
Riassetto complessivo del commercio conferendo maggior organicità e coordinamento alle norme che regolano il settore; inserimento e disciplina di fenomeni finora non normati; maggior semplificazione amministrativa; disciplina delle manifestazioni fieristico-espositive (che erano oggetto di altra legge regionale, la 18 del 2005). Sono i punti principali contenuti nel documento preliminare alla proposta di legge sul nuovo codice del commercio approvato nell’ultima seduta di giunta. Il nuovo codice va a sostituire la legge regionale 28 del 2005 già oggetto di varie modifiche e di pronunce di incostituzionalità. Il documento, licenziato dalla giunta, adesso verrà esaminato dal consiglio regionale. L’intenzione è di approvare il nuovo codice entro la fine del 2016.
“Nel testo che abbiamo predisposto – afferma l’assessore regionale alle attività produttive e al commercio Stefano Ciuoffo – vogliamo riunire tutte le norme ora esistenti puntando soprattutto su chiarezza e semplificazione. Saranno rimodulati alcuni punti controversi o poco chiari, normati fenomeni nuovi come gli home restaurant, o altri aspetti legati al commercio che fino ad adesso lo erano soltanto in parte. Uno dei punti chiave è la valorizzazione del piccolo commercio: negozi e botteghe con la loro attività producono ricchezza ma sopratutto rivitalizzano le nostre città e sono parte della storia ed identità della Toscana. Dedichiamo loro un’attenzione particolare prevedendo procedure più chiare e e semplificate. Questo – conclude Ciuoffo – rappresenta ovviamente un primo passo di un percorso che intendiamo proseguire di concerto con tutte le categorie”.
Il documento, in materia di commercio in sede fissa, prevede una disciplina dei temporary store (esercizi di vicinato dove si svolge attività di vendita, anche a fini promozionali, con durata temporanea e comunque non superiore a 60 giorni consecutivi) precisando che l’esercizio anche da parte di aziende di produzione interessate alla vendita diretta e alla promozione del proprio marchio, in occasioni di fiere, feste, manifestazioni, mercati, convegni o comunque riunioni straordinarie di persone, può avvenire per il periodo coincidente con l’evento. Semplificato il procedimento di apertura, ampliamento e trasferimento di sede degli esercizi di vendita della stampa quotidiana e periodica sostituendo l’autorizzazione con la Scia.
Altra semplificazione, relativamente al commercio su aree pubbliche, per il procedimento di avvio dell’attività svolta su posteggio sottoponendola a Scia ed eliminando la duplicazione del procedimento di rilascio della concessione di suolo pubblico e di autorizzazione all’esercizio dell’attività. Ai soggetti non professionisti che solo saltuariamente vendono, barattano o espongono merci di modico valore, il cui prezzo unitario non deve superare il valore di 250 euro, nell’ambito dei mercatini cosiddetti “dei non professionisti” (dell’ingegno, scambisti, vintage, ecc.), viene richiesto solo il possesso dei requisiti di onorabilità (e quindi nessun titolo abilitativo, iscrizione al registro imprese, partita iva, rilascio dello scontrino fiscale, regolarità degli adempimenti fiscali, ecc.) a patto prendano parte ad un massimo di 10 eventi l’anno, ed un apposito tesserino di riconoscimento da esporre in modo ben visibile.
In materia di somministrazione di alimenti e bevande, quella temporanea nell’ambito di sagre, fiere e manifestazioni, viene legata alla loro durata ed ai locali o aree in cui si svolge. Per gli home restaurant (somministrazione di alimenti e bevande all’interno di civili abitazioni ed a favore di una clientela limitata), i locali devono avere i requisiti strutturali ed igienico-sanitari previsti per le case di civile abitazione, va presentata una Scia al Comune e devono sussistere i requisiti di onorabilità e professionalità.
Per le attività economiche che si svolgono su area pubblica (edicole, chioschi, fiorai e simili) pur non rientrando nell’ambito del commercio su aree pubbliche, vengono dettati criteri relativi alla durata delle concessioni, alla disciplina delle procedure di selezione ed alle disposizioni transitorie, oltre all’estensione a queste attività della disciplina in materia di regolarità contributiva (Durc).
In generale viene prevista una maggiore semplificazione: dei procedimenti di riduzione della superficie di vendita degli esercizi in sede fissa; della vendita e somministrazione mediante distributori automatici; dell’ampliamento e riduzione della superficie di somministrazione delle attività di somministrazione riservate a particolari soggetti (spacci, mense, alberghi, effettuate da amministrazioni a favore dei dipendenti, in scuole, ospedali , ecc.); della cessazione dell’attività; del subingresso, in caso di risoluzione di contratto di affitto di azienda con contestuale cessione dell’attività ad altro soggetto.
La soddisfazione di Confcommercio Toscana
Confcommercio accoglie con favore la decisione della Regione Toscana di rimettere mano al Codice del Commercio approvato nel 2005. “Da tempo chiedevamo non solo una revisione delle normative che regolano il commercio in Toscana, ma anche una integrazione rispetto a temi nuovi che mancavano del tutto di una disciplina, come gli home restaurant, i temporary store o i mercatini degli hobbisti, una disciplina sulle sagre – sottolinea il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni – adesso la Regione ha l’opportunità di creare uno strumento legislativo idoneo a restituire equilibrio e certezza nel settore, salvaguardando le regole della concorrenza leale e la sorte della rete distributiva di vicinato, che è la spina dorsale dei nostri centri urbani”.
A stare particolarmente a cuore all’associazione di categoria è l’ipotesi, al vaglio della Regione, di contestualizzare il rilascio della concessione edilizia al rilascio di quella amministrativa, nel caso dell’apertura di medie e grandi superfici commerciali. “Ad oggi – spiega Marinoni – la programmazione commerciale di fatto è demandata solo e soltanto alla parte urbanistica, con la legge 65/2014. In pratica, una volta autorizzata la costruzione di un nuovo edificio, l’approvazione della sua destinazione d’uso diventa quasi automatica, in barba a qualsiasi riflessione sull’opportunità o meno dell’arrivo di nuove strutture di vendita in una determinata area”.
“Non si tratta di fare un passo indietro rispetto alla liberalizzazione, ma di pianificare in maniera più razionale lo sviluppo commerciale di un’area, che poi influisce anche su aspetti sociali e urbanistici più complessi. A rischio non ci sono soltanto le imprese già esistenti e i posti di lavoro che esprimono, ma anche il futuro di tante città. La desertificazione progressiva che sperimentano tanti centri storici, dopo la perdita dei negozi di vicinato, ne è la prova”.
Se oggi tutte le decisioni in materia di insediamenti commerciali sono dunque demandate ai Comuni in parte con l’introduzione delle conferenze di copianificazione urbanistica, se il nuovo orientamento dovesse essere approvato nel nuovo Codice del Commercio, la Regione potrebbe reinserire l’obbligatorietà della conferenza dei servizi e ritrovare così un ruolo da “supervisore” e garante dell’equilibrio del sistema distributivo. “La sua presenza sarebbe opportuna anche per motivi statistici, per conoscere tutte le eventuali nuove aperture approvate sul territorio regionale – aggiunge Marinoni – e, soprattutto, nel caso di nuovi insediamenti di grandi strutture, garantirebbe la verifica sull’effettivo utilizzo da parte dei Comuni di almeno il 10 per cento degli oneri di urbanizzazione per la rivitalizzazione del commercio di vicinato, i centri commerciali naturali, le aree mercatali e i centri storici, così come previsto dalla legge 65/2014”.
Tra i punti più attesi dalla Confcommercio, il nuovo codice del commercio conterrà anche la disciplina delle sagre, che costringendo i Comuni a regolamenti più stringenti dovrebbe garantire maggiore omogeneità a livello regionale, e quella dei mercatini dei “non professionisti”, dove vengono messi in vendita da privati opere dell’ingegno, oggetti vintage e simili. “Un fenomeno che sta esplodendo e che, se non normato, rischia di nascondere l’elusione delle disposizioni in materia di commercio su aree pubbliche”, dice Marinoni.
Bene anche, per la Confcommercio, l’introduzione di regole per fenomeni che si sono affacciati solo di recente sul panorama del commercio: “sarà finalmente disciplinata l’attività di home restaurant, che va riportata nell’alveo d i una ristorazione comunque controllata e sicura per i consumatori. Poi saranno disciplinati i temporary store, gli esercizi di vicinato dove un’impresa può fare vendite per un tempo limitato: nei centri storici sono sempre più frequenti e conciliano la disponibilità più alta di fondi commerciali sfitti con l’esigenza delle imprese di ottimizzare i costi, magari scegliendo location di grande affluenza solo per brevi periodi”, precisa il direttore della Confcommercio Toscana.
I numeri del commercio in Toscana
Nel complesso, le imprese di commercio al dettaglio e all’ingrosso in Toscana sono 101.053 al primo trimestre 2016. Nel 2009 erano 102.627, devono quindi ancora recuperare le perdite causate dagli anni della crisi. Un’impresa su quattro (25,1% – 25.504 in valori assoluti) è a conduzione femminile. In aumento anche le imprese straniere, che sono il 15,3% (15.435 in valori assoluti). I giovani non arrivano al 10% (9,2% – 9.339 in valori assoluti), in calo rispetto al 2015.
Nello specifico, secondo l’ultimo rapporto elaborato da Unioncamere Toscana nel 2015, i negozi al dettaglio sono 57.398 (al terzo trimestre 2015) per un numero totale di quasi centomila addetti (98.867). In pratica, esistono 15,3 negozi ogni mille abitanti, a fronte della media nazionale di 14.3. Oltre due esercizi su tre operano nello specializzato non alimentare (69%), in particolare abbigliamento, mobili e articoli per la casa. Il resto opera nello specializzato alimentare (16%) e nel non specializzato (12% a prevalenza di alimentari, 3% di non alimentari).
Un quarto degli esercizi commerciali regionali si concentra nei comuni di Firenze (7.755 unità locali), Livorno (2.614), Prato (2.287) e Pisa (1.732). Ma è nei comuni di Abetone (62 unità locali per 1.000 abitanti), Forte dei Marmi (61), Isola del Giglio (57), Castiglion della Pescaia (43) e Marciana Marina (42) che si raggiungono i livelli di densità negozio/abitanti più elevati, a testimonianza del traino garantito al commercio dal turismo.