Delitto Sodini, la psicologa: “Violenza covata da tempo”

7 aprile 2015 | 16:35
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Delitto Sodini, la psicologa: “Violenza covata da tempo”

Tredici colpi di pistola hanno cambiato per sempre il volto di un martedì mattina a Lucca. Il lavoro dopo il fine settimana di Pasqua, il rientro alla routine, la sveglia che suona, un caffè veloce, le chiavi della macchina e la porta che si chiude alle spalle. Una mattina come altre, una settimana come molte. Eppure per due famiglie niente sarà più come prima: tre ragazzi senza un padre e due donne ormai sole a cui resta solo recuperare i pezzi di ciò che rimane e andare avanti. Una lucida follia quella che ha armato la mente di Massimo Donatini, che ha atteso Francesco Sodini sotto casa per poi scaricargli addosso l’intero caricatore della sua Glock 9×21 (Leggi)? E i motivi? Non c’è n’è mai solo uno, ma forse basta l’ultimo: la paura di perdere il lavoro, come lui stesso avrebbe confessato ai carabinieri. Spetterà alle indagine chiarire tutti i contorni della tragedia ma la psicologa e psicoterapeuta Annamaria Bocciolini avanza alcune ipotesi.

“Potrebbe trattarsi di un profilo ossessivo di tipo paranoide – sottolinea l’esperta che propone una lettura a caldo dei fatti – oppure di una persona che in passato ha sperimentato il ruolo di vittima di bullismo, anche se solitamente in questi soggetti manca la forza di reazione”. Una personalità di tipo paranoide dunque, forse, sicuramente un gesto covato nell’ombra da molto tempo, ma che ha legato indissolubilmente il destino di due famiglie: “Il comportamento messo in atto da Donatini – prosegue Bocciolini – non fa pensare a una vendetta, piuttosto è come se avesse messo fine a una persecuzione, o a qualcosa che lui avvertiva come tale. Non è un omicidio d’impeto: il paranoico non molla, è perseguitato da un’ossessione da cui non riesce a uscire. Sarebbe interessante capire che tipo di relazioni lo hanno circondato, focalizzando gli ultimi tre giorni: era un solitario? Probabilmente nessuno si è occupato di lui. Cosa ha fatto in questi giorni? Quanto tempo ha avuto e perché chi è stato attorno a lui non si è accorto di nulla? Non è un inquadramento diagnostico il mio – precisa – ciò che posso dire è che è stato un comportamento autodistruttivo per cui le conseguenze importanno fino a un certo punto, l’importante evidentemente era mettere fine a una persecuzione”.

Tiziana Alma Scalisi