Detenuto trovato morto in cella al S.Giorgio

24 febbraio 2016 | 21:00
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Detenuto trovato morto in cella al S.Giorgio

di Roberto Salotti
Un ‘giallo’ che sarà sciolto definitivamente dall’autopsia. Un’altra morte all’interno delle mura del carcere San Giorgio di Lucca, dove il cadavere di un giovane detenuto è stato trovato riverso nello spazio angusto della sua cella. Sul caso farà luce la magistratura, visto che il pubblico ministero di turno ha disposto un esame necroscopico sulla salma per fugare ogni dubbio. Ma sullo sfondo resta un’emergenza “silente” che torna però alla luce ciclicamente: “Un carcere affollato di fronte ad una continua carenza di polizia penitenziaria”, denuncia il segretario nazionale del sindacato Sappe, Donato Capece nel confermare la notizia della morte, oggi pomeriggio (24 febbraio), di un detenuto di 37 anni nella casa circondariale della città.

Al momento si sospetta il suicidio perché quando gli agenti hanno trovato l’uomo, originario di Acerra ma residente a Massa, hanno avvertito un forte odore di gas nella cella, sprigionato dalla bomboletta del gas in uso ai detenuti. Le circostanze tuttavia non permettono di escludere nemmeno che il detenuto possa essere stato ucciso da un malore fulminante, le cui cause saranno determinate eventualmente dai successivi accertamenti.
Il dramma si è consumato attorno alle 16: a nulla è valso l’allarme dato dagli agenti che hanno scoperto l’uomo, in cella per scontare una pena per furto ed evasione, riverso a terra e già privo di conoscenza. Purtroppo era già morto.
Al momento è necessaria la massima cautela e le cause della morte dovranno essere determinate dai riscontri autoptici per chiarire se si sia trattato di una fatalità inevitabile o se il detenuto abbia scelto di morire, uccidendosi con il gas. Ad ogni modo, secondo Donato Capece del Sappe, questo “è il prezzo che si rischia di pagare a causa della carenza del personale di polizia penitenziaria sottoposto a continui tagli. Gli agenti presenti – sottolinea – si danno da fare al massimo, ma questo non è sufficiente. Mancano i numeri per garantire una sorveglianza adeguata”.
“Certo – aggiunge Capece -, la morte del detenuto di Lucca riporta drammaticamente d’attualità la grave situazione penitenziaria. E il fatto che sia morto inalando il gas dalla bomboletta che tutti i reclusi legittimamente detengono per cucinarsi e riscaldarsi cibi e bevande, come prevede il regolamento penitenziario, deve fare seriamente riflettere sulle modalità di utilizzo e di possesso di questi oggetti nelle celle. Ogni detenuto può disporre di queste bombolette di gas, che però spesso servono o come oggetto atto ad offendere contro i poliziotti, come ‘sballo’ inalandone il gas o come veicolo suicidario. Già da tempo, come primo sindacato della polizia penitenziaria, il Sappe ha sollecitato i vertici del Dap per rivedere il regolamento penitenziario, al fine di organizzare diversamente l’uso e il possesso delle bombolette di gas”.
Proprio nelle ultime ore il Sappe aveva chiesto l’intervento del ministro della Giustizia Andrea Orlando per affrontare la questione penitenziaria, che per il Sappe rimane un’emergenza: “Contiamo ogni giorno gravi eventi critici nelle carceri italiane – dice Capece -, episodi che vengono incomprensibilmente sottovalutati dall’amministrazione penitenziaria. Ogni 10 giorni un detenuto si uccide in cella: aggressioni risse, rivolte e incendi sono all’ordine del giorno e i dati sulle presenze in carcere ci dicono che al 31 gennaio scorso erano fisicamente in uno dei 195 penitenziari italiani ben 52.475 detenuti, 3mila in più alla capienza regolamentare fissata proprio dal DAP. Come si può dunque sostenere che è terminata l’emergenza nelle carceri italiane?”.
“Da quando sono stati introdotti nelle carceri vigilanza dinamica e regime penitenziario aperto”, aggiunge il leader del Sappe, “sono decuplicati eventi gli eventi critici in carcere. Se è vero che il 95% dei detenuti sta fuori dalle celle tra le 8 e le 10 ore al giorno, è altrettanto vero che non tutti sono impegnati in attività lavorative e che anzi trascorrono il giorno a non far nulla. Ed è grave che sia aumentano il numero degli eventi critici nelle carceri da quando sono stati introdotti vigilanza dinamica e regime penitenziario aperto. Solamente in questi ultimi dieci giorni si sono infatti contati diversi suicidi a Verona, Porto Azzurro Bologna, l’incendio di una cella ad Ancona, ed evasioni, risse e da ultimo la morte del detenuto a Lucca. E nonostante la Polizia Penitenziaria sia carente di 8mila Agenti in organico la legge di stabilità ha bocciato un emendamento che avrebbe permesso l’assunzione di almeno 800 nuovi Agenti, a partire dall’assunzione degli idonei non vincitori dei precedenti concorsi, già pronti a frequentare i corsi di formazione. E la vigilanza dinamica ed il regime penitenziario aperto non favoriscono affatto la rieducazione die detenuti ma il concretizzarsi di gravi eventi critici. Il Guardasigilli sospenda ogni provvedimento in tal senso e convochi i Sindacati per affrontare la questione penitenziaria, che è e rimane una emergenza”.
L’ultimo suicidio nel carcere di Lucca risale al 22 ottobre del 2014. A decidere di farla finita, impiccandosi in cella, era stato un detenuto di soli 25 anni, di origini sinti (Leggi). Era ricercato in tutta Italia perché doveva scontare una pena residua di tre anni e tre mesi di detenzione, dopo una condanna emessa dal tribunale di Bolzano e che era stata sostituita dall’affidamento in prova. Il giovane, però, conosciuto alle forze dell’ordine per reati che andavano dalla rapina, alle lesioni personali e al sequestro di persona, era sparito nel nulla. Su di lui pendeva quindi un ordine di cattura, che era stato eseguito il giorno prima del suicidio al termine di un concitato episodio al mercato di Viareggio. Gli agenti lo avevano notato in compagnia di una donna: subito dopo il giovane aveva iniziato a correre tra i banchi per far perdere le sue tracce.