
Nessuno dei caminetti tradizionali raggiunge il rendimento adeguato in termini di emissioni nell’atmosfera, come richiesto negli standard contenuti nell’ordinanza adottata dai Comuni di Capannori, Porcari, Lucca, Montecarlo, Altopascio dal febbraio scorso al 13 febbraio prossimo e che impone il divieto di accensione di questo tipo di impianti nel caso in cui non siano l’unica fonte i riscaldamento in casa. Lo sostiene Arpat che fornisce una sorta di vademecum per i cittadini, per contribuire a far rispettare i divieti. “Il divieto di utilizzo di legna da ardere per il riscaldamento domestico degli edifici – i spiega – riguarda i camini aperti o chiusi o qualunque altro tipo di apparecchio che non garantisca un rendimento energetico adeguato (≥63%) e basse emissioni di monossido di carbonio (≤0,5% = 5.000 ppm), ad esclusione delle stufe a pellet”.
“Altre amministrazioni – aggiunge Arpat – hanno invece inserito la limitazione della combustione di biomasse come pratica di riscaldamento tra le indicazioni da dare alla cittadinanza come comportamento virtuoso. Per aiutare i cittadini ad interpretare e quindi rispettare alcune di queste ordinanze forse è utile specificare che per camino aperto si intende la tipologia di caminetto più tradizionale, con la bocca del focolare ampia e aperta, senza un sistema di chiusura ermetica, il camino chiuso prevede invece uno sportello di chiusura (in vetro ceramico)”. E anche quest’ultima tipologia è soggetta ai divieti delle ordinanze.
“Per quanto riguarda il rendimento energetico – specifica Arpat -, gli apparecchi con rendimento dichiarato hanno un libretto di impianto dove, tra le varie cose, è riportato anche il valore dello stesso. Si consiglia comunque di rivolgersi al costruttore e/o rivenditore dell’apparecchio per conoscere tale dettaglio. Nessuno dei camini tradizionali aperti raggiunge il rendimento adeguato così come previsto dall’ordinanza sopra richiamata. Le ordinanze richiamate attribuiscono alla Polizia municipale il compito di verificare che quanto disposto sia rispettato, prevedendo anche una sanzione pecuniaria che va da 25 a 500 euro nonché, in diversi casi, la previsione da parte del soggetto accertatore della violazione di inoltrare una comunicazione di notizia di reato alla procura della Repubblica per non avere rispettato l’ordinanza del sindaco”.