Accesso atti negato all’azienda, Tar condanna prefettura

25 dicembre 2014 | 11:17
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Accesso atti negato all’azienda, Tar condanna prefettura

Nega all’impresa l’accesso agli atti, prefettura di Lucca condannata dal Tar della Toscana. E’ questo, in estrema sintesi, il significato della sentenza del Tar della Toscana, sezione seconda (giudici Romano, Di Santo e Testori, estensore della sentenza) che ha dato ragione al ricorso della Manutenzioni Srl. I fatti risalgono al luglio scorso quando la società si era vista negare l’accesso agli atti della certificazione antimafia interdittiva che aveva impedito alla stessa di proseguire nel subappalto della Euroservice impianti per la costruzione di piccolo metanodotti nella zona della costa per conto della Snam Rete Gas. Dopo aver ricevuto la comunicazione della prefettura di Lucca, competente per territorio, l’azienda ha inutilmente richiesto l’accesso agli atti che hanno portato alla certificazione ostativa. Dopo essersi vista respinta l’istanza l’azienda ha così fatto ricorso al Tar che, con la sentenza depositata martedì scorso (23 dicembre) ha accolto le tesi della Manutenzioni Srl. Il diniego della Prefettura, si legge nella sentenza, sarebbe arrivato “senza che sia stata operata alcuna puntuale valutazione, in concreto, circa l’effettiva sussistenza di ragioni a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, ovvero dell’attività di prevenzione e repressione della criminalità idonee a giustificare la sottrazione all’accesso delle notizie contenute nell’informativa antimafia interdittiva di cui al decreto n. 7/2014 e negli atti istruttori su cui tale provvedimento si fonda”.

“Va riconosciuto il diritto della Srl Manutenzioni Toscana – si legge dunque nel dispositivo – di ottenere copia dell’informativa antimafia interdittiva di cui al decreto prefettizio 7/2014 e degli atti istruttori che ne costituiscono il presupposto, fermo restando il potere dell’amministrazione di escludere dall’accesso specifiche notizie e/o documenti – per motivate ragioni di tutela del segreto investigativo, delle attività di indagine in corso o dell’ordine e della sicurezza pubblica – anche mediante l’adozione delle opportune cautele (tecniche di mascheramento, omissis o altro)”. L’ottenimento di tali elementi permetterà poi all’azienda ricorrente eventuali ricorsi per l’annullamento dell’interdizione.
La prefettura, comunque, è stata condannata al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese processuali nella misura di 2000 euro oltre agli accessori di legge.

Enrico Pace