Smaltiva rifiuti in un’area tutelata: impresario denunciato

Illecito smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi mediante interramento, scarico di acque reflue industriali senza autorizzazione e realizzazione illecita di opere in area tutelata per legge. Sono questi i reati di cui dovrà rispondere il legale rappresentante di una ditta che ha sede al Piaggione, finito nuovamente nei guai, dopo gli accertamenti nella stessa area di un anno fa. L’uomo, infatti, era già stato segnalato dalla polizia provinciale alla Procura di Lucca, a seguito di indagini, svolte a partire dal febbraio 2013, per la realizzazione di ampi e profondi scavi, poi riempiti con detriti di varia natura.
Dopo aver ricevuto alcune segnalazioni, gli investigatori della polizia provinciale effettuarono un sopralluogo che evidenziò come l’attività segnalata effettivamente si stesse svolgendo. Nell’occasione venne anche posta sotto sequestro un’area di 6mila metri quadri, adiacente al letto del fiume Serchio, di proprietà anche di persone che non avevano niente a che fare con la ditta in questione.
A distanza di poco più di un anno, la Polizia provinciale ha appurato che l’attività continuava, ma stavolta ad essere trasformati in area ‘di stoccaggio’ erano degli ampi piazzali dove erano già stati effettuati tre vistosi scavi: profondi 4-5 metri e pronti per essere riempiti con i fanghi prodotti dall’azienda.
Anche in questo caso, le escavazione sono state effettuate in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, senza alcun titolo abilitativo e non solo per estrarre materiale lapideo da trattare nell’impianto di frantumazione della ditta e ricavare, poi, inerti di varia tipologia da immettere sul mercato, ma anche per smaltire in modo sicuramente più veloce, ma illecito, i fanghi prodotti dall’azienda.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori della Polizia provinciale, infatti, questi fanghi venivano gettati nelle voragini al fine di colmarle: affinché non venisse effettuata alcuna azione di bonifica che avrebbe fatto scomparire le evidenze di reato, la Polizia provinciale ha posto sotto sequestro l’intera area e ha inserito nella misura cautelare anche le attrezzature e i macchinari impiegati dalla ditta, il materiale che si trovava sui piazzali e l’impianto di frantumazione, valutando che dal suo funzionamento partiva uno scarico di acque reflue sul suolo.
A questo punto, l’amministratore, oltre che per i fatti già riscontrati nel 2013, dovrà rispondere all’autorità giudiziaria dei reati che sono stati verificati in questa occasione.