, di cui un giovane corriere lucchese era soltanto una delle maglie che si muoveva, come un fantasma, tra il cartello colombiano della droga, quello peruviano e infine, all’arrivo in Italia, quello della ’ndrangheta calabrese. Il ragazzo, finito in un giro più grande di lui, si è prestato come trasportatore della droga in ovuli in almeno due occasioni, dall’Argentina fino a Bologna e poi dal Perù a Ferrara. Da qui, la cocaina a fiumi raggiungeva i suoi destinatari all’ingrosso che poi la smerciavano in mezza Italia, facendo capo ad un gruppo emiliano: il primo ad essere sgominato dai carabinieri.
L’indagine partita da Lucca, senza precedenti per la città, ha stroncato un colossale giro d’affari, stimato in circa 9 milioni e mezzo di euro. A tanto ammonta il valore al dettaglio della cocaina sequestrata, in tutto 29 chili. Altri 15 chilogrammi sono stati sequestrati dalla polizia spagnola e belga, sempre nell’ambito della stessa indagine condotte dai carabinieri del nucleo operativo di Lucca, guidati dal capitano Lorenzo Angioni e coordinati dal sostituto procuratore Giampiero Nascimbeni della direzione distrettuale antimafia di Bologna, competente per il traffico internazionale di droga al centro della lunga inchiesta che ha preso il nome di Viajero Loco. Venti le persone finite in manette, 13 in flagranza di reato, altre 3 in esecuzione di ordine di custodia cautelare emesse dal gip del tribunale di Bologna. Altre quattro persone sono state invece arrestate dalle polizie locali in Spagna e in Belgio. E nell’ambito della lunga indagine, partita nel maggio del 2011, sono stati sequestrati anche due chili e mezzo di eroina e 400 grammi di marijuana. Il provento dello spaccio confiscato dagli inquirenti è pari a 203.200 euro. Trentasei, invece, le persone indagate a vario titolo nell’operazione.
Il boss, che faceva da trait d’union tra i cartelli, italiano ma latitante e da tempo in Sud America, padrino di un figlio dei capi che controllano il cartello colombiano della cocaina, è sfuggito all’arresto ma su lui pende un’ordinanza di custodia cautelare per il traffico internazionale di stupefacenti. Era lui, secondo gli investigatori, a gestire direttamente gli arrivi al gruppo emiliano, mentre faceva da tramite tra il cartello colombiano e una famiglia di peruviani che gestiva i suoi affari nel torinese. Il suo braccio armato è stato però disarticolato grazie alle indagini dei carabinieri del nucleo operativo di Lucca, che sono stati messi sulla pista giusta dal padre di un giovane corriere lucchese. L’uomo, nel maggio del 2011, si è rivolto disperato ai militari. Preoccupato per le condizioni di salute del figlio, si è presentato in caserma e ha chiesto aiuto. I carabinieri si sono così conquistati la fiducia del giovane che dopo aver abusato di cocaina, in uno dei suoi trasporti internazionali, in uno stato quasi allucinatorio, aveva chiesto soccorso ai suoi genitori, che erano andati a prenderlo dopo il suo secondo viaggio in Sud America. E’ stato lui, pur finito in manette, a raccontare agli investigatori come era stato assoldato e quale era stato il suo compito. Tutto era cominciato durante il suo soggiorno in una comunità di recupero dell’alta Toscana. E’ qui che il giovane è entrato in confidenza con un compagno che gli ha proposto di fare il corriere per il trasporto di ovuli di cocaina dal Sud America all’Italia. Nel mese di gennaio di quell’anno aveva così abbandonato la comunità e, entrato in contatto con il suo “reclutatore”, Claudio Ranko Pawan, 38enne di Bologna, che all’epoca dei fatti era ai domiciliari nella stessa struttura dove si trovava il giovane, era partito con un biglietto aereo da Bologna a Buenos Aires. Dopo un breve soggiorno nella capitale dell’Argentina, aveva ingerito ovuli di cocaina per un totale di un chilo. Droga purissima al 95%, trasportata fino al rientro all’aeroporto di Bologna, via Madrid dove il giovane era rimasto alcuni giorni per non destare sospetti. In Emilia Romagna aveva trovato il suo reclutatore ad attenderlo: era stato poi accompagnato in un appartamento dove era stata recuperata la droga: 7mila euro il suo compenso, duemila dei quali erano destinati, secondo i carabinieri, all’uomo che lo aveva assoldato. Poco dopo il secondo “viaggio”. Dopo un soggiorno in Perù, il ragazzo, venuto in contatto con il cartello locale, era stato selezionato per l’impresa: un trasporto di un chilo di cocaina purissima in ovuli fino a Ferrara. Addestrato ad ingerire gli ovuli con una sorta di rito preparatorio, esercitato a ingurgitare acini di uva iraniana, in tutto molto simili a quelli in cui veniva compattata la cocaina, ha eseguito il suo compito a dovere, secondo i carabinieri. Arrivato nella città emiliana, e approfittando del fatto di essere rimasto da solo, aveva abusato della cocaina. Preda di uno stato allucinatorio in cui sognava di vedere uomini vestiti di nero, come gli appartenenti ai gruppi speciali della polizia americana rappresentati nei film, che lo spiavano dalle finestre o dall’interno degli armadi, ha chiamato i suoi genitori, chiedendo di venirlo a prendere. E’ stato da quel momento che, lentamente, è emerso il quadro in cui si sono mossi gli investigatori. Il giovane corriere è finito in manette, dopo una perquisizione a casa dove i militari del nucleo operativo hanno rinvenuto 51 ovuli per 243 grammi di cocaina. Il destinatario della droga del primo carico, Leonard Ndoj, 37enne albanese, clandestino e di Bologna, è finito in manette.
VIDEO – La maxi operazione dei carabinieri
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Le indagini. Da qui è scattata la vera e propria inchiesta che ha aperto una breccia sul traffico internazionale della cocaina. Attraverso i visti, i carabinieri hanno ricostruito gli spostamenti del “corriere” e i contatti avuti nei suoi due viaggi in Sud America. I militari hanno scavato anche tra i contatti telefonici del giovani, ricostruendo a poco a poco la rete e le interconnessioni tra “cartelli” della droga. Una indagine che ha coinvolto la Toscana, l’Emilia Romagna e il Piemonte, culminata con 20 arresti complessivi.
Il traffico internazionale. Le tecniche utilizzate dall’organizzazione per far passare le frontiere alla droga erano le più svariate, secondo i carabinieri. Oltre all’ingestione degli ovuli, la gang era in grado di trasformare lo stupefacente in materiale cremoso così da farlo scambiare per confezioni di anticellulite. In alcuni casi, hanno accertato le indagini dei carabinieri, la droga arrivava diluita in liquori tipici sud americani, con la complicità di alcuni soggetti di stanza nella Repubblica di Santo Domingo. La droga veniva anche trasportata in polvere, in sacchetti sottovuoto di cui venivano riempite le imbottiture di alcuni accessori di abbigliamento, dalle borse, fino alle scarpe tipiche del Perù. Oppure veniva nascosta in forma solida in scampoli di stoffa utilizzati come riempimento dei cuscini per l’imbottitura di valige o trolley, realizzate di sana piana con lo scopo di diventare i contenitori per il trasporto dello stupefacenti. In altri casi ancora era nascosta nelle carrozzerie delle auto, dietro le “minigonne” delle auto, come hanno dimostrato gli arresti che a Moncalieri hanno smantellato il cartello locale dei peruviani e dato un duro colpo ad alcuni componenti vicini alla ’ndrangheta calabrese. I pagamenti venivano fatti tutti attraverso il Money transfert, in modo da aggirare così controlli e destare i minori sospetti possibili.
Gli arresti. Uno dei primi arresti in flagranza risale al 29 settembre del 2011. E’ stato effettuato a Carpi in provincia di Modena. In manette è finito Alain Galantini, 45enne: è stato trovato in possesso di 70 grammi di cocaina. E’ stato da questo momento che l’attenzione degli inquirenti si è concentrata sul gruppo emiliano: spacciatori che erano i destinatari, secondo gli inquirenti, del traffico della droga dal Sud America. Tra il 18 e il 19 ottobre di quell’anno tra Bologna e Ferrara sono stati, infatti, arrestati Lorenzo Guio, 38enne, e Hasan Balukja e Julian Baholli, albanesi di 47 e 39 anni. A loro sono stati sequestrati due chili e 600 grammi di cocaina,due chili e cinquecento grammi di eroina e 400 grammi di marijuana, oltre che alla somma di 3.200 euro. Droga e contati sono stati trovati all’interno di un appartamento dell’hinterland di Bologna. E’ stato individuato grazie ad una ricevuta di pagamento intestata ad una donna, effettuato lo stesso giorno dell’arresto, rinvenuta all’interno del portafoglio di Hassan, durante la perquisizione. Secondo gli inquirenti, a capo dell’organizzazione locale c’era Lorenzo Guio, mentre gli altri erano i suoi “collaboratori”. Dall’Emilia Romagna, poi, si erano concentrate sul filone “peruviano”. Un cartello che, secondo gli investigatori, faceva arrivare lo stupefacente dall’America del Sud e poi lo gestiva, nello spaccio al dettaglio, attraverso una famiglia che dal Perù si era installata a Torino, utilizzando la copertura di una attività di panettieri.
Tra il 19 e il 20 ottobre del 2011, in collaborazione con il reparto operativo e il nucleo investigativo di Torino, i carabinieri di Lucca hanno arrestato Nelso Pichardo, 49enne dominicano, e Domenico Polimeni, 57enne residente in Emilia Romagna ma di origine calabrese, insieme a Carmelo Ielo, personaggio ritenuto di spicco dai carabinieri nel panorama dello spaccio internazionale, di 54 anni di Staiti; Domenico Trimboli, 24 anni, e Leo Morabito, 26 anni, tutti di origini calabrese e, secondo l’accusa, affiliati alla locale criminalità organizzata. I militari, che erano sulle loro tracce ed erano venuti a conoscenza di un incontro per l’acquisto di un enorme quantitativo di droga, li hanno intercettati a Torino e li hanno fermati a bordo di una Peugeot 207. In un primo momento, però, nessuna traccia della droga. E’ stato però il fatto che uno di loro, Leo Morabito, aveva le mani sporche di grasso e, in tasca, una strana chiave a far insospettire gli investigatori. In più il cane antidroga aveva fiutato qualcosa nei portelloni posteriori dell’auto. I militari così hanno setacciato a dovere l’auto e si sono accorti di qualche elemento sospetto nella parte della carrozzeria che copriva un pneumatico. Così hanno smontato e hanno trovato ben 12 chili di cocaina in panetti nascosta in un vano realizzato sotto le “minigonne” dell’auto. Insieme c’erano anche 200mila euro in contanti. Soldi che, secondo i carabinieri, sarebbero serviti al prossimo acquisto di stupefacenti. E’ da loro che gli investigatori sono arrivati alla famiglia di peruviani che gestiva lo smercio. Il primo febbraio del 2012 sono stati così arrestati a Torino Renee Fidel Vera Flores e Josè Hipolito Ramirez Diaz, entrambi peruviani 36enni. A loro sono stati sequestrati complessivamente 7 grammi di cocaina. Nella cucina di Renee Fidel Vera Flores i carabinieri hanno trovato un piccolo laboratorio per estrarre lo stupefacente. La droga era stata introdotta in Italia in due cuscini di stoffa imbevuti dello stupefacente e poi rivestiti con caffè e liquirizia per nasconderne l’odore ai cani antidroga: lo stupefacente era nascosta all’interno di due valigie, che erano state trasportate, secondo l’accusa, dalla madre di Vera Flores, Ana Flores Luiz, 53 anni. La donna, arrivata all’aeroporto di Torino aveva denunciato lo smarrimento delle due valigie ed è stata arrestata due giorni dopo quando, spinta anche dal figlio che nel frattempo era finito in manette, si è ripresentata in aeroporto per ritirare i bagagli rintracciati dal servizio. A lei sono stati sequestrati sette chili e mezzo di cocaina, nascosti in due cuscini di stoffa nelle valigie e trasportati sulla linea aerea Lima Torino, via Parigi. Il suo arresto è scattato dopo l’analisi della documentazione trovata in casa del figlio e alcuni appunti in cui i carabinieri hanno trovato il numero del volo Parigi Torino e il numero del bagaglio associato al viaggio. Gli altri arresti sono stati effettuati all’estero: il primo è del 7 novembre del 2011 ed è stato eseguito ad Anversa in Belgio. La polizia locale ha eseguito un sequestro di due chili di cocaina, nascosta all’interno di tubetti di crema anticellulite, con l’arresto di tre persone. A Madrid, il 23 gennaio 2012 è finita in manette Blanca Paola Villanueva Mendo, peruviana di 37 anni, residente a Torino: nel suo bagaglio trasportava 13 grammi di cocaina. Nell’ottobre del 2013, a conclusione delle indagini dei carabinieri di Lucca, i militari, in collaborazione con le Compagnie di Borgo Panigale e Sassuolo hanno eseguito tre delle quattro ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del tribunale di Bologna nei confronti di Ranko Claudio Pawan, 38 anni di Bologna; Leonard Ndjoi, 37enne albanese e Faik Sulkja, 34enne albanese, residente nel modenese e, secondo i carabinieri, colui che ha aiutato il giovane corriere lucchese a lasciare il territorio nazionale al momento dell’evasione dalla comunità di recupero. Ancora ricercata la mente di tutto il gruppo.
Roberto Salotti
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