
Un sistema gelatinoso di scatole cinesi fra società fiduciarie e imprese ‘anonime’ che serviva, per l’accusa, per riciclare denaro sporco proveniente dalla Lucchesia e da altre zone della Toscana nei paradisi fiscali della Svizzera, ma anche negli Emirati Arabi. Una truffa internazionale che è stata smascherata dagli uomini della guarda di finanza di Lucca che hanno ipotizzato un giro di circa tre milioni di euro e hanno iscritto nel registro degli indagati 6 persone, residenti in Italia e in Svizzera, considerati a capo della gang con sede a Lugano. A tutti loro gli investigatori contestano anche, a vario titolo, l’associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio aggravata dalla transnazionalità del reato.
In Svizzera ma anche negli Emirati Arabi venivano fatto arrivare il denaro frutto di attività illecite, come la truffa, la contraffazione, l’evasione fiscale o altri reati finanziari. Attraverso società schermo e anonime i soldi venivano per così dire “ripuliti” e venivano nuovamente inseriti nei circuiti nazionali, in forma di investimenti o di pagamenti di fatture false emesse nei confronti di imprese estere fantasma e a rimborso di linee di credito fasulle, fatte risultare attraverso le società finanziarie gestite dallo studio di Lugano.
Le indagini tecniche effettuate, i controlli valutari e la documentazione contabile acquisita hanno permesso di ricostruire, nei dettagli, le modalità operative dell’organizzazione che offriva a clienti italiani, taluni dei quali presenti in Toscana, la possibilità di trasferire in Svizzera, negli Emirati Arabi e in altri paradisi fiscali, dietro l’apparente schermo di imprese anonime operanti nel territorio elvetico o nel sud-est della penisola araba, cospicue somme di denaro.
Non sono state rare, inoltre, le consegne in contante degli interessi maturati sugli investimenti esteri a favore dei clienti che avevano affidato i loro denari alla organizzazione, la quale, sull’intermediazione prestata, tratteneva un compenso oscillante tra il 2 ed il 4% dell’importo trasferito che ammonta, secondo gli investigatori, a circa 3 milioni di euro.