
Una truffa su scala mondiale partita da Pisa e compiuta da almeno quattro associazioni a delinquere che ha fruttato, secondo i calcoli accertati dalla Guardia di finanza, almeno 32 milioni di euro. Sei le custodie cautelari in carcere, delle quali cinque eseguite e di cui una nel compitese, a carico dei responsabili delle organizzazioni criminali che ora sono accusati di truffa e abusivismo finanziario per avere svolto attività finanziarie senza averne l’abilitazione. Altre sedici persone sono state denunciate.
Nel mirino delle fiamme gialle anche alcuni funzionari di banche estere compiacenti al termine di un’attività d’indagine diretta dal pm, Giancarlo Dominijanni, che per due anni è mezzo ha spulciato centinaia di transazioni finanziarie in diversi Paesi stranieri con le quali gli arrestati truffavano i loro clienti spari in tutto il mondo, accumulando cospicue ricchezze fingendo di ‘affittare’ bond o titoli obbligazionari in realtà contraffatti. In manette sono finiti Walter Tommasi di Castelvecchio di Compito, M.A. di Orentano, Giovanni Margotti, della provincia di Bologna, L.R. di Ascoli Piceno, e Paolo Bastianello, commercialista che opera a Londra. E’ tuttora latitante invece Roberto Sabatini di Follonica. I finanzieri hanno anche sequestrato 33 immobili, 10 terreni, 9 autovetture, 24 società, conti correnti, denaro contante e titoli per complessivi 200 mila euro, oltre a gioielli, orologi di pregio e diamanti.
Secondo gli investigatori il gruppo era attivo in tutto il mondo grazie alla presenza capillare di brokers affiliati che avevano lo scopo di reperire i clienti. La perdurante crisi economico-finanziaria, nonché la difficoltà per le banche di erogare finanziamenti, induceva gli ignari imprenditori a richiedere titoli finanziari (obbligazioni o bond) all’organizzazione così da poterli presentare come garanzie alle banche stesse ed ottenere quindi liquidità. La gang, poi, secondo l’accusa, prometteva di prestare o vendere i titoli (esistenti ma non nella loro disponibilità) dall’ingente valore facciale, attraverso delle numerose società estere riconducibili agli indagati. Questi ultimi, sprovvisti di qualsiasi abilitazione all’attività finanziaria, predisponevano dei contratti da far firmare al cliente e, utilizzando documentazione contraffatta, chiedevano, per l’accusa, il pagamento di una caparra al fine di prenotare i titoli i quali non venivano, poi, mai consegnati. I successivi sviluppi investigativi, grazie alla collaborazione con l’unità europea di cooperazione giudiziaria denominata Eurojust, insieme alle autorità degli Usa (federal bureau of investigation di Los Angeles e la security exchange commission dell’Alabama), del Regno Unito (serious fraud office di Londra), della Svizzera e del Lussemburgo, sono stati finalizzati ad individuare l’ingente illecito patrimonio accumulato dal gruppo, nel corso di più di dieci anni, e calcolato essere di circa 32.000.000 di euro, soldi transitati su decine di conti correnti esteri e società dislocati nei cosiddetti paradisi fiscali. Grazie all’Fbi è stata accertata l’esistenza di altre due associazioni criminali, una americana e l’altra europea, che collaborava con le menti italiane dell’organizzazione.