
Nella sua lunga carriera è stato anche, per pochi mesi, assessore alla sicurezza nella seconda giunta Fazzi nel 2002. Si è spento ieri (26 gennaio) a Lucca, il generale Cesare Pucci. Era nato a Ponte a Moriano 81 anni fa.
Formatosi all’accademia militare di Modena, che ha anche guidato per due anni, nel 1992 è stato chiamato a dirigere i servizi segreti militari (Sismi) per un biennio. Addetto militare dell’ambasciata italiana a Washington per tre anni dal 1980 è stato anche capo del servizio delle informazioni operativo dell’esercito e comandante delle forze terrestri alleate del Sud Europa. E’ stato insignito delle onorificenze di Grande Ufficiale al Merito della Repubblica e di Cavaliere di Gran Croce oltre che della croce d’Argento al merito dell’Esercito.
I funerali si terranno domani (28 gennaio) alle 11 nella chiesa di San Frediano, poi il feretro sarà trasportato al cimitero urbano di Sant’Anna. Lascia la moglie Piera, il figlio Angelo, la nuora Barbara e i nipoti Lorenzo e Beatrice.
Il ricordo del sindaco Pietro Fazzi
Così lo ricorda il sindaco Pietro Fazzi: “La scomparsa del generale Cesare Pucci – dice – mi coglie impreparato. Cesare Pucci è stato un uomo dalle qualità rare. Uomo schivo e senza fronzoli, ha ricoperto con serenità e fermezza ruoli di rilievo nazionale e internazionale che farebbero tremare chiunque. In lui la prestigiosa carriera militare è stata l’espressione di un modo esigente del servizio desele e leale di servire lo stato e le istituzioni, incluse quelle della sua Lucca, quando accettò da me, che allora ero sindaco, prima il ruolo di consulente, per il quale senza clamori rifiutò ogni compenso, e poi quello di assessore alla polizia municipale e alla sicurezza. In questa ultima veste, non mancó di mostrare le sue doti di umanità, stringendo un sincero legame umano con i il corpo della Polizia Municipale e con molti vigili urbani, che credo, nel suo animo considerava amichevolmente “colleghi”. Non si dimenticava, in particolare, dei piú deboli e, anche quando si dovette far sentire piú forte la sua voce nel corso di interventi delicatissimi presso il campo nomadi, rivendicò sempre con asoluta fermezza la sua scelta di rispettare fono in fondo la dignità e la duversità degli appartenenti a quegli insediamenti. Con la sua scomparsa oltre che esprimere la mia vicinanza alla vedova e a tutti i suoi cari, mi auguro che la nostra città sappia raccogliere l’eredità morale di un suo grande figlio”.